Dialogo con la natura. Ginkgo Biloba Girl

Dialogo con la natura. Ginkgo Biloba Girl

A Prato l’opera “Dialogo con la natura. La Ginkgo Biloba girl” ritrae una ragazza che abbraccia il tronco di un albero, nella speranza di assorbire forza e saggezza che soltanto la natura può infondere. L’abbraccio è anche un dialogo intimo e meditazione sull’esistenza.

Dopo aver trascorso un po’ di tempo in compagnia dell’artista pratese lauraballa e aver visitato il suo atelier in Via Mazzini, a Prato, non ci sono dubbi.

Se trasformare una strada un po’ negletta, qual è appunto via Giuseppe Mazzini a Prato, in una galleria d’arte all’aperto, non è cosa facile né di tutti i giorni, le idee di lauraballa – che si scrive tutto attaccato -, sono un ottimo punto di partenza. E che l’arte non sia fine a se stessa, anche qui si richiama in causa lauraballa. Perché il suo essere artista ha, non da oggi, risvolti sociali.

Risvegliare coscienze assopite, chiamare a raccolta persone, riqualificare spazi. Tutto ciò, niente escluso, si adatta al progetto di lauraballa per via Mazzini, strada del centro storico del capoluogo pratese. Che non ha soltanto una dimensione artistica, ma sociale. E che parte dalle serrande, abbassate non perché giorno di chiusura: per ricostituire un tessuto sociale perso, creare un passeggio per la strada – che non per niente conduce al Teatro Metastasio – e, se non per arrivare alla pedonalizzazione della via, almeno limitare il passaggio e la velocità delle auto, che per ora sfrecciano veloci.

Tutto ciò partendo dai coni in plastica per filati, cari all’industria tessile. Un oggetto semplice, povero, primo passo di una Mazzini art street e legame con il background tessile cittadino. I coni intorno ai quali si avvolge il filo, diventano materia per le prime due installazioni di Coni Art, di fronte e accanto all’atelier di lauraballa, frattanto diventate quattro. Ma hanno anche il compito di richiamare, per mezzo della loro forma iconica e dei colori forti, potenziali acquirenti o affittuari dei fondi sfitti.

Il cono diventa, simbolicamente, la speranza di un futuro diverso per la strada. Nella sua “seconda vita”, via Mazzini è scandita anche da un altro elemento: il parallelepipedo. Il primo dei quali disegnato, non a caso, su una porticina chiusa di fronte all’atelier di lauraballa, che evidentemente è il faro che illumina la via pratese. Il parallelepipedo simboleggia, concettualmente, lo spazio che pure esiste dietro la porta, un’entità abbandonata da occupare in senso fisico. 

Talmente è forte, quasi un elemento sacro, il parallelepipedo nell’universo emozionale di lauraballa, da ripetersi praticamente dappertutto nella via, sempre accompagnato – come un mantra – dalla scritta “fiorire”.

È la parte onirica, che la stessa artista fatica a decifrare compiutamente, e che convive con quella pratica, data dalla volontà di ridare vita a via Mazzini.

Per quante volte si passi in questa strada, si scopre sempre qualcosa di nuovo o diverso, specialmente se è trascorso tempo dall’ultima volta. Lo stesso che accade varcando la soglia dell’atelier di lauraballa: in cui le tante testimonianze artistiche presenti, evidenza di un approccio profondo ma delicato all’arte, fanno a gara a catturare l’attenzione del visitatore. 

Il percorso di recupero di via Mazzini non procede però in solitario: altri artisti hanno partecipato con le proprie opere e continuamente di nuovi se ne aggiungono. L’ultima delle sei serrande finora rigenerate è stata, infatti, dipinta dall’artista svizzero Pier Giorgio De Pinto e dalla stessa lauraballa. Il nome dell’opera Dialogo con la natura. La Ginkgo Biloba girl, ritrae una ragazza che abbraccia il tronco di un albero, nella speranza di assorbire forza e saggezza che soltanto la natura può infondere.

L’abbraccio è anche un dialogo intimo e meditazione sull’esistenza. Il disegno sulla serranda nasce da un’immagine creata da un programma di intelligenza artificiale, a sua volta realizzata da una conversazione avvenuta tra l’artista svizzero e un altro programma sempre di intelligenza artificiale. Il dualismo uomo-macchina va risolto in una pacifica convivenza: è l’essere umano a decidere quando ricorrere alla macchina, ma anche quando farne a meno.