Gaetano Pesce a Firenze: a rischio e pericolo potete gustare i bocconi amari

Se vogliamo che ogni giorno dell’anno sia il 25 novembre la mostra di Gaetano Pesce è assolutamente da visitare.

Il 25 novembre si è celebrata la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, troppo spesso ancora vittime di soprusi, abusi e disuguaglianze. Purtroppo, solo il fatto che sia stato necessario istituire una data simbolo per ricordarsi di questo, fa capire che il problema è ben lontano da essere effettivamente e definitivamente risolto. Se è vero che di passi avanti (seppure lentamente) se ne sono fatti, è anche vero che la tanto sospirata condizione di parità di genere, di opportunità, di trattamento e di diritti non è stata ancora raggiunta. I motivi sono di natura diversa: economici, sociali, politici ma soprattutto, come già affermava Pierre Bordieu in “Il dominio maschile”, culturali. Mentre cambiare l’economia, la società, perfino la politica di un Paese è possibile (anche se lentamente), rivoluzionare un’impostazione culturale radicata, un modo di pensare che per secoli è stato giustificato, insegnato, inculcato nella coscienza collettiva è sicuramente più difficile: serve un processo di “controcultura” che sostituisca la precedente.

Ed è qui che l’arte entra in gioco con tutta la sua forza. Non solo perché l’arte crea a sua volta cultura, ma perché l’arte in prima istanza mostra, denuncia, denuda e espone al pubblico un messaggio. L’arte ci obbliga a guardare, ad avere un lampo istantaneo di coscienza: accende il meccanismo del pensiero, sfruttando le istintive percezioni sensoriali.

Per esempio, passeggiando in Piazza Santa Maria Novella, vi imbatterete fino all’8/02/2017, proprio accanto alla facciata della chiesa, con una scultura gigantesca e coloratissima, recentemente inaugurata: la “Maestà tradita” di Gaetano Pesce che rappresenta una figura femminile, iconograficamente simile a una Madonna, con al piede una palla di ferro.

In molti hanno storto il naso (e non solo) davanti a questa nuova installazione ma, proseguendo all’interno delle sale espositive del Museo del Novecento (che si trova nella stessa piazza), l’intento dell’artista diventa subito più chiaro.

Tutte le opere qui raccolte, sono state selezionate dai curatori (Vittorio Sgarbi e Sergio Risaliti), con il preciso obiettivo di denunciare la condizione della donna, ancora attualmente ‘tradita’, ‘imprigionata’, ‘amareggiata’ da chiunque non mantenga le sue promesse.

Seguendo il percorso, si entra in una prima stanza dove si apre un ampio salotto surreale, arredato con una poltrona enorme, interamente ricoperta di vestiti multicolori messa accanto ad altre più piccole, a strisce bianche e nere, come le tute dei galeotti. Il richiamo alla prigionia è ancora più evidente nella palla di ferro che si erge su un pavimento lastricato di resina rosso sangue. Sulle pareti, brevi didascalie efficaci spiegano il senso complessivo della composizione.
bocconi amari

La stanza successiva è dedicata ai sensi: una citazione che campeggia sul muro frontale infatti recita “a rischio e pericolo potete gustare i bocconi amari”. D’altronde Pesce, ci fornisce su un piedistallo tutti gli strumenti per farlo: pane, fiele (o bile) e bastoncini. Nella stanza aleggia un odore leggermente acre: quello del sudore femminile racchiuso in una elegante confezione di detersivo spray. Infine, si raggiunge una piccola cripta interna dove si trova una versione in formato ridotto della stessa statua della piazza: una Maestà, una supposta regina, che è stata “tradita” dal suo stesso popolo, dai suoi stessi sudditi e pari.

Ecco come vede, ancora, l’artista la donna contemporanea: una creatura regale e magnifica, trattata da prigioniera, non sempre in senso metaforico.

Una mostra forte, scioccante che, attraverso la perfetta sintesi delle tecniche figurative, architettoniche, scultorie, trasmette un messaggio ancora urgente: Sua Maestà è in catene, non ricordatelo solo il 25 novembre.

Rita Barbieri