Da ex monastero fiorentino dove trovò sepoltura Lisa Gherardini, colei che si dice sia stata la Monna Lisa di Leonardo Da Vinci, a futuro Museo di Sant’Orsola.
Il complesso è al centro di un imponente piano di rigenerazione a cura del gruppo francese Artea/Storia, che si concluderà nel 2025 con l’inaugurazione di un museo, gestito da una fondazione senza scopo di lucro, atelier per artisti, botteghe di alto artigianato, spazi dedicati alla formazione e al co-working, una foresteria, un caffè letterario, un ristorante.
Sant’Orsola è un luogo profondamente radicato nella storia di Firenze, rimasto inaccessibile per quattro decenni dopo aver subito plurime trasformazioni e adattamenti d’uso: il monastero rimase in uso fino al 1810, quando fu espropriato dalle truppe di Napoleone. Iniziò allora la dispersione del patrimonio storico-artistico di Sant’Orsola. Convertito in Manifattura Tabacchi dal 1818 al 1940, poi in centro di ricovero per sfollati dopo la Seconda Guerra Mondiale, fu infine assegnato negli anni ’80 alla Guardia di Finanza per trasformarlo in caserma, ma il progetto cominciato venne presto abbandonato.
Da allora, il complesso, ricoperto di cemento armato, è rimasto chiuso in una gabbia di ponteggi e solo eccezionalmente aperto in occasione di alcuni eventi culturali straordinari. Nel 2020 l’approvazione da parte della Città Metropolitana di Firenze del progetto di riqualificazione proposto dalla società francese Artea, trasformerà ancora una volta l’ex monastero, per farlo diventare luogo di cultura e incontri, spazio polifunzionale permeabile alla città e aperto al quartiere, ai residenti e ai cittadini temporanei. Come ha spiegato Philippe Baudry, Amministratore delegato di Artea, infatti: “nel rispetto delle sue tradizioni, Artea, con la sua filiale Storia, si impegnerà a ripristinare il complesso di Sant’Orsola. Ha ideato un progetto unico, che propone una pluralità di servizi e di attività, sapendo valorizzare le specificità del luogo e del suo passato e inscrivendolo allo stesso tempo nella modernità, segnando così una nuova tappa nella sua storia. Questa visione ci permetterà di offrire domani a studenti, artigiani e artisti un luogo che ispira, propizio alle sperimentazioni e all’apprendimento. I lavori di riqualifica permetteranno a Sant’Orsola di partecipare alla vita del quartiere di San Lorenzo, nel cuore di Firenze, e di offrire ai fiorentini, come a tutti i visitatori, un luogo di vita e di esperienze singolari”.
Il nuovo museo
Il Museo Sant’Orsola intende reintegrare e valorizzare l’antica collezione del convento, facendo tornare “a casa” alcune delle opere storiche, e al tempo stesso promuovere gli artisti contemporanei, attraverso residenze, mostre temporanee e l’avvio di una nuova collezione che guardi a nuove forme d’arte. Una vocazione già svelata attraverso la prima mostra svoltasi lo scorso giugno, quando gli spazi -messi in sicurezza- sono stati aperti al pubblico per la mostra “Oltre le mura di Sant’Orsola” (di cui vi avevamo parlato qui), con le opere degli artisti contemporanei Sophia Kisielewska-Dunbar e Alberto Ruce, che si è rivelata un successo oltre le aspettative: più di 6mila visitatori e oltre 50 visite guidate durante i 20 giorni di apertura. In mostra il trittico dipinto ad olio su tela Sophia Kisielewska-Dunbar che si è basata sulle pale d’altare che anticamente si trovavano nel convento ed in altre raccolte storiche fiorentine, per immaginare una contro-narrazione al femminile.
Nei suoi lavori, Alberto Ruce ha invece coinvolto le donne del quartiere come modelle per murales e opere su tela ispirate alla parte finale della vita di Lisa Gherardini, che tra queste mura fu accudita dalla figlia monaca. L’essenza effimera del progetto, inoltre, ha portato l’artista a sperimentare la lavorazione della cera, materiale mutevole e metamorfico, così come gli spazi di Sant’Orsola in corso di restauro.
La curatrice, responsabile dei progetti artistici e culturali per il gruppo Artea/Storia e del futuro museo, è la giovanissima Morgane Lucquet Laforgue, nata a Strasburgo, classe 1990. Nonostante le sua giovanissima età ha già lavorato a Parigi al Mobilier National (Ministero della Cultura) come responsabile di collezioni e ha insegnato alla scuola del Louvre. Ha già curato importante mostre in Francia ma anche a Buenos Aires ed è anche co-autrice del film documentario Raffaello e gli Arazzi prodotto da Mobilier National, Galleria Nazionale delle Marche e Musei Vaticani. L’abbiamo incontrata per farle alcune domande su ciò che attende Sant’Orsola e sui possibili nuovi punti d’incontro che questo luogo ha da offrire sotto la sua direzione.
