Michelangelo: una passione eretica!

Roma, rione Monti, 18 febbraio 1564, le autorità dello Stato Vaticano irrompono in una casa spoglia ed austera del quartiere popolare, stanno cercando qualcosa, documenti scottanti, lettere e disegni.
Tutto ciò che trovano è un mucchio di cenere ed una statua.Questa umile dimora non era una semplice casa, era anche uno studio di un pittore, di uno scultore, era lo studio di Michelangelo Buonarroti, uno degli artisti più illustri dell’intera storia umana.

Aretino di nascita, Fiorentino d’adozione, deve lasciare la sua amata “culla del Rinascimento” per far sì che esso esploda e s’innalzi sui cieli di Roma, alla corte del sovrano più potente dell’Europa intera: il Papa

Appena trentenne, aveva scolpito un capolavoro: il “Davide”, meglio conosciuto come il “David”, nome originale ebraico, scritto, anche in latino, senza la “e” finale, ma Michelangelo non sapeva il latino e questa nozione sarà importante più avanti, nel proseguo del nostro viaggio nel tempo. Conosceva, dunque, la leggenda di “Davide e Golia”, raffigurò l’eroe mitologico nel momento della massima espressione di forza e vigore fisico e morale. Questa mirabile opera aveva sconvolto i critici del tempo, che non credevano ai loro occhi, nessuno si era mai trovato di fronte a tanta perfezione. Il Papa Giulio II, pensò che Buonarroti fosse il personaggio adatto, per scolpire il suo nome nella gloria dei secoli dei secoli, lo convocò a Roma ed è là che la storia ebbe inizio. 

Arrivato nel cuore pulsante della Cristianità, Michelangelo si accorse della corruzione che eruttava come lava incandescente dalle curie papali, incendiando i valori morali della religione, seviziati e schiacciati dalla lussuria e dall’avidità. Tutto si riduceva alla ricerca sfrenata di denaro e potere, si barattavano il Paradiso e la Salvezza, con un pugno di sudicie monete, si consumavano e ascendevano le due “I” più deprecabili della storia della Chiesa: le Indulgenze e l’Inquisizione. 

Alle dipendenze dei Papi, Michelangelo divenne un uomo ricco e famoso, ma condusse, quasi inspiegabilmente, una vita austera e povera, di sudore e sacrificio, alla stregua delle Sacre Scritture, che conosceva benissimo. Come detto però, non sapeva leggere il latino, studiò gli insegnamenti religiosi in volgare, in edizioni segrete, proibite, bandite dai gendarmi vaticani, proprio come quelle promosse in Germania, in quegli stessi anni, da una figura che rivoluzionò l’Europa intera: Martin Lutero.

Come Lutero, Michelangelo condannava aspramente i costumi decadenti della Chiesa di Roma, contestava la mediazione dei prelati, troppo spesso corrotti e manigoldi, tra l’uomo semplice e Dio, che invece dovevano intrecciarsi con la lettura dei libri Sacri, per un’interpretazione diretta della parola del Signore. 

Questi suoi ideali “pericolosi” erano sconosciuti a Roma, anche perché Buonarroti riuscì ad avvolgere di mistero la sua vita privata, in pochi sanno, della sua militanza segreta in un gruppo che verrà considerato eretico, un gruppo di menti brillanti e moderne, di poeti e pittori, letterati e predicatori: gli Spirituali. Michelangelo aveva un’arma in più rispetto a chi scriveva o predicava, essi erano facilmente rintracciabili e subito perseguitati ed allontanati, lui poteva far parlare le sue opere, senza essere scoperto, almeno dagli uomini del suo tempo. Fu così che iniziò un percorso fatto di simboli e messaggi, che giungono chiari, intatti, fino ai giorni nostri, raccontandoci il disagio di un genio, costretto a lavorare, incatenato dal nemico. Innumerevoli sono gli esempi che potremmo esaminare, studiare, scoprire, ma ci soffermeremo su uno soltanto, l’ultimo, l’atto finale della sua gloriosa parabola. 

