Fiorentina: bilancio dei 15 anni sotto la gestione Della Valle

Della Valle

Nel luglio del 2002 l’A.C. Fiorentina, neoretrocessa in Serie B dopo una stagione disastrosa, completava il suo dramma sportivo con la dichiarazione di fallimento da parte del Tribunale di Firenze e la susseguente estromissione dai campionati professionistici.

Quella società, strangolata dai debiti, era stata risucchiata nel buco nero del crack dell’impero economico di Vittorio Cecchi Gori. I guai erano cominciati esattamente un anno prima, quando il presidente ricevette un avviso di garanzia per riciclaggio. Fu come scoperchiare il vaso di Pandora, i fiorentini appresero che il bilancio contabile della loro squadra faceva acqua da tutte le parti.

 

Il buco ammontava a 200 miliardi di Lire, di cui 70 miliardi a causa di un prestito alla Fin.Ma.Vi, società cassaforte del gruppo Cecchi Gori, mai ottenuto indietro. Vittorio, subentrato alla presidenza della Fiorentina nel 1993 (rilevata dal padre Mario da Pontello nel 1990), aveva speso in dieci anni di gestione circa 1.000 miliardi di Lire tra investimenti e stipendi per i calciatori. Il suo sforzo per rendere la Viola una delle grandi del calcio italiano aveva prodotto due Coppe Italia, una Supercoppa Italiana, una serrata lotta per lo scudetto nella stagione 1998/99 e soprattutto l’approdo a Firenze di calciatori entrati nella storia della maglia viola come Batistuta, Rui Costa o Toldo e allenatori importanti come Ranieri e Trapattoni. “Porterò la Fiorentina con me nella tomba” disse Vittorio, ma a finire nella tomba furono i sogni di gloria e la società di piazza Savonarola oberata da debiti e pendenze con il fisco.

La famiglia Della Valle, imprenditori di successo con le calzature Tod’s, attese la bancarotta e poi, sponsorizzata dall’allora sindaco Leonardo Domenici, si materializzò a Firenze con la creazione di una nuova società ad hoc che ottenne l’iscrizione al campionato di Serie C2: la Florentia Viola. L’anno successivo, chiuso il fallimento della vecchia società, i Della Valle acquisirono per 4 milioni di Euro il titolo sportivo della A.C. Fiorentina 1926. Il ripescaggio in Serie B nell’estate del 2003 riportava la Fiorentina al punto dove l’aveva lasciata la vecchia gestione. Nel 2004 la Fiorentina tornava in Serie A grazie alla fortunata circostanza dell’allargamento della massima serie a 20 squadre e il conseguente aumento del numero delle promozioni dalla B.

Firenze aveva ritrovato la sua dimensione sportiva e una società guidata da una famiglia di imprenditori seri che negli anni successivi iniziarono ad investire i capitali necessari a far vestire la maglia viola a calciatori del calibro di Maresca, Toni, Mutu, Vieri, Jovetic, Savic, Frey, Gilardino, Adani, Fiore, Jørgensen, Brocchi, Pazzini, Pancaro, Liverani, Montolivo, Pasqual, Osvaldo, Giuseppe Rossi, Mario Gomez, fino ai recenti idoli dei tifosi Gonzalo Rodriguez e Borja Valero.
Questo impegno per riposizionare la Fiorentina tra le big del calcio italiano e tornare a disputare le coppe europee è stato valutato dal portale “Calcio e Finanza” (che monitora i bilanci delle società del massimo campionato) in oltre 200 milioni di euro dal 2002 al 2015:
<<[…] Il totale, quindi, è di 221 milioni solo di soldi spesi direttamente (e altri 50 come finanziamenti), a fronte di un risultato netto complessivo di -149,4 milioni: parliamo in media di investimenti per 15,8 milioni e una perdita di 10,6 milioni l’anno.>>
Ma questo indubbio sforzo economico, accompagnato da un’amministrazione seria rispetto all’allegra gestione precedente, non ha portato all’unica cosa che conta nel calcio: vincere.