Sant’Orsola ha vissuto mille vite: prima monastero, poi Manifattura Tabacchi, poi centro d’accoglienza e infine acquisito dalla Guardia di Finanza ma mai utilizzato per poi essere lasciato a 40 anni di abbandono. Adesso cosa si prospetta per il futuro di Sant’Orsola?
L’antico convento di Sant’Orsola di proprietà della Città metropolitana di Firenze andrà in concessione per i prossimi 50 anni al gruppo francese Artea, che investirà più di 32 milioni nei futuri lavori di riqualifica di questo immenso complesso che si estende su più di 17000 metri quadri. Artea, attraverso la sua filiale culturale STORIA, ha ideato un progetto unico che propone una pluralità di servizi e di attività. Un vero luogo di vita e di esperienze singolari, per i fiorentini ma anche i visitatori di passaggio. Si prospetta quindi per il futuro di Sant’Orsola, al termine dei lavori di ripristino, una vera apertura verso la città. Nel frattempo, come è già stato il caso grazie alla prima mostra del futuro museo sant’Orsola (Oltre le mura di Sant’Orsola, 1° giugno -2 luglio 2023, riaperta dal 2 settembre al 1° ottobre 2023) il complesso aprirà al pubblico in maniera parziale e temporanea in diversi momenti del cantiere per eventi artistici e culturali. Una seconda mostra è già prevista per la primavera 2024.
Sant’Orsola si prospetta essere un luogo di cultura e incontri, spazio polifunzionale permeabile alla città e aperto al quartiere e ai residenti. Cosa porterà ai fiorentini questo nuovo spazio?
Con il suo chiostro e i suoi cortili interni, il complesso sarà uno spazio attraversabile da chiunque. All’interno si troveranno botteghe di artigiani d’arte, studi di artisti, un caffè libreria/biblioteca, ristoranti, spazi di co-working e formazione, una ludoteca ecc…Vi si trasferirà pure una scuola superiore (di arte e/o design) già esistente a Firenze. Diventerà quindi una piccola città aperta sulla città, un luogo dove lavoreranno dei fiorentini, dove si potrà studiare, imparare, passare del tempo. Parteciperà alla rigenerazione e all’animazione del quartiere storico di San Lorenzo. Diverse associazioni fiorentine e del quartiere, così come altre realtà locali (la compagnia teatrale Murmuris ad esempio) hanno già organizzato di recente, con la collaborazione di Artea, eventi culturali nell’ambito della prima mostra del futuro museo. La mostra, come gli altri eventi culturali, ha attirato numerosissimi visitatori, principalmente fiorentini che da anni aspettavano il risveglio di questo spicchio di città. Tant’è che abbiamo riaperto a settembre in via straordinaria perché ricevevamo continuamente richieste di visita.
Il futuro Museo Sant’Orsola intende reintegrare e valorizzare l’antica collezione del convento, facendo tornare “a casa” alcune delle opere storiche. Qual è la storia artistica del complesso e quali opere possiamo sperare di veder tornare nel loro luogo d’origine?
L’antico monastero fu fondato all’inizio del Trecento come un umile convento di suore benedettine che poi passò alle francescane nel 1435. Con l’avanzare degli anni, l’edificio subì vari ampliamenti, trasformazioni e arricchimenti, come ad esempio il rifacimento in stile barocco della prima chiesa agli inizi del Seicento, con la commissione di tre grandissime pale d’altare. Una di queste tre è ancora superstite ed è conservata in un deposito della Direzione Regionale dei Musei della Toscana. Non è mai stata vista dal pubblico ed è in cattivo stato di conservazione. Una delle iniziative del futuro museo sarà di trovare finanziamenti per poter restaurare questa pala d’altare e richiedere poi il suo deposito. Grazie ad una fortunata coincidenza il museo sarà situato nell’antica chiesa del convento e la pala d’altare potrebbe quindi essere esposta più o meno precisamente dov’era conservata nel passato.
La dispersione del patrimonio storico-artistico di Sant’Orsola è iniziata infatti quando nel 1810 un editto emanato da Napoleone mise un termine definitivo alla sua funzione di convento. Le religiose erano già state spostate prima, quando nel 1797 il Generale Bonaparte (all’epoca non ancora imperatore Napoleone I) prese possesso dell’intero convento e vi installò il suo esercito. Diverse altre opere si trovano ancora a Firenze o nei suoi dintorni, alcuni potrebbero tornare, in prestito o in deposito, grazie a delle convenzioni da passare con le entità che le custodiscono (musei, Soprintendenza, istanze ecclesiastiche…), altre però, troppo pesanti e fragili da muovere, o ormai storicizzate in altri musei da troppo tempo, rimarranno dove sono. Sarà il caso delle tre terrecotte invetriate dei Della Robbia e dei Buglioni, conservate presso il museo Nazionale del Bargello e esposte da anni nel loro percorso permanente.
Il futuro Museo intende anche promuovere gli artisti contemporanei, attraverso residenze, mostre temporanee e l’avvio di una nuova collezione che guardi a nuove forme d’arte. Può dirci qualcosa di più di questo ambizioso programma?
