G8 di Genova 2001: una ferita generazionale

Genova G8 2001

I fatti di quei giorni sono stati un punto di svolta per l’Italia. Da lì è cominciata la deriva di una “democrazia autoritaria” di cui oggi vediamo le conseguenze. 

Per coloro che hanno passato i 40 anni ed erano ventenni nel 2001, il vertice G8 di Genova è stato una ferita generazionale. E il momento clou delle manifestazioni contro il modello economico che si stava imponendo: la globalizzazione neoliberista e il potere delle multinazionali sul Pianeta con conseguenze disastrose sui diritti umani, l’economia, l’ambiente, il dramma dei migranti.

La memoria torna su fatti vissuti in prima persona da molti fiorentini e toscani che parteciparono e dice a chi ha 20 anni oggi che il mondo post-Genova era stato già previsto: surriscaldamento climatico, privatizzazione dei beni pubblici, crack delle borse, dominio di Big Pharma nei brevetti…

Il modello di sviluppo dominante fu denunciato allora. Ma il movimento antagonista in quelle giornate di piazza venne brutalmente represso dallo Stato – come affermato da Amnesty International – in “una violazione dei diritti umani di proporzioni mai viste in Europa nella storia più recente”.

Marco Damilano ha scritto su L’Espresso che <<A Genova una generazione sperimentò un Sessantotto accelerato di 48 ore>>.

G8 Genova 2001

Lo scenario prima di Genova: dal WTO a Seattle al Forum di Porto Alegre.

Nel 1999 al summit della World Trade Organization a Seattle, i manifestanti – giunti da tutto il mondo per una grande protesta che monopolizzò l’informazione – non solo denunciarono il capitalismo selvaggio e lo sfruttamento delle risorse del Pianeta da parte di multinazionali e governi compiacenti, ma riuscirono a far fallire il vertice, sospeso per la guerriglia urbana. La Battle of Seattle fu il battesimo di fuoco e vide per la prima volta negli USA la convergenza tra anarchici e sindacalisti. I Pearl Jam, osservando le contestazioni per le strade della loro città, immortalano i fatti nella canzone Grievance. A gennaio 2001 in Brasile, a Porto Alegre, le varie anime del movimento, insieme a intellettuali di caratura internazionale, si riunirono in un forum che adottò lo slogan “Un altro mondo è possibile”. Era la risposta al neoliberismo e su quell’onda nel 2002 sarà eletto presidente del Brasile l’ex leader operaio Luiz Inácio Da Silva detto “Lula”.

Genova G8 2001

Nel frattempo, prima di Genova, il “popolo di Seattle” era apparso con la sua vena contestatrice in altri vertici di capi di governo: da Nizza a Praga, da Napoli a Québec City in un crescendo di forza d’urto delle proteste: a Göteborg la polizia svedese sparò e ferì due dimostranti. La stampa soffiava sul fuoco e alimentò il clima di tensione, quella tedesca addirittura ipotizzò un attentato del terrorismo islamico a Genova. “Siamo al rilancio della strategia della tensione” denunciò il portavoce del Genoa Social Forum (GSF) Vittorio Agnoletto. I servizi segreti italiani erano preoccupati, eppure il numero dei partecipanti alla manifestazione indetta dal GSF – raccogliente più di 1.000 associazioni – fu clamorosamente sottostimato.

Sono 18mila gli agenti a presidio della blindatissima “zona rossa” dove si svolgono gli incontri tra i capi di governo e solo i residenti possono accedervi.

Il G8 di Genova: la morte di Carlo Giuliani e la “macelleria messicana”.

Venerdì 20 luglio 2001, al primo giorno del vertice a Palazzo Ducale che riuniva gli otto premier dei paesi più sviluppati del mondo – Berlusconi per l’Italia fece gli onori di casa, c’erano tra gli altri l’americano Bush Jr, il francese Chirac e il britannico Blair – mentre i violenti anarchici black bloc iniziano a spadroneggiare indisturbati per le strade della città, si assiste alle prime cariche contro i manifestanti pacifici, come a piazza Manin, per arrivare, nel primo pomeriggio, all’attacco al corteo autorizzato delle “Tute Bianche” (facenti capo ai centri sociali del Nord-Est).

Nella zona gialla si può manifestare ma, in via Tolemaide, i carabinieri effettuano una carica nonostante la Questura non l’avesse ordinato. Infatti, quei reparti dovevano recarsi in zona Marassi dov’erano in azione i black bloc. Fu il primo black out accertato nella catena di comando e innescò gli eventi che ebbero il tragico epilogo in piazza Alimonda: il giovane Carlo Giuliani rimane ucciso da un colpo di pistola sparato dal carabiniere Mario Placanica, poi assolto nel 2003 per legittima difesa.

Lo stesso Placanica però nel 2008 presenterà una denuncia contro ignoti per l’omicidio Giuliani, sulla base di una nuova perizia escludente il colpo partito dalla sua pistola. Un vero processo per accertare la verità non c’è mai stato.

Oggi sappiamo che nella catena di comando dell’Arma c’erano i vertici dei reparti speciali impiegati nelle missioni estere quali Bosnia e Kosovo, eppure nonostante questa presunta esperienza ci scappò il morto…

Nel processo di primo grado sui cosiddetti fatti di strada, si stabilirà che quella carica dei carabinieri fu illegale

piazza Alimonda Genova G8 2001

Il giorno successivo, sabato 21 luglio, gli scontri di piazza diventarono veri e propri tumulti e segnarono la gigantesca manifestazione di 300mila persone arrivate da tutta Italia e non solo. C’erano i giovani dell’associazionismo (ambientalista, pacifista, di sinistra e il cattolico), i sindacati, i partiti comunisti europei e purtroppo anche molti infiltrati lì solo per creare disordini. Fu una giornata campale, poi, la notte quando tutto sembrava finito, 200 poliziotti fecero irruzione nel complesso scolastico Diaz sulle tracce dei black bloc.

