Storia della canapa in Toscana: dai nostri nonni all’e-commerce

storia della canapa Toscana

Se c’è uno dei settori in forte crescita in questo periodo di pandemia è sicuramente quello della canapa e cannabis light. Ve ne avevamo già parlato lo scorso anno nell’ articolo in cui intervistavamo i titolari di due grandi aziende leader del territorio toscano che hanno visto la crescita del fatturato fino a più del 70% in pochi mesi rispetto all’anno precedente.

Quest’anno se n’è accorta anche la Coldiretti Toscana evidenziando come nella nostra regione gli oltre 1000 ettari di terreni di canapa nel nostro territorio siano un beneficio per l’economia definendola come ‘pianta dai mille usi’: dalla birra alla ricotta e agli eco-mattoni isolanti, dall’olio antinfiammatorio alle bioplastiche, fino a semi, fiori per tisane, pasta, taralli, biscotti e cosmetici e ancora vernici, saponi, cere, detersivi, carta o imballaggi, oltre al pellet di canapa per il riscaldamento che assicura una combustione pulita.

storia della canapa toscana

La Toscana risulta la prima regione in Italia ad avere un numero così alto di ettari per la coltivazione di canapa e i suoi derivati. Ma questi dati non dovrebbero sorprenderci. Dalla storia del nostro territorio ci viene riportato che è sempre stata regione d’eccellenza di questo settore. Famiglie intere sono cresciute tramandando di generazione in generazione la conoscenza nel trattamento di questa pianta e la creazione di prodotti di ogni tipo.

Storia della canapa in Toscana: 600 anni di eccellenza

La canapa era una voce importantissima nell’economia regionale già dal XV secolo. Fino ai primi anni del Novecento in Toscana si coltivavano oltre 80.000 ettari soprattutto nelle località di Garfagnana e Valle del Serchio e tutto sul territorio della Versilia moderna e Versilia storica. In particolare a Camaiore venivano creati cordame e attrezzatura per le barche; a Viareggio tessuti e filati. 

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Coltivatori toscani in Versilia anni ’40

Fu così fino agli anni cinquanta del secolo scorso, quando poi la canapa è stata sostituita al cotone e fibre meno costose, per non parlare poi delle fibre artificiali che richiedevano meno forza lavoro. La caduta lenta del settore avvenne già a partire dagli anni trenta quando la canapa subì una incredibile campagna denigratoria. Le sue caratteristiche naturali, come la resistenza, la proprietà di adattamento, la velocità di crescita e la facilità di averne in abbondanza ed in maniera diffusa, apparivano come una minaccia agli occhi delle industrie concorrenti. 

Ma fino alla Seconda Guerra Mondiale, i contadini della Val d’Orcia avevano per ogni famiglia un piccolo terreno dedicato alla canapa. Dopo averla raccolta, la si lasciava macerare vicino a fiumi e torrenti o in “fontoni”. Le donne poi la lavoravano per fare dei tessuti per lenzuola, fodere per guanciali, asciugamani, strofinacci o come semi per farine, oli profumati

La lavorazione della canapa richiedeva però un certo savoir-faire. Non era infatti considerato un lavoro umile lasciato solo alle donne contadine che si occupavano dei filamenti. Le tessitrici appartenevano a ceti più elevati e i nobili consideravano i loro prodotti di prestigio data la lunga lavorazione e la freschezza dei tessuti.

Fine di un’eccellenza

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Coltivatori canapa primi anni ’50

Dopo gli anni ’50 si provò a riproporre l’uso della canapa nel commercio di prodotti tessili ma con serie difficoltà. Furono gli anni in cui dall’America provennero una serie di propagande a sfavore di questo materiale fino al 1973, anno in cui la canapa venne riconosciuta come droga all’interno del nome marjuana.

Dopo gli anni ’70 pochissime aziende in Toscana riuscirono ad andare avanti o a ricominciare da zero. A Torrenieri di Montalcino, ad esempio, era stata avviata un’attività sartoriale: la Milletrame di Stefania Papi e Luana Caiani. La sartoria nacque nel 1983 e per anni è stata produttrice di successo di abbigliamento per uomo e donna realizzati con tessuti di canapa ipoallergenici. Nel 2006 il quotidiano La Repubblica la portò come una sartoria all’occhiello parlando del connubio tra tecnologia più avanzata e tradizione più antica. Non si hanno più notizie dello show-room dal 2011. Probabilmente inghiottito dalla concorrenza introdotta dal fast-fashion e tessuti low cost.

Il ritorno con il Boom del settore della canapa in Toscana

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Erba del Chianti

Ma della canapa utilizzata per i tessuti se ne occupa ancora Erba del Chianti, azienda leader del settore che da anni lavora sulla canapa in ogni sua forma e che oggi rilancia l’amore per i vecchi tessuti sul proprio e-commerce realizzando accessori come pochette a sacco, zaini e le borse per il mare. Anche tanti altri prodotti sembrano andare in voga: dalla pasta, ai semi, alle infiorescenze da piantare fino a prodotti della cosmesi e il benessere con oli e prodotti per la bellezza e salute psicofisico. Quest’ultimi sembrano un vero e proprio business in questo momento dato che il periodo attuale ha portato ad un aumento esponenziale di problemi collegati allo stress e all’ansia. 

La canapa potrebbe così rappresentare per un’intera regione un modo tradizionale di rinnovamento e sviluppo soprattutto nel periodo in cui viviamo per il suo basso impatto ambientale e la versatilità nei suoi impieghi che non sono mai troppi. Se regolamentata e introdotta in nuovi sistemi di industrializzazione, potrebbe essere anche un patrimonio nazionale su cui crescere e investire. Ma mancano le leggi e, soprattutto, viviamo in Italia.