Il gelato è come il vino

FUL intervista Vetulio Bondi, mastro gelatiere da più di 30 anni, che ci spiega perché ci vorrebbe una DOC.

Il gelato non è uguale per tutti. È l’assioma di Vetulio Bondi, che ne ha fatto il titolo di un libro, uscito recentemente grazie a un editore indipendente. Perché Vetulio, mastro gelatiere da più di 30 anni, non le manda a dire a nessuno. « C’è un’idea distorta del gelato – dichiara – che fa sì che cerchiamo un prodotto sempre morbido, vellutato, caldo al palato. Ma questo non è il gelato tradizionale artigianale. Abbiamo perso il gusto dei prodotti veri, come la frutta fresca. Quando la troviamo nel gelato non la riconosciamo e non ci piace». Se pensate che la «distorsione del gelato» sia un problema solo degli stranieri, con le loro diete a base di milkshake e hamburger, vi sbagliate di grosso. Perché siamo noi italiani (e fiorentini), inventori del gelato, a sbagliare per primi. «L’85% delle gelaterie artigianali in Italia usa prodotti preparati», afferma Vetulio Bondi. Insomma, le famose polverine in busta. «E può farlo perché la legge lo consente», continua. Se vi sembra uno shock insostenibile, fate una riprova, la stessa che lo chef del gelato ha suggerito alla sottoscritta. Vi è mai capitato di sentirvi appesantiti dopo aver gustato un gelato detto artigianale? Di averlo trovato poco digeribile? Ecco, quello è il primo segnale che vi è stato aggiunto qualcosa che di base non dovrebbe starci. Il tanto vituperato olio di palma, tanto per cominciare, «che serve a rendere cremoso il prodotto», spiega Vetulio.
Ma insomma, come ci si salva? Come si riconosce un gelato fatto con ingredienti “veri”?
Prima di tutto dal colore: provate a osservare le varie tonalità del gusto pistacchio, ad esempio. Poi la consistenza: se resta attaccato al palato o impasta la bocca, c’è qualcosa che non va. Ma per diventare esperti bisogna fare molta pratica. È come per il vino: servono tanti assaggi per imparare a conoscerlo e capire cosa ci piace. E ci vorrebbe una regolamentazione più stringente per tutelare la ricetta originale.
E un buon gelatiere da cosa si riconosce?
Per fare questo mestiere serve dedizione e fantasia. Nel panorama degli chef e dei pasticceri, i gelatieri sono considerati figli di un dio minore, come se fosse un mestiere più facile degli altri. Ma non è così. È solo appassionandosi alla materia che si imparano tecnica, segreti, dosaggi. E ci si può permettere poi di sperimentare, creando gusti unici, che ci differenzino dagli altri. Vorrei che le persone venissero da me per gustare il mio pistacchio, non solo un gelato al pistacchio. Perché lo faccio con pistacchi di Corfù, li uso interi e ci aggiungo un pizzico di sale.
Qual è il gusto di cui sei più fiero?
In questo momento il gelato all’olio extravergine d’oliva, con una spruzzata di cavolo nero e granella di pane croccante, messo in carta anche da un famoso chef in odore di stella Michelin. Ma anche del caramello salato. Per produrlo ci vado quasi in rimessa, ma si trova solo da me.
A proposito di costi: qual è il prezzo giusto di un gelato?
Se lo fai con gli ingredienti “veri”, ovvero frutta fresca, zucchero, burro, uova, latte e poco più, mettendoci anche un po’ di fantasia nei gusti, quando paghi una coppetta piccola 2 euro, non è mai caro. Anzi. Ci vuole tempo, ci vogliono macchinari, ci vogliono anche le persone giuste per produrre un gelato artigianale di qualità. E ci sono materie prime più care di altre. Basti pensare ai pinoli o ai pistacchi, che paghi da 40 a 60 euro al chilo.
Parlando di personale, hai molta richiesta per lavorare con te?