La fondazione d’arte senza scopo di lucro che verrà creata per gestire il museo avrà anche come scopo quello di promuovere la creazione artistica odierna e di costituire une propria collezione d’arte contemporanea per il museo Sant’Orsola. La creazione e l’arricchimento di questa collezione avverrà tramite specifiche commissioni artistiche : un’antica tradizione, all’origine dei più grandi capolavori della città del Rinascimento. Per aiutare i talenti emergenti a farsi scoprire è stato avviato, sin dal 2022, un programma di residenze artistiche. Sophia Kisielewska-Dunbar ad esempio, è stata la nostra prima artista in residenza : il frutto della sua ricerca artistica a sant’Orsola, un monumentale trittico, è stato immaginato durante la sua permanenza fiorentina ma è poi stato dipinto nel suo atelier londinese. A breve verrà acquistato ufficialmente per il museo, insieme a studi ed opere preparatorie realizzati durante la sua residenza artistica. I primi due artisti coinvolti, chiamati a partecipare a due progetti diversi (la residenza per Sophia K-D e il progetto « museo effimero » per Alberto Ruce) sono stati esposti insieme perché avevano un punto di partenza in comune: raccontare delle storie di vita dimenticate, parlare delle donne che un giorno hanno vissuto entro le mura di Sant’Orsola. Per fare ciò ciascun artista ha tuttavia ancorato la sua riflessione nell’oggi. Non ha senso sennò chiamare artisti contemporanei per guardare solo al passato.
Tra i futuri spazi previsti nel complesso ci sono in primis un museo e atelier per artisti. Questi due spazi dialogheranno? E se sì, in che modo?
Si certamente. Ci sarà sempre un atelier destinato proprio al programma di residenze del museo. L’idea è che le opere concepite e/o ideate dagli artisti in residenza vengano esposte durante una mostra temporanea e che poi vengano (tutte o parte) acquistate per il museo. Per quel che riguarda gli altri atelier di artisti e/o botteghe di artigiani d’arte l’idea sarebbe di facilitare le connessioni e gli scambi con il museo.
Che ne pensa del dialogo tra antico e contemporaneo?
Istaurare un dialogo tra passato presente è proprio il filo conduttore del futuro discorso museale e delle prossime mostre. Spiegare elementi del passato attraverso l’arte contemporanea. Rievocare il patrimonio antico perso, sparso, frammentario di Sant’Orsola attraverso lo sguardo di un’ artista contemporaneo, con i suoi propri mezzi di espressione, invitare artisti a riflettere su ciò che non c’è mai stato ma che avrebbe potuto, o dovuto, esserci. Quando il percorso permanente del museo aprirà nella zona dello scavo archeologico saranno messi in corrispondenza l’arte antica e l’arte contemporanea. Il trittico di Sophia Kisielewska-Dunbar ad esempio è stato concepito per essere esposto di fronte all’antica pala d’altare, il martirio di Sant’Orsola di Bartolomeo Salvestrini (dipinta attorno al 1620) attualmente in un deposito statale. Le tre tele di Sophia misurano la stessa altezza del dipinto del Salvestrini. Oltre ad essere un’opera potente e significativa in se, nel futuro museo questo trittico rivestirà anche una nuova funzione, più pedagogica. Permetterà di dare nuove informazioni sull’opera antica, invitando il visitatore ad interrogarsi su alcuni aspetti dell’opera antica (nel suo caso: per chi era destinato l’opera antica, che messaggio veicolava e soprattutto cosa potevano sentire le religiose di fronte ad un’immagine del genere?).
Lei ritiene che l’eredità del rinascimento penalizzi in qualche modo lo sviluppo e la diffusione dell’arte contemporanea a Firenze? E che ruolo può giocare il museo di Sant’Orsola in questo contesto?
Sicuramente la maggior parte delle persone di passaggio a Firenze, quelle che vanno a visitare i magnifici musei e i monumenti storici non si recano nella culla del Rinascimento per scoprire anche la scena artistica contemporanea. Secondo il Rapporto musei della Toscana 2022, l’8% dei musei fiorentini sono dedicati all’arte contemporanea e solo l’1% dei visitatori dei musei fiorentini si interessa all’arte contemporanea (queste cifre però non prendono in considerazione le mostre d’arte contemporanea o le gallerie private). Sarà una sfida per il futuro museo Sant’Orsola trovare il suo posto giusto nel tessuto culturale della città. Penso che la forza del museo sarà proprio questo dialogo continuo tra passato e presente, tra arte antica arte e arte contemporanea. Secondo me, che sono una storica dell’arte antica, appassionata del Quattrocento e del Cinquecento, prima di essere una curatrice di arte contemporanea, questa eredità del Rinascimento è insormontabile. Insormontabile però come lo era l’arte greca per i più grandi artisti del Rinascimento. Loro hanno sempre guardato all’arte del passato, non vuole dire che non siano riusciti a creare delle opere strepitose. Secondo me Firenze è un luogo meraviglioso per un artista contemporaneo. Lo può spingere a perfezionarsi, a confrontarsi, a superare se stesso.
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