Destino Cuba: intervista all’autore Alessandro Zarlatti

Alessandro Zarlatti è un giornalista e scrittore italiano che nel 2012, per passione, ha deciso di trasferirsi a vivere stabilmente a Cuba per immergersi completamente nella cultura e nel modo di vivere cubano. Collabora con numerose testate giornalistiche e dirige l’Accademia di lingua italiana Leonardo da Vinci a L’Avana. È autore dei due romanzi “Il Salto” (2015) e “Quattro parti di lui” (2018) e della raccolta di racconti brevi “Alcune strade per Cuba” (2014).

Lo abbiamo incontrato durante la presentazione del suo nuovo libro “Destino Cuba” e gli abbiamo rivolto alcune domande.

Come è nato questo libro?

“Destino Cuba” è il mio secondo libro di racconti ambientati e ispirati a Cuba. Cuba da un punto di vista artistico e culturale è un luogo molto fertile, evocativo. C’è questa sorta di incontro tra passato e presente che trapela in ogni via, in ogni angolo, velato da una nota di decadentismo. Dopo il mio primo libro di racconti “Alcune strade per Cuba”, che abbracciava il periodo dal 1996 al 2012 circa, ho pensato che fosse giusto farne seguire un altro che coprisse un periodo più recente, quello dal 2013 al 2017. I testi sono corredati e arricchiti dalle bellissime fotografie di Flabia Cuevas. Si tratta di un progetto inizialmente concepito in spagnolo, pubblicato in una collana della casa editrice cubana Abril in cui attualmente sono l’unico scrittore italiano a comparire. In seguito la casa editrice toscana Ouverture mi ha contattato per lavorare a una edizione italiana del testo, piuttosto fedele all’originale in lingua spagnola, e sono felice di aver accettato.

Edizione italiana in cui però si è deciso di lasciare il titolo “Destino Cuba” in lingua originale. È stata una scelta voluta?

Assolutamente sì. Mi è piaciuta l’idea di mantenere e lasciar intendere a chi conosce un po’ la lingua spagnola, il nesso tra l’accezione italiana di ‘destino’ nel senso di fatalità, caso, sorte e quella spagnola che invece si avvicina di più al senso di destinazione, meta. Mi è sembrato interessante che le due lingue potessero far intravedere quell’intreccio che c’è tra la meta e la traiettoria di vita che, in questo libro, hanno entrambe lo stesso esito.

Nel libro tu descrivi molti luoghi semisconosciuti di Cuba e li usi come scenario per le tue storie. Come hai scelto queste ambientazioni?

Si tratta di luoghi assolutamente personali, non turistici e fuori dagli itinerari più comuni. Negli anni mi sono girato l’isola in lungo e in largo e in ognuno di questi posti sono stato colpito o attratto da qualcosa o qualcuno e, alla fine, questi stessi luoghi hanno finito per diventare il teatro delle mie storie. Luoghi geografici reali che si prestano a diventare scenici per lasciare spazio alla storia, in una sorta di personalissimo diario di bordo.

Quanta verità c’è nelle tue storie? Si tratta di un’autobiografia?

Beh, sicuramente è una scrittura molto personale e intima, il soggetto è in prima persona e anche il punto di vista è strettamente personale. Ciò nonostante è chiaro che c’è anche un meccanismo di finzione, di creazione e sublimazione artistica che trasformano il vissuto e l’esperienza personale in qualcosa d’altro. Una rivisitazione che permette alla storia immaginata di prendere il posto di quella reale.

Cosa pensi del panorama letterario cubano attuale?

In questo momento a Cuba vige un dualismo letterario tra quella che è la letteratura ufficiale, più ingessata e standardizzata, e quella sommersa che però trova molte difficoltà per uscire allo scoperto e farsi strada. Senza dubbio, la seconda è molto più interessante della prima. Alcuni scrittori poi trovano maggior fortuna all’estero come Gutierrez, Leonardo Padura e Reinaldo Arenas, ma per gli scrittori in patria non sempre è facile emergere.

La situazione sarà anche ulteriormente danneggiata dalla pandemia in corso, quale pensi sarà l’impatto del Covid sulla produzione letteraria a livello mondiale?

È presto per fare un’analisi precisa dato che, purtroppo, ancora stiamo vivendo questa situazione. Credo che non ci sia stato ancora il tempo sufficiente per elaborare e digerire quello che è successo. Vedo e sperimento anche in prima persona una difficoltà di rielaborazione dei fatti, il famoso incubo della pagina bianca in cui vorresti tanto scrivere ma non riesci. Credo che, prima di iniziare un nuovo capitolo, dovremmo anzitutto chiudere questo e ad oggi non siamo purtroppo nella posizione di farlo. Ci vorrà del tempo ma confido sempre nel potere terapeutico e catartico della letteratura e dell’arte per rinascere.

Una lettura interessante, coinvolgente e appassionante che ci porta in luoghi lontani con gli occhi e con il cuore. Per viaggiare verso nuove mete e nuovi destini, attraverso le parole e gli scatti.

Testo a cura di Rita Barbieri