Il Settimo nucleo, l’ex reparto celere di Roma, con gli agenti delle squadre mobili e della Digos – coadiuvati da uomini in borghese con la pettorina della polizia ma mai individuati – picchiarono selvaggiamente e arrestarono le 93 persone ospitate.

Non erano il black bloc e non avevano opposto resistenza, in quell’operazione che il vice questore Michelangelo Fournier in tribunale definirà “una macelleria messicana”.

Il giornalista inglese di Indymedia Mark Covell, gravemente ferito nella circostanza, sostiene che l’irruzione servì come raid per distruggere materiale video e fotografico raccolto dal GSF, dato che la scuola faceva da media center in quei giorni.

I numerosi processi aperti sulle vicende del 20 e del 21 luglio 2001 si trasformarono in uno scontro tra i magistrati dell’accusa e i massimi vertici della polizia. Per usare le parole del giornalista Lorenzo Guadagnucci, “uomini dello Stato democratico contro altri uomini dello Stato democratico”. Dieci anni di processi che segnano l’Italia, svelando una parte di verità su quella che è stata definita da Amnesty International la più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la Seconda guerra mondiale”

Scuola Diaz Genova, G8

Italia 2001 – 2021: una ferita generazionale che ha generato il vuoto politico attuale.

A 20 anni dai fatti ricordiamo una repressione di Stato violenta e inspiegabile che provocò la morte di un manifestante, l’arresto arbitrario di altre centinaia – decine dei quali subirono gravi soprusi fisici e verbali nella caserma di Bolzaneto – e il già citato episodio del pestaggio degli accampati alla scuola Diaz, ricostruito nel 2012 nel noto film di Daniele Vicari. <<Quel 2001 rimane un vulnus nella democrazia. Noi dobbiamo conservarne un monito: se ci distraiamo, anche solo per un attimo, la democrazia può scomparire nel giro di una notte>> ha sentenziato il regista.

A Genova non erano certo tutti professionisti della guerriglia urbana, ma quest’immagine veicolata da media compiacenti fu il pretesto per la repressione. I tribunali hanno condannato antagonisti per “devastazione e saccheggio” e membri delle forze dell’ordine per “trattamenti inumani o degradanti” . Ma i vertici dello Stato non presero le distanze da quelle condotte, la catena di comando ritenuta responsabile non fu rimossa. Anzi, ci furono promozioni e nessuna collaborazione: 250 procedimenti, originati da denunce nei confronti di esponenti delle forze dell’ordine per lesioni – il reato di tortura ancora non c’era nell’ordinamento italiano – furono archiviati per impossibilità di identificare gli agenti responsabili. 

Gianni De Gennaro, capo della polizia all’epoca dei fatti, non si è mai scusato per il disastro dell’intervento alla scuola Diaz, anzi la sua sfolgorante carriera continuò nelle istituzioni. Lo farà invece nel 2012 il suo successore Antonio Manganelli, all’indomani della sentenza di Cassazione che ha confermato le condanne per i vertici della polizia.

G8 di Genova 2001

L’Italia stessa è finita sotto processo alla Corte Europea dei Diritti Umani e condannata nel 2015 per la gestione dell’ordine pubblico al G8, con risarcimento danni a favore di alcuni manifestanti feriti. Nel mentre, la Commissione parlamentare d’inchiesta è finita nel nulla di fatto molto prima, d’altra parte, come ha affermato Enrico Zucca, il PM che ha condotto l’accusa al processo contro i vertici delle forze dell’ordine,

<< […] i responsabili del disastro hanno ricevuto in Parlamento più ringraziamenti che critiche: la polizia fa quello che le si chiede di fare>>.

Non si è tuttavia mai dissolto nell’opinione pubblica il sospetto di una occulta regia internazionale all’opera per distruggere il movimento – temuto perché univa sempre più persone di provenienza ideologica disparata – e che il comando in piazza in quei giorni prendesse ordini impartiti da chi non sapremo mai. 

Andrea Camilleri scrisse che fu una “prova di tensione”: fin dove il potere poteva arrivare nella negazione di diritti democratici. Una regia che evidentemente faceva capo ai governi occidentali, quelli che poi nel 2003 dichiararono guerra all’Iraq, nonostante milioni di pacifisti in tutto il mondo avessero dimostrato il loro dissenso.

Oggi l’Italia reazionaria del 2001 può sembrare una cartolina sbiadita – nel 2017 è entrato nel nostro ordinamento il “reato di tortura” – eppure quella attuale è nel complesso peggiore. La magistratura ha “salvato” la democrazia ricostruendo una narrazione diversa dei fatti – ovvero che non furono i manifestanti ad attaccare lo Stato – ma il Paese è rimasto la retroguardia del neoliberismo, a dimostrazione dell’attualità della critica di chi era a Genova a manifestare con lo slogan “un altro mondo è possibile”

mostra fotografica sul G8 2001 del Forum Sociale Ponente Genovese

Le foto della cover e dei cortei al G8 2001 sono a cura dell’ex Forum Sociale Ponente Genovese, in particolare nelle persone di Rosanna Sirtori e Giuseppe Gonella che ringrazio per la testimonianza e il confronto prima della stesura di questo testo.

Questo articolo è dedicato a Carlo Giuliani, ragazzo.