40 abitanti, ben due ristoranti stellati. L’isola felice di Villa a Sesta (Castelnuovo Berardenga) rappresenta forse un unicum della ristorazione nostrana e internazionale: ce lo siamo fatti raccontare dai suoi proprietari Senio Venturi ed Elisa Bianchini.
È una calda giornata di inizio primavera e, dopo circa un’ora di auto, ci ritroviamo in un piccolo e antico borgo nel cuore del Chianti. Proprio qui, ormai 11 anni fa, Senio Venturi e la sua socia nella vita e nel lavoro Elisa Bianchini hanno coronato il loro sogno più grande: aprire “L’Asinello”. Perché questo nome? Vi potreste subito chiedere incuriositi. Semplice, perché questi locali ospitavano una vecchia stalla, che i due ristoratori hanno completamente restaurato per dare vita a un ristorante dall’arredamento caldo e ricercato, capace di raccontare già a un primo colpo d’occhio il territorio bucolico e pieno di storia che lo circonda.
A guidare la cucina troviamo Senio, senese classe 1978 che – al pari di sua moglie Elisa – annovera nel suo curriculum esperienze in alcuni dei ristoranti più riconosciuti d’Italia. La sua prima volta in una cucina d’autore è stata a “Casa Vissani”, a Baschi. A seguire due tappe formative e importanti per entrambi, sotto la guida dello chef Riccardo Agostini: prima al “Povero Diavolo” per due anni a Torriana e poi a “Il Piastrino” a Pennabilli per tre anni. E ancora: un anno all’”Acero Rosso” di Rimini con Fabio Rossi. Un percorso di formazione culminato nel 2011, l’anno della tanto attesa apertura in proprio con l’obiettivo di dimostrare al mondo della ristorazione che l’“abito non fa il monaco”. O meglio, in termini di cucina, che si può costruire una solida realtà anche lontano da grandi città, hotel di lusso o rooftop mozzafiato.
Da “L’Asinello”, insignito di una stella Michelin nel 2019 e ed entrato al 28° posto nella classifica 50 Top Italy l’anno successivo, per poi arrivare alla 18ª per 50 Top Italy 2022, la parola d’ordine è una e una sola: territorio. Il filo conduttore di questa passeggiata culinaria nel verde è infatti una Toscana dinamica, sincera e schietta. Semplice, ma non banale. Genuina, ma non per questo povera di contaminazioni e tocchi moderni. I piatti di Senio presentano elementi della memoria senese, con spunti contemporanei che portano il palato fuori dai classici schemi di un ristorante della tradizione, proiettandolo verso una studiata cucina d’autore. Lo scopriamo appena arrivati, quando nell’intimo giardino veniamo accolti da una tripla amuse-bouche a base di Uovo di quaglia marinato alla salsa di soia, ricotta e bottarga, Paris Brest con caciotta fresca e fave e Patè di fegatini e caffè, oltre a un assaggio di Tarese del Valdarno Sani con una bollicina in accompagnamento.
L’anima de “L’Asinello” è facile da cogliere. È quella tipica dei piccoli paesi di campagna, dove il rapporto è diretto e amichevole perché ci si conosce da sempre (impossibile non accada in un paesino di appena 40 abitanti), seppur con un servizio puntuale e organizzato. Le proposte variano invece a seconda delle stagioni, con un lavoro quotidiano di foraging e ricerca delle materie prime da parte dello stesso chef nelle campagne circostanti. Un atto d’amore verso le terre che lo ospitano, come ci ha raccontato Senio a margine della nostra degustazione: “L’Asinello è la nostra casa. Siamo arrivati a Villa a Sesta per caso, dopo aver girato e lavorato in vari ristoranti importanti Italiani. Aprire qua è stata una scelta di cuore. Io e mia moglie Elisa ci siamo innamorati della struttura e abbiamo deciso – forse anche con un velo di incoscienza – che questo sarebbe diventato il nostro mondo”.
Un mondo di sapori armoniosi e ricercati, intrinsecamente legati alla natura. Tartare di manzo, salsa di prugne, insalata arrostita e gel di mandarino e Quaglia ripiena di fegato grasso, macedonia di nespole e taccole precedono quindi due primi quali i Ravioli di parmigiano, peperone, kumquat e fagiolini confit e gli Gnocchetti alle ortiche, fondo di cacciagione, cinghiale e funghi prugnoli, per poi proseguire con un secondo a base di Agnello alla brace, rapi, animelle e carciofi. Solo un “assaggio”, questo, della ricca proposta de “L’Asinello”, ristorante in grado di spaziare con gli stessi risultati fra portate vegetariane, pasta fresca e succose carni alla brace.
“Cerchiamo di fare un lavoro basato sulla grande cura, senza scendere in formalismi estremi”, spiega la regina della sala Elisa. “Vogliamo instaurare un rapporto diretto e concreto con chi si siede alla nostra tavola. Chi sceglie L’Asinello deve essere libero di vivere l’esperienza senza oppressioni, come quando vai a trovare gli amici”. Ma ciò non significa certo non ritrovare la qualità e i dettagli di un ristorante stellato che si rispetti, a partire dalla carta dei vini: sono 200 le etichette presentate da Elisa ai clienti locali o stranieri che ogni giorno si affidano alle sue conoscenze per degustare (o scoprire) referenze del territorio, ma anche extra regionali e nazionali. Nel nostro caso, in abbinamento ai piatti, abbiamo provato rispettivamente una Bollamatta, Bibi Graetz – Spumante Brut Rosè – Toscana, un Pecorino Don Carlino, De Fermo – Abruzzo (connubio perfetto coi ravioli), un Toscana IGT Donesco 2018 – Toscana e un Jurançon Les Grains de Copains, Camin Larredya – Francia.
La ciliegina sulla torta? Un tris di dessert che prevede Torta di ricotta e fragole, Sfera al caffè e biancomangiare e Semifreddo di pera, crema di latte di mandorla e salsa di corbezzoli (senza lattosio). Prima di una suggestiva box con l’immancabile petit patisserie, ultima coccola nei confronti di un ospite che a “L’Asinello” viene messo in primo piano da quando si siede a tavola fino a quando se ne va. Felice e pieno, nella pancia, negli occhi e nell’anima.
Foto di Andrea Di Lorenzo