La Pietà “Bandini”

Innanzitutto dobbiamo sapere che le statue raffiguranti “La Pietà”, scolpite dalle mani del maestro, sono state ben cinque, una diversa dall’altra, ognuna con un suo aspetto particolare, Michelangelo interpreta e crea. Non ci soffermeremo sulla più illustre, La Pietà “Vaticana”, posta all’ingresso du uno dei musei più suggestivi del pianeta, analizzeremo invece quella che fu più cara al maestro, La Pietà detta “Bandini”. 
papa giulio II

Fu ricavata da un blocco di marmo, probabilmente scartato dai lavori per la tomba di Papa Giulio II, secondo le testimonianze del Vasari, un pezzo durissimo, inscalfibile, un marmo che emetteva scintille ad ogni colpo di scalpello, il Maestro lo usò per la sua ultima dimostrazione di grandezza.

Conservata nel museo dell’Opera del Duomo di Firenze, è l’opera a cui Michelangelo lavorò, durante gli ultimi mesi della sua vita, secondo le sue volontà, doveva essere la statua posta sulla sua tomba. La scultura rimase incompiuta, come diversi altri capolavori del Maestro, non tanto per mancanza di tempo, quanto per un suo strano concetto interiore secondo cui l’idea di un progetto, era più importante della sua realizzazione finale. La Pietà, alla sua morte venne trovata danneggiata, forse da furie d’ira dello stesso Michelangelo, che visse, attanagliato dai tormenti. Fu acquistata dall’architetto e scultore fiorentino Francesco Bandini, per duecento scudi, costui la affidò al suo allievo, Tiberio Calcagni, perché la restaurasse ed è per questo, che oggi la si conosce come “Pietà Bandini”.

Più che sulla sublime perfezione tecnica, ci soffermeremo sul significato della scultura, che traghetta la nostra immaginazione, tra le anguste e tortuose vie della mente Michelangiolesca. La Pietà, eseguita da innumerevoli artisti, raffigura il momento della deposizione del corpo del Cristo defunto, che, tirato giù dalla Croce, alcuni immortalano in braccio alla Madonna ed altri ritraggono sorretto dai discepoli, mentre lo accompagnano al Santo Sepolcro. 

Ed ecco la potenza del linguaggio del Buonarroti, egli si ritrae all’interno della scultura stessa, immedesimandosi in Nicodemo, che aiuta la Madonna a sollevare il Cristo defunto. 

Ma perché proprio Nicodemo, il Dottore della Legge nel Sinedrio, il magistrato fariseo? 

Nicodemo era, secondo il Vangelo di Giovanni, uno dei discepoli più fedeli di Gesù, ma andava a trovarlo ed ascoltarlo, soltanto di notte, perché timoroso di essere scoperto, consapevole del ruolo che aveva in un quella parte di società ebraica, che non aveva riconosciuto in Cristo, il Messia. Ecco il parallelismo imponente e scandaloso, così come Nicodemo, Michelangelo abbracciava delle teorie, in quel tempo ritenute eretiche, quelle del gruppo degli Spirituali. Scacciava i demoni di una Chiesa corrotta e decadente, pregando e predicando assieme ai fratelli devoti, ma non poteva farsi scoprire, perché aveva un ruolo fondamentale all’interno del cattolicesimo: era l’artista ufficiale del Papa. 
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Corroso, lacerato dai tormenti, il Maestro salutò l’umanità intera con questo magnifico capolavoro, denso di misticismo e mistero, ed il destino ha voluto che fosse custodito proprio qui a Firenze, la sua città, la culla della sua arte, un’arte pervasa da una segreta “passione eretica”.  
18 febbraio 1564, Roma, rione Monti, la milizia vaticana irrompe nella casa vuota ed austera di Michelangelo, appena defunto; le sue spoglie erano già state portate a Firenze, in gran segreto, per salvare la sua immensità dai sospetti del Papa. Quella notte, i gendarmi, entrando, trovarono soltanto un mucchio di cenere ed una statua: La Pietà.
Gianluca Parodi