"I fiorentini erano tutti dei grulli"

Per la rubrica con.tempo libri, la recensione di “L’incantatrice” di Firenze di Salman Rushdie.

Salman Rushdie
Salman Rushdie

Ci crediate o no, il titolo dell’articolo è una citazione da questo romanzo. Cosa c’entra Salman Rushdie, autore del famosissimo I versi satanici, con Firenze e il suo dialetto? Forse sono l’amore per l’intreccio straripante e la fascinazione per le storie a formare il cuore di questo libro e a fornire l’unica spiegazione possibile. L’incantatrice di Firenze è infatti un libro che si fa beffe della narratologia con colpi di scena, svelamenti, simmetrie, metafore barocche, disseminate a piene mani per le sue 360 pagine. Non c’è capitolo che non porti con sé un nuovo personaggio, una nuova meraviglia da assorbire.

La trama è talmente intricata che riassumerla vale a poco: l’imperatore indiano Akbar e il nostro Machiavelli, Firenze e Hatyapul, capitale dell’impero indiano, due mondi legati da una donna bellissima, misteriosissima, e altri superlativi a vostra scelta. Una Firenze rinascimentale ben diversa da come la immaginiamo: piena di bordelli, sessualità libera e spregiudicata, fatta non dei grandi umanisti medicei, ma dagli sconfitti della defunta Repubblica Fiorentina, da taverne, vino e modernissimo stordimento artificiale. Ma anche l’India non è da meno: sebbene l’imperatore indulga in discussioni filosofiche e conquiste, la sua vera preoccupazione sono le donne, possibilmente giovani e belle (per tutta la prima metà del libro, non c’è un personaggio femminile che non sia o una prostituta o una schiava).

Rushdie non ha lasciato nulla al caso: la bibliografia, insolita per un romanzo, è sterminata e testimonia la sua erudizione e l’amore per i dettagli. Il libro cita decine di personaggi storici fiorentini e li rende talmente vivi da farli ordinari. La prosa è sontuosa e avvolge come un mantello principesco il lettore dall’inizio alla fine. Basti l’incipit:rushdie_firenze

Alle ultime luci del giorno il lago rosseggiante sotto la città-palazzo sembrava un mare di oro fuso. Un viaggiatore che al tramonto avesse preso questa direzione – questo viaggiatore, che procedeva in questa direzione, ora, sulla strada che correva lungo il lago – avrebbe potuto credersi prossimo al trono di un monarca così favolosamente ricco da permettere che una parte del suo tesoro fosse versata in un gigantesco avvallamento del terreno per abbagliare e sbigottire i suoi ospiti.

Eppure qualcosa non funziona. Il libro assomiglia terribilmente al feuilleton, sebbene di gran classe. Rushdie vuole convincere il lettore che realtà e fantasia non sono mondi separati, che esistono insieme e che dall’uno si passa all’altro. Ma finisce, invece, col renderli entrambi poco credibili. E un romanzo che non sa farsi credere è condannato al fallimento.•
Testo di Carlo Benedetti / con.tempo
Il libro: 
Salman Rushdie, L’incantatrice di Firenze, Mondadori 2010
con.tempo è una rivista di narrativa breve inedita. Nata a Firenze, pubblica autori esordienti da tutta Italia, scommettendo tutto sull’attenzione maniacale per il testo, l’editing, la riscrittura. Ogni numero esce in 999 copie numerate e in distribuzione gratuita con illustrazioni originali di giovani artisti e designer. Ogni uscita ha un tema comune che la trasforma in una piccola antologia.
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