Rissa alle Giubbe Rosse, quando gli ideali del futurismo…

Volano schiaffi pugni, sedie e tavoli: intreccio d’ideali nella “fucina di sogni e passioni”

Centro storico di Firenze, quattro uomini irrompono al caffè Le Giubbe Rosse, chiedendo informazioni sul noto critico artistico-letterario Ardengo Soffici. “E’ lei Ardengo Soffici?” Fu l’ultima frase prima del caos. Alla risposta affermativa dello scrittore fiorentino volò il primo schiaffo e il fuoco della passione culturale, divampò. giubbe rosse

Era il 30 giugno 1911: non c’era la televisione, e le macchine fotografiche non si trovavano dappertutto; poteva capitare che, famosi pittori, scrittori o poeti, che cavalcavano la scena internazionale, non avessero un volto noto e riconoscibile. Per questo, quando si avvicinarono, nessuno sapeva chi fossero quei quattro uomini. Marinetti, Carrà, Boccioni e Russolo, gli esponenti principali del futurismo milanese. E il piccolo uomo che colpì Soffici dritto in faccia, facendolo barcollare, era proprio l’illustre Tommaso Marinetti, che con uno schizzo su un foglio strappato, in un caffè di Parigi, fondò quel movimento rivoluzionario italiano che fu precursore di molte correnti artistiche, letterarie e politiche: il futurismo.

Il circolo intellettuale fiorentino che si riuniva a Le Giubbe Rosse abbracciava volentieri molti principi del nuovo movimento culturale milanese, esaltandone lo spirito e l’audacia, condividendo quella voglia di scacciare ciò che era vecchio ed obsoleto.“Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità… Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno… Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie di ogni specie, e combattere contro il moralismo… E’ dall’Italia che noi lanciamo per il mondo questo manifesto di violenza travolgente e incendiaria, col quale fondiamo oggi il “Futurismo”, perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d’archeologi, di ciceroni e di antiquari…”. giubbe rosse

Parole interessanti e travolgenti, ma decisamente troppo aggressive per Soffici e compagni, che definì i futuristi, “dei clowns tragici che vogliono spaventare un placido pubblico ignorante”. Fu così che la prima mostra di pittura futurista a Milano, fu duramente stroncata dalla rivista La Voce, il palcoscenico di Soffici. L’offesa alle opere di Boccioni non poteva restare impunita e Marinetti guidò i suoi a Firenze per vendicarsi. Allo schiaffo Soffici reagì agitando il suo bastone, uno stormo di calci e pugni mise a soqquadro il caffè fiorentino. La rissa proseguì, il giorno dopo, alla stazione centrale, ma dopo ore di accesi confronti si accorsero tutti di lottare esattamente per gli stessi valori.

La morale della storia si può sintetizzare in un’immagine indelebile: da quel giorno il caffè Le Giubbe Rosse divenne il teatro ufficiale dell’intero manifesto futurista. Oggi, a distanza di più di cento anni, gli artisti fiorentini per cosa riuscirebbero a far scaturire una “rissa” di tali dimensioni?

GIANLUCA PARODI