Si presentano in molti per fare un tirocinio e imparare un mestiere. Però per lavorare insieme ci vuole fiducia reciproca. Confesso che il mio sogno è quello di avviare un programma di insegnamento destinato alle scuole alberghiere d’Italia. Una delle esperienze che mi ha toccato di più è stata il progetto di formazione nel carcere minorile di Firenze. Alcuni dei ragazzi che hanno frequentato le lezioni oggi lavorano come gelatieri.
Come Associazione Gelatieri Fiorentini organizzate spesso corsi di formazione?
Ogni mese comincia un nuovo corso. Le lezioni alternano teoria e pratica e il fatto che siano tenute da persone che esercitano davvero questo mestiere dà qualcosa in più al percorso. Formiamo al massimo 12 persone alla volta, proprio per mantenere un rapporto il più diretto possibile tra insegnanti e studenti. Che non sono solo giovani. Poi ci sono i corsi brevi, rivolti per lo più a stranieri, che teniamo a Firenze e all’estero, per diffondere la cultura del gelato artigianale. Una volta ho avuto come “allieva” la numero due di Facebook, il braccio destro di Zuckerberg e tutt’ora ogni tanto mi scrive per avere qualche consiglio.
È un mestiere che consiglieresti ai giovani?
Assolutamente sì. C’è ancora molto margine per questo lavoro, soprattutto se si ha voglia di andare all’estero.
ENGLISH VERSION>>>>
Ice-cream is not the same for everyone. This is Vetulio Bondi’s axiom that gave the title also to his book, recently published by an independent publisher. Vetulio, master ice-cream maker for 30 years, is very direct: «There is a distorted idea of ice-cream by which we always want a soft, not too cold and velvety ice-cream. But this is not the traditional artisanal recipe». If you think that the “distortion of ice-cream” is only a foreign matter, you’re wrong. In Italy and in Florence, too, we are the inventors of ice-cream but also the first to make mistakes. «85% of the artisanal ice-cream makers use prepared products» affirms Vetulio Bondi. «They can do it because the Italian law allows it». When you eat an ice-cream and it lies on your stomach it’s maybe because there is something added inside it, like palm oil for example, used to make it creamy.
How can we recognise an ice-cream made with “real” ingredients?
First of all from the colour: think about the different tones of pistachio. Then consistency: if it sticks to the palate, there is something wrong. But it’s not easy. There should be a more strict regulation to protect the original recipe.
And how can we recognise a good ice-cream maker?
To make this work you need dedication and fantasy. Ice-cream makers are considered inferior to chefs. A good ice-cream maker must have passion, be free of experimenting and creating original and unique tastes. I would like people to come here and taste my pistachio, I make it with Corfù pistachios and I add some salt.
What’s the taste you are most proud of?
Olive oil with a spray of black cabbage and crunchy bread grain. A famous chef inserted it in his menu. But also salted caramel, in order to produce it I take a loss, but I’m the only one to make it.
What’s the right price for an ice-cream?
If you make it with “real” ingredients like butter, fresh fruit, sugar, eggs, milk and nothing else, 2 € for a cup is never expensive. It takes time, machines, the right people to make a quality artisanal ice-cream.
Are there a lot of people who want to work with you?
A lot of people want to make an internship or simply learn the job but I need to trust my colleagues. My dream is to organize a class for the Italian hospitality training institutes. One of the most touching experience, for me, has been the one in the juvenile prison. Now some of them work as ice-cream makers.
Does the Florentine Ice-Cream Makers Association organize classes?
Once a month a new class starts. Classes alternates theory and practice. There must be a maximum of 12 people in order to keep a more direct relationship. There are also shorter classes, addressed mainly to foreign people. Once also Zuckerberg’s right hand-woman came to our class, and she still now writes to me in order to have some advice.
Would you recommend your job to young people?
Absolutely yes.
Testo di Francesca Puliti
Foto di Vetulio Bondi