La Fiorentina dei Della Valle si è qualificata per la Champions League nel 2009 arrivando agli Ottavi, ha disputato due semifinali di Coppa UEFA nel 2008 e 2015 e una finale di Coppa Italia, persa, sempre nel 2015. Troppo poco per un pubblico esigente come quello viola. Finiti gli anni d’oro con Prandelli in panchina e Corvino direttore sportivo, è stato un susseguirsi di polemiche nell’ambiente. Tifosi che via via hanno messo nel mirino personaggi della società: gli allenatori Mihajlovic, Montella e Paulo Sousa, il DS Pradé, il presidente Cognigni fino a Alessandro Della Valle, ultimo tirato in causa. Anche il calciomercato nel frattempo aveva cambiato registro, segnando il passo: dopo i campioni delle stagioni precedenti, è stato sostanzialmente fatto da “superprocuratori” come Ramadani che hanno portato a Firenze vari calciatori inutili per la squadra ma utili a lui per intascare ricche provvigioni.


 

Il distacco tra i tifosi e la proprietà a un certo punto è stato così progressivo da sfociare nelle recenti contestazioni contro i Della Valle, anche eccessive nei toni. Se il sospetto che fossero entrati nel mondo del calcio solo per farsi pubblicità era stato sopito dagli investimenti dei primi anni, il ridimensionamento ha esacerbato gli animi fino al colpo di scena di questa estate: il comunicato stampa con cui si comunica che la Fiorentina è in vendita.
Fare un bilancio oggettivo di questi quindici anni significa da una parte avere l’onestà di ammettere che nel calcio italiano attuale la Fiorentina non ha la forza per competere oltre la lotta per la Champions League e riconoscere che la gestione della società è stata trasparente e oculata, dall’altra che i risultati ottenuti sono stati miseri rispetto al potenziale e che l’atteggiamento della proprietà è stato spesso un pò asettico, molto aziendalistico e poco da tifosi. Tuttavia è mancato un management forte che fosse all’altezza dei campioni sul terreno di gioco e facesse quadrato intorno alla squadra per condurla verso qualcosa da mettere in bacheca. Soprattutto gli anni di Prandelli in panchina sono stati una stagione sprecata.

C’è un episodio a nostro avviso che è la metafora di questa incapacità di fare il definitivo salto di qualità: 1° maggio 2008, semifinale di Coppa UEFA a Firenze contro i Glasgow Rangers. Si decide la sfida ai rigori e un campione come Vieri sbaglia quello decisivo che poteva portare alla finale, calciando alle stelle. Il pallone finisce la sua corsa nello spiazzo tra la porta e la Curva Ferrovia con gli scozzesi, inferiori sul campo e sfavoriti nel pronostico, che compiono l’impresa di andare a Manchester a giocarsi quella finale già sognata dai tifosi viola. Ecco, in quel pallone beffardo che vola alto sulla traversa, c’è la grande occasione sprecata per i Della Valle di lasciare a Firenze il vero segno indelebile del loro passaggio, molto più del fantomatico progetto per il nuovo stadio su cui in passato erano inciampati anche Pontello e Cecchi Gori. Eppure il ridimensionamento inizia da lì, da quel cantiere prima difficile e poi irrealizzabile chiamato “La Cittadella Viola”.

Adesso si aprono due scenari, entrambi foschi, considerando che in Italia non c’è al momento una famiglia d’imprenditori come i Della Valle che abbia voglia di spendere di tasca propria soldi per il calcio e che difficilmente la trattativa di cessione della A.C. Fiorentina può essere veloce: la prima è che ai Della Valle occorra un tempo di almeno un anno per vendere e la stagione che sta per iniziare sia sottotono come quella appena passata, con le partenze di Borja Valero, Bernardeschi e Kalinic; la seconda è che, di fronte alla mancanza di offerte serie, i Della Valle restino ancora per altre stagioni con un progressivo disimpegno e l’allestimento di squadre via via meno competitive. In ogni caso c’è una domanda da porsi, Firenze accetterà di buon occhio una eventuale nuova proprietà in mano a un fondo d’investimento arabo o cinese?