Bella di notte: intervista a una lucciola

Negli ultimi anni si è dibattuto molto sulla condizione delle prostitute e in questi giorni la questione è tornata in prima pagina.

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© Sandro Bini

Un gruppo trasversale di 70 deputati e senatori ha proposto una sorta di “manifesto” bipartisan per riformare la legge Merlin. La proposta prevede la riapertura delle case chiuse in localizzate “zone rosse”, la partita Iva e l’obbligo per i clienti di indossare il preservativo. Sarebbe il secondo grande cambiamento dagli anni Cinquanta quando sono stati aboliti i “bordelli di Stato” e così siamo andati a intervistare una “bella di notte”.
Da quanti anni fa il mestiere e come ha cominciato?
Sono cittadina extracomunitaria, ho iniziato lavorando in un night. Sono stata sposata due volte. Ho cominciato a prostituirmi dopo la seconda separazione. Ho avuto un periodo molto difficile, tormentato, ma oggi vivo bene, da sola. Spero di guadagnare tanti soldi per la vecchiaia, per quando il mio corpo non sarà più un’attrazione.
Dove lavora?
Da quasi cinque anni in una località di provincia, sulla strada. Faccio anche molti clienti al loro domicilio. Sono i migliori, quelli che pagano di più: dai 300 ai 500 euro per due o tre ore. Ogni tanto c’è qualche festino…
Non ha paura? Gira cocaina o altre droghe in questi “festini”?
Per precauzione memorizzo sul mio cellulare il numero del cliente. In genere sono uomini abbastanza facoltosi che diventano habitué, alcuni hanno problemi erotici, ma dico subito che non accetto volgarità basate sulla violenza, né eccitanti a base di droghe. Bevo solo acqua che mi procuro da sola, per evitare sorprese.
C’è qualche cliente particolare che le è rimasto impresso?
Chi fa il mio mestiere deve essere a prova di riservatezza. Comunque ci sono clienti giovani, spesso poco dotati, ma sono più numerosi i “nonnini”, ultrasessantenni che vogliono fare sesso perché la moglie non li soddisfa più. In genere con questi clienti bastano poche coccole per accelerare l’orgasmo. Certo, ogni tanto trovo gente depravata. Ti chiedono di fare la pipì, di metterti in una certa posa, il cosiddetto “vizietto”, ti propongono di più se si tralascia il “guanto”.
Come funziona il mercato a Firenze?
Ho letto molti articoli sulla questione, ma non è mai citato il discorso di chi stabilisce le zone e gli alloggi rifugio. È una spartizione rigida, contrattata. Ogni metro di strada di determinate zone viene assegnato pagando una tariffa in base alle caratteristiche somatiche della lavorante. Da sempre ci sono le bande che si spartiscono il territorio, ma è un gruppo italiano che comanda e si affida alle varie organizzazioni straniere. L’italiano è l’unico che può garantire una base logistica e seguire la gestione dei soldi. Gli affitti sono cari e si cambia casa ogni 28 giorni circa. Spesso vengono scoperti gli alloggi-alcova, ma non si legge mai il nome di un proprietario o di un’agenzia. Riservatezza totale.
Secondo lei, quanti sono gli alloggi disponibili in provincia?
Non tengo la contabilità, non mi interessa. Tuttavia nel mio giro le voci corrono e si parla di una settantina di alloggi o forse più. La metà di questi sono fissi, gli altri sono saltuari. Un lavoro di ricerca affidato a persone introdotte e poi gestito soprattutto da trans o gay. Loro, per me, sono stati finora i più affidabili.
Come si può eliminare la prostituzione dalle strade? Cosa ne pensa della nuova proposta di legge?
Ho girato diverse nazioni. Solo con le case chiuse e leggi rigorose, che vengono fatte rispettare, si può vincere non una guerra, ma una ragione di civiltà. Credo, però, che ci siano tanti interessi nel lasciare le cose come stanno. In Italia sulla prostituzione in strada ci vivono più persone di quanto si pensi. Ci sono le poverette che dormono negli alberghi, i loro protettori, le spese legali, gli studi medici e di laboratorio d’analisi, i taxi. Tutto un giro che conta migliaia di ragazze e trans.
È un lavoro molto pericoloso e spesso siete vittime di abusi e violenze. Come vi difendete?
Il controllo ferreo del territorio da parte delle bande è il rimedio più efficace. Col cellulare non solo si avverte quando si sale sull’auto del cliente, ma c’è un vero e proprio lavoro di squadra, le amiche sono pronte a segnalare a chi è di guardia ogni minimo sospetto, a prendere nota della targa. Spesso più che di violenza fisica siamo vittime di scippi o rapine.
Perché ha scelto di rispondere alle nostre domande?
Me lo ha chiesto il legale al quale mi sono rivolta in momenti difficili. Ho testimoniato in processi contro organizzazioni pericolose di sfruttatori internazionali che adesso sono in carcere. Non dico dove, ma ho rischiato la vita. Se proprio devo uscire di giorno, indosso parrucca e occhiali da sole. Non ho protettori; mi proteggo da sola.
Leggi i retroscena dell’intervista
Jacopo Aiazzi