Fiorentina – Roma da Liedholm a Ranieri

fiorentina - roma anni '80

Fiorentina – Roma è l’occasione per un breve tuffo nel passato con l’esperienza di Liedholm, Eriksson e Ranieri seduti sulle panchine alle sponde di Arno e Tevere.

Seduti sulle stesse panchine, ad ammirare Roma e Firenze, da una prospettiva strana, che può essere esaltante, esilarante, ma racchiude insidie, pericoli e cadute.
È ciò che vede l’occhio dell’allenatore che rappresenta una città, che ha la licenza di realizzare i sogni di un tifoso: schierare la formazione e motivare la squadra.
Il ruolo del “mister” è sempre complicato, ma certe panchine scottano più di altre, in queste città passionali, carnali, dove la gente nutre un amore puro, viscerale per i propri colori, fatto di un calore rovente, ma che può tramutarsi in rabbia o in silenzi di ghiaccio, è come fare un giro sulle montagne russe.
Se c’è una cosa che accomuna Firenze e Roma, oltre alla meraviglia dell’arte che appare ovunque si vadano a posare gli sguardi, è una vera e propria mania per lo spettacolo del calcio e per gli attori che lo recitano. Una parabola che oscilla tra picchi di venerazione e strapiombi di sarcasmo spietato.
Non è facile indossare la maglia viola, rappresentare un popolo che ha l’orgoglio nell’emoglobina. E la casacca giallorossa pesa come un macigno, anzi, come l’armatura dei gladiatori che combattevano nell’arena, durante i fasti priapei.
Il primo allenatore ad indossare le due prestigiose “tute”, fu il mitico “Barone” Nils Liedholm, un personaggio indimenticabile. Uno degli oracoli del calcio italiano, quando partì, alla volta del nostro Paese, disse a suo padre: “Tranquillo papà, sto in Italia un anno, al massimo due e poi torno!”.
liedhomVi rimase per mezzo secolo, conquistando consensi e successi. Guidò prima la compagine viola, dal 1971 al 1973, stiamo parlando della preistoria del calcio, si giocava ancora la coppa Anglo-Italiana, antica competizione, di cui la Fiorentina, proprio con lo svedese, raggiunse la finale. Ben altri risultati, ottenne nella capitale, dove conquistò lo scudetto nel 1983, perdendo la famosa finale di Coppa dei Campioni, nel 1984, contro il mitico Liverpool.
Precursore e rivoluzionario. Geniale e mai domo, prima di tutti, proprio a Firenze, professò il suo “credo” del “possesso palla”.
“Il possesso palla è fondamentale, se tieni il pallone per 90 minuti, l’avversario non potrà mai segnarti un gol!”
Correva l’anno 1984, quando Sven Goran Eriksson, divenne il direttore tecnico della Roma, succedendo proprio a Liedholm.
Sedette sulla panchina di Trigoria per la durata di un triennio, tra campionati sfiorati (celebre la famosa e, clamorosa, sconfitta contro il Lecce per 2-3 che ne costò lo scudetto) e la vittoria di una “Coppa Italia” nella primavera del 1986. L’anno successivo Eriksson si dimise per sedersi finalmente nella gloriosa panchina gigliata dove da poco era approdato un giovanissimo Roberto Baggio colui che successivamente sarebbe diventato “il divin codino”del calcio italiano.
Era una fiorentina storica con una delle divise che ancora oggi forse rappresentano nell’immaginario collettivo degli over 30 l’idea della formazione gigliata; una delle prime maglie in sintetico nella storia del calcio moderno, dal colore viola intenso con lo sponsor crodino in scritta gialla. Eriksson che sedette sulla nostra panchina fino al 1989 ebbe a disposizione talenti del calibro di Diaz, Dunga, Baggio ed il mitico Stefano Borgonovo ma nonostante ciò non riuscì ad ottenere i risultati ambiti.
associazione_calcio_fiorentina_1987-88

Un altro condottiero d’eccezione, che  si è legato al collo entrambe le sciarpe è Claudio Ranieri. Dopo il miracolo celeste, che ha illuminato i cieli d’Inghilterra, sembra si sia detto tutto sul gentleman testaccino ma, nel suo curriculum, si annoverano ottime stagioni a Firenze ed una breve comparsa su Roma.
Storia del calcio recente che probabilmente in molti lettori potranno finalmente dire, – io c’ero – . Stiamo parlando della Fiorentina tra il 1993 ed il 1997. Ranieri arrivò a Firenze dopo essere stato esonerato in novembre dall’incarico di allenatore del Napoli a seguito di un poker di Marco Van Basten che mandò su tutte le furie un irascibile Ferlaino. Il principe di Testaccio si ritrovò così a dover ripartire dalla serie cadetta ma Cecchi Gori, vero presidente tifoso e passionale, trattenne in rosa i migliori talenti e con Toldo, Faccenda, Bruno, Massimo Orlando, Effenberg, Baiano e di un certo Gabriel Omar Batistuta fu facile riportare Firenze a disputare la serie che da sempre più gli compete.
batiL’anno successivo, con il bomber di Reconquista in definitiva affermazione, Ranieri ottenne la vittoria della coppa Italia ed ancora oggi ci ricordiamo come l’Artemio Franchi si fece trovare in piena notte stracolmo di bandiere viola al ritorno da Bergamo dei propri beniamini. Ranieri in riva all’Arno vinse anche la super coppa Italiana ed arrivò a disputare la semifinale di coppa delle coppe contro il leggendario Barcellona del mitico Ronaldo. Fummo eliminati ma ne uscimmo a testa alta.
Persona di grande classe e Mr giramondo, si sedette poi su molte altre panchine, esperienze varie che lo portarono finalmente nel 2009 a vestire i colori della sua città, il giallo ed il rosso, quelli della sua sponda.
Di questa avventura la stampa ne ricorda la clamorosa sostituzione di Totti e De rossi, durante il derby contro la Lazio. Cambio azzeccato che condusse i giallorossi alla vittoria della partita.
Nella storia recente degli allenatori che hanno diretto entrambe le squadre potremmo parlare di Montella, ma è troppo poco quello che ha fatto per Roma e, troppo vicino, il passato che lo lega a Firenze per poter accarezzare con nostalgia ed obiettività una sintetica analisi di quelle stagioni; campionati che comunque lo portarono ad essere definito il Guardiola d’Italia.
Ci piace invece chiudere quest’articolo fatto di flash back e ricordi con l’augurio, questa sera, di vedere in campo due squadre che si affrontino a viso aperto, come il gioco di Sousa e Spalletti impone. Azzardiamo infine un invito al pubblico nella speranza di non dover sentire ancora quegli inutili ed offensivi cori a Francesco Totti; icona di un calcio romantico che non esiste più ed ultima bandiera del nostro campionato che ormai purtroppo stenta ad offrire quegli spettacoli unici con cui gran parte di noi siamo cresciuti.