Il Liberty a Firenze, per mano di due grandi artisti.

Si il Liberty a Firenze, come in gran parte della Toscana, ha avuto una notevole importanza, scopriamo per merito di chi e come.

 
Serve solo spostare lo sguardo e armarsi di curiosità per scorgere capolavori architettonici e artistici che hanno caratterizzato i primi anni del Novecento fiorentino e che hanno inaugurato a tutti gli effetti la stagione del Liberty a Firenze e in Toscana; ad esempio uscendo dalla libreria Feltrinelli Red in piazza della Repubblica, sulla sinistra si erge Palazzo Pola e Todescan, un’architettura di stampo ottocentesco ma con decorazioni in ferro e ceramica che richiamano le forme sinuose del Liberty. 

In me era sempre più maturata la volontà di fare un’arte decorativa più di impegno di quella che io ritenevo buona ginnastica […]

Le parole usate da Galileo Chini, artista fiorentino, per esprimere il suo urgente desiderio di fare un’arte più impegnativa, aprono uno scenario inedito e raffinato del primo Novecento a chi passeggia per le strade; la città dell’arte per definizione, Firenze, la culla del Rinascimento, non è solo la patria di Michelangelo Buonarroti e dei più grandi artisti che nel Cinquecento la resero unica. Filippo Brunelleschi donò un simbolo eterno a Firenze, la cupola del Duomo, che spicca tra le strette vie del centro, visibile per chi si avvicina dalle strade extraurbane e presente in ogni souvenir venduto alla bancherelle; ma quest’opera si è trasformata in un’eredità a volte un po’ ingombrante che getta ombra sulle opere artistiche successive.
Il Liberty a Firenze trovò espressione nell’architettura, nella ceramica, nella pittura e nella scultura, legandosi al concetto di “Arts and Crafts”, un movimento artistico di tardo Ottocento che andava contro la predominante industrializzazione degli oggetti a favore della manualità dell’artista e dell’artigiano.
È così che a Firenze due forti personalità declinano con raffinatezza e capacità innovative l’Art Nouveau, costellando la mappa della città, ma non solo, di capolavori unici ed eleganti: Giovanni Michelazzi e Galileo Chini.
Giovanni Michelazzi fu un architetto di straordinaria capacità di cui si ha scarsa memoria a causa della demolizione di alcune opere tra gli anni Cinquanta e Sessanta; grazie a studi recenti la sua personale attività è stata definita tra le più importanti di questi periodo a Firenze.

Oggi sono sparsi per la città alcuni villini da lui progettati e a pochi metri dalla chiesa di Borgo Ognissanti sorge il suo capolavoro Casa-galleria Vichi, una costruzione che si erge in tutta la sua monumentalità di pietra, vetro e acciaio, affascinante per chi la guarda grazie alla decorazione esterna di aquile e dragoni, quest’ultimo marchio ricorrente nella produzione di Michelazzi.
Di qualche anno più giovane è invece Galileo Chini, artista poliedrico, estroso e molto attivo per una parte della sua vita in Siam, l’odierna Thailandia, presso la corte di re Chulalonkorn Rama V dove imparò lo stile più orientaleggiante dell’Art Nouveau. 
Pittore, restauratore e anche ceramista, insieme ad alcuni amici fondò la manifattura delle ceramiche di Borgo san Lorenzo, il cui marchio era la melagrana, simbolo di fecondità per l’uomo e produttività per l’artista-artigiano. Nelle sue ceramiche cercò di riprodurre le iridescenze del vetro nel disegno di piante, fiori e figure che, intrecciandosi, formano quasi un unico oggetto; il suo stile decorativo floreale e vivace conquistò non solo i mercati europei ma anche quelli statunitensi come Tiffany a New York.
Le sue opere sono oggi visibili in Versilia, nel Mugello, alle terme di Montecatini mentre a Firenze le sue ceramiche decorano alcune ville ideate da Michelazzi.
Definito il Klimt italiano, non raggiunse mai la grande fama internazionale del collega austriaco, ma la sua arte accompagnata al disegno di Michelazzi, ha tracciato un percorso a Firenze che costituisce una passeggiata alternativa e interessante per le strade della città che molto presto vi porteremo a scoprire…
Articolo a cura di Valeria Cobianchi
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