“Color is my superpower”: Ellen Sheidlin inaugura il nuovo spazio ibrido di TSH

Ellen Sheidlin the student hotel

Una volta capito che nel post-pandemico questo spazio rischiava di restare vuoto, abbiamo finalmente potuto avviare un nuovo progetto, dando vita a un luogo che non fosse soltanto di passaggio, mero appannaggio di una vita di hotel fatta di grandi spostamenti e poca attenzione”.

Così Michelle Davis, connector per la sede fiorentina di The Student Hotel, racconta la genesi progettuale del nuovo spazio ibrido (per adesso senza nome) che affaccia sull’atrio d’ingresso in viale Lavagnini. “Non è la prima volta che TSH si apre all’arte contemporanea” sottolinea Michelle,
“ma questo spazio vuole costituire una nuova realtà culturale in pianta stabile, dando modo alle comunità creative presenti sul territorio di esprimersi al meglio”. L’idea è anche quella di sfruttare le quindici sedi europee della catena per promuovere artisti emergenti, permettendo loro di spostarsi e farsi conoscere all’interno di un circuito internazionale.
A fare gli onori di casa nel nuovo spazio, la mostra Comprehended by Fantasy dell’artista russa Ellen Sheidlin, classe ’94. Partendo dal presupposto che lo spazio nasce con l’intenzione di aprirsi al dialogo non soltanto con le nuove generazioni, ma anche con nuovi media, linguaggi e piattaforme, non poteva esser fatta scelta migliore rispetto a quella di esporre il suo lavoro, che lei stessa definisce ascritto al concetto di “survirtualism”, neologismo che fonde estetica surrealista e virtualità.

Amatissima sui social, Ellen collabora da un decennio con Eugene Sheidlin – suo marito dal 2019 – con il quale ha intrapreso un percorso artistico che l’ha portata fino a quasi cinque milioni di follower su Instagram. “Ho deciso di iniziare a fare mostre per uscire dal mondo virtuale e avere un contatto vero con le persone”, confida durante un tour dello show.
Protagonista indiscussa della ventina di opere esposte è Confused Thoughts, la scultura alta più di due metri in resina bianca che raffigura la testa dell’artista e che troneggia al centro della sala. Se si è fortunati, si trova Ellen al suo interno impegnata a decorarne le pareti curve. Attraverso un foro sull’enorme nuca, corde nere collegano l’opera ai nove dipinti su legno disposti intorno. “Questo è il modo in cui comprendo la mia fantasia. Una cascata di pensieri che entra nella mia testa attraverso un foro sulla nuca. La corda che esce e torna portando con sé delle immagini, questa è l’ispirazione”.

Alcune delle fotografie presentate, che contano in totale più di un milione di like su Instagram, ritraggono il legame di Ellen con Firenze, dove risiede e lavora da quasi un anno. Salta agli occhi la giostra di piazza della Repubblica durante il periodo natalizio del 2020, in pieno secondo lockdown, avvolta da un tessuto a strisce bianche e rosse in un doppio rimando: ai bastoncini di zucchero per i bambini e al nastro con cui si vieta l’ingresso o si perimetra un’area a rischio. Uno scatto eloquente tanto quanto la sensazione provata nell’averlo davanti.

Abbiamo fatto qualche domanda a Ellen per sapere di più di lei e del suo lavoro.

“Visionario, inquietante e seducente” sono i tre aggettivi più usati per descrivere il tuo lavoro. Rispecchiano la percezione che hai della tua ricerca artistica?

I pianeti sono sempre in movimento. Qualsiasi descrizione diventa obsoleta dopo un anno. Forse, per ora, non ci sono parole nel dizionario che possano esprimere più accuratamente la percezione che ho del mio lavoro, ma se dovessi fare un tentativo di tirar fuori le prime tre parole che mi vengono in mente, sarebbero astuzia, sessualità e paura. Mi piace seguire la mia curiosità e dimenticare lo scopo delle cose. Se una volpe scaltra si trasformasse improvvisamente in una striscia di capelli rossi, mi spaventerei o mi piacerebbe sfiorarla? Mi piace avere coerenza quando sono nel processo di creazione, ma quando sto inventando qualcosa, mi piace andare con il flusso dell’assurdo.


