La street art nella rigenerazione urbana

Basik-Run-Rovezzano-Firenze

Il recupero di un tessuto cittadino attraverso l’arte deve accompagnarsi con l’offerta di servizi e spazi socio-culturali per chi vi abita.

Oggi la rigenerazione urbana attraverso la street art sembra essere diventata una moda. Come se gli artisti fossero una specie di curatori onnipotenti dei disastri causati negli anni da altre categorie, quelle politiche, professionali o burocratiche che hanno gestito le città. Dico questo nella duplice veste di ex-amministratore, collezionista e studioso-curioso ormai ventennale di writing e street art.

Certo che sono più che favorevole al recupero di aree degradate attraverso committenze agli artisti, curo io stesso dei progetti in alcune città italiane, come ad esempio BINARIO10 a Viareggio. Ma trovo che non abbia senso dipingere un muro, per quanto bello, se poi quell’opera viene lasciata da sola, quindi fine a se stessa. Non ha senso chiamare Ache77 o Exit/Enter – tanto per rimanere su artisti noti a tutti a Firenze – se poi c’è il nulla intorno. Non è razionale spargere a caso in un territorio una serie di opere, spesso di notevole valore. Ha invece una sua logica se fa parte di un vero progetto di rigenerazione urbana, che passa attraverso il recupero di una parte del tessuto cittadino insieme con l’offerta di servizi e di spazi culturali, ludici, sociali e aggregativi per chi vi abita. In tal caso la street art diventa un valore aggiunto.     

Senza scomodare New York, Londra o Parigi, gli esempi italiani non mancano. Penso al Vicolo della Cultura al rione Sanità di Napoli e al progetto della Rome University of Fine Arts nel quartiere San Lorenzo a Roma. E infine Lo Stato dei Luoghi, la rete nazionale di attivatori di luoghi e spazi rigenerati a base culturale.

Programmi globali che hanno come scopo primario quello di migliorare la vivibilità di quei luoghi. Ci sono poi altri aspetti che dovrebbero tenere ben presenti gli amministratori che vogliono fare rigenerazione urbana attraverso quest’arte. Mi limiterò a citarne due, per me i più importanti. 

Il primo è sicuramente quello della qualità. Spesso si chiamano i writers con l’idea di fare bella figura spendendo poco. Sbagliato. Dove sta scritto che questi artisti debbano essere sottopagati? Certo, come gli sportivi o i cantanti anche loro possono partecipare talvolta gratuitamente a un progetto per uno scopo nobile, ma non è che debbano per tutta la vita farlo gratis. E se uno è bravo, va pagato. Sempre che si voglia alzare il livello di questo genere di progetti, che non possono prescindere dalla qualità quando si vuole fare una rigenerazione di qualità. 

Il secondo è la libertà di espressione, per me un bene primario anche in campo artistico. Per principio, né da Assessore alla Cultura, né da curatore di un progetto, mi sono mai rivolto a un “maestro” dicendogli: «Deve farmi questo, in queste dimensioni e con questi colori». Queste sono le direttive che si danno a un imbianchino, mestiere più che nobile, ma che ha altri scopi rispetto a quelli di chi fa arte. Posso orientare il tema di un progetto, ma poi è l’artista che deve produrre quello che la sua sensibilità e le sue capacità gli suggeriscono di fare. Perché, nel caso dei writers, se uno fa delle inseminazioni notturne, è per il proprio piacere, ma se c’è una committenza allora sia l’impegno sia l’appagamento sono, e debbono essere, altri.  

Ci sarebbe poi un terzo aspetto da considerare, in questo genere di operazioni, andando a toccare un tasto un po’ dolente: «il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare» di manzoniana memoria è più che mai attuale. Specialmente in tempi in cui i social, i like, i tweet purtroppo dettano il programma giornaliero in ambito politico e curatoriale, da parte di chi deve promuovere questo genere di iniziative. Ed è per questo che se l’ex Direttore degli Uffizi Antonio Natali è stato per me una lezione vivente – quando ho fatto l’Assessore alla Cultura a Montecatini Terme – oggi provo grande ammirazione per il suo successore Eike Schmidt. Ha il coraggio di proporre e portare avanti molte idee nuove, fregandosene dei detrattori della rete, ma su questo sarà magari interessante tornare la prossima volta parlando di mostre e musei aperti.   

Testo di Bruno Ialuna, insegnante di Lettere e Assessore alla Cultura a Montecatini Terme dal 2009 al 2019. Sotto il suo assessorato nasce il MO.C.A., un nuovo spazio espositivo dedicato all’arte contemporanea inaugurato nel 2012 all’interno del Palazzo comunale.

Foto di Cosimo Lombardelli