Sogno e illusione giocano un ruolo fondamentale nelle tue opere. Un paio di anni fa ho lavorato con un’artista che creava miniature splendide da lontano, ma che da vicino rivelavano scenari devastanti come quello della guerra in Siria. Le piaceva giocare con l’idea che le persone siano attratte e affascinate dall’incanto, e così fai tu. Ho pensato a una fotografia che hai pubblicato sul tuo profilo social nel 2019 che ti ritrae sdraiata per terra e
coperta da muschio e piante. A prima vista può sembrare uno scatto innocuo, ma leggendo la didascalia si intuiscono riflessioni sul nostro tempo inaspettate e potenti. È uno degli obiettivi del tuo lavoro?


Quando ho iniziato a dipingere a olio, ho capito che gli artisti hanno una capacità importante. Un dipinto e una fotografia sono già esistenti, e io sto solo riproducendo le immagini da una fonte.
Questo processo è come avere una vecchia radio sintonizzata su un canale che mi sussurra delle linee nell’orecchio, e tutto quello che faccio è solo riempire con i colori. Come risultato, il dipinto stesso mi parla e mi racconta una storia, e comunemente gli spettatori capiscono molto più di me dopo che l’opera è pubblicata. La stessa cosa succede con le fotografie.
Come sento il mio corpo? Forse come un divano gigante coperto di tatuaggi. Come sento il mio rifiuto di mangiare carne? Forse come mangiare un cervo fatto di anguria. Da qualche parte vorrei mostrare l’orribile realtà. E da qualche parte vorrei dimostrare la bellezza del momento, e le due cose vanno di pari passo. Quando ho visto le immagini degli incendi boschivi in Siberia, sono rimasto senza parole per il dolore, così ho deciso di mostrarlo attraverso il mio lavoro. Essere intorpiditi dal dolore non è la stessa cosa che rimanere in silenzio.
La linea più spessa che attraversa tutto il mio lavoro creativo è il sostegno alle persone che hanno subito bullismo per via del loro aspetto o per il loro cosmo interiore che non si adatta alle norme della società. È un film muto senza fine fatto dei miei dipinti e delle mie fotografie che serve da scudo per chi vuole diventare un creativo. Tingetevi i capelli a strisce di tigre, indossate i pantaloni al contrario, amate come volete e accettate il vostro corpo nella forma che vi piace. Sappiate solo che non siete soli. “Io sono con te”. Lo ripeto in continuazione, facendo il primo passo insieme a loro.


Pietro Bigongiari, un poeta italiano del XX secolo, ha scritto: “Il surrealismo s’è trascinato dietro, nel fondo della perversione perseguita sistematicamente, questa innocenza disarmata; un sorriso sorprendente d’origine creaturale s’è diffuso sull’orrore, tenendolo a bada, in una sorta di esorcismo supremo”. Il tuo lavoro mi ha fatta pensare a questa citazione e al fatto che la tua arte è come un esorcismo infantile contro la realtà. Ho anche riflettuto sull’equilibrio tra l’innocenza del tuo aspetto esteriore e qualcosa che non chiamerei “perversione” ma piuttosto un approccio senza paura alle possibilità non dette della vita. Qualcosa ti muove in questo senso?


Esorcismo infantile contro la realtà – suona così poetico. Dopo aver letto “Il piccolo principe”, ho iniziato a ribellarmi agli adulti. Non vedi l’elefante dentro il pitone?! Cosa fa di un bambino un completo opposto di un adulto, e cosa mi fa continuare a fare arte? La curiosità, gli impulsi creativi, le azioni avventate, una chiara comprensione dei miei desideri, la capacità di godere della vita e la mancanza di stereotipi.

È possibile prenotare una visita qui

Testo e intervista a cura di Beatrice Galluzzo

Photo credits: Matteo Lodolo / Studio 167