Il progetto itinerante di Simone Cipriani e Matteo Ercoli che crea un ponte tra produttori e consumatori e mira a diffondere consapevolezza e sostenibilità nel mondo del food.
Tutti conosciamo il significato della parola “underground” in quanto movimento artistico e sociale diffusosi negli anni Sessanta per andare controcorrente rispetto alla cultura dell’epoca, sperimentando, innovando, reinventando e trasgredendo ciò che era considerato comune e normale. Ed è proprio questo che si propone di fare Underground, lo spin-off itinerante dello chef Simone Cipriani e del socio Matteo Ercoli. Nato nella primavera del 2003, è un progetto che funge da connettore tra aziende e destinatari finali, nell’ottica di valorizzare e sostenere realtà che possono e vogliono fare la differenza con il loro lavoro, producendo nel rispetto dell’ambiente. Una missione, sociale e non economica, per avvicinare quante più persone ai temi di sostenibilità , rigenerazione e biodiversità .
Come nasce Underground?
Il progetto Underground nasce in occasione di una visita a un nostro fornitore, Circular Farm a Scandicci. Antonio Di Giovanni produce funghi dagli scarti di caffè e parlando con lui ci siamo resi conto che il suo progetto non ha la visibilità che merita. Se vieni a mangiare nel nostro ristorante, Essenziale, anche se ti proponiamo i suoi funghi non abbiamo tempo né modo di spiegarti tutto quello che c’è dietro alla materia prima, il processo produttivo, l’idea geniale di Antonio, l’impegno, lo studio, la particolarità e complessità di questo prodotto che nasce proprio da uno scarto. Possiamo solo limitarci a raccontare che questi funghi nascono dagli scarti di caffè.
Parallelamente a questa visita che ha dato inizio al progetto, ci eravamo entrambi mossi – individualmente e senza parlarne tra di noi – nella direzione di un consumo più consapevole. Stavamo cercando di adottare uno stile di vita sicuramente più sano ma soprattutto più cosciente e dopo la visita a Circular Farm ci siamo trovati a riflettere, a renderci conto che condividevamo tanti valori simili e che volevamo fare qualcosa. Ci siamo allora chiesti come fare, nel nostro piccolo, a dare risonanza a progetti di questo tipo e la soluzione che ci è venuta in mente è portare il cliente direttamente in azienda. Il tutto partendo proprio dai nostri fornitori, come ad esempio Fattoria Triboli, che produce olio, verdure e semilavorati di verdure o Il Cavolo A Merenda, che fa tanta ricerca sulla biodiversità delle piante e ci fornisce germogli di ogni tipo.
L’idea è quindi di creare una rete, di fare da cassa di risonanza per aziende, chef e consumatori consapevoli, perché la consapevolezza è ciò che muove Underground Good Food Mood.
Come siete passati da ciò che già facevate con il vostro ristorante a questo nuovo progetto?
Siamo bombardati dalla parola “sostenibilità ” che ormai è ovunque e spesso se ne abusa e porta a quello che si chiama greenwashing, ovvero un ecologismo di facciata adottato dalle aziende per illudere il consumatore. Ma è davvero possibile essere sostenibili? Crediamo che la risposta sia no, perché anche solo creare un evento che parla di sostenibilità e cerca di essere sostenibile di fatto non lo è: devi arrivare all’evento e per muoverti userai la tua macchina o anche solo per promuovere l’incontro userai vari device tecnologici.
Possiamo però cercare di attuare delle scelte che siano più sostenibili, come ristoratori, come aziende e come clienti, e dobbiamo farlo per le generazioni presenti e future. È necessario studiare, informarsi e prendere consapevolezza. È importante scegliere consapevolmente ciò che mangiamo, come la materia viene prodotta, da dove arriva e magari iniziare anche a scegliere ingredienti diversi, capire come trattare le materie prime in maniera alternativa. Iniziamo a volerci bene, a fare delle scelte alimentari consapevoli per noi stessi, per migliorare la qualità della nostra vita e piano piano, un passo alla volta, si creerà un circolo virtuoso che farà bene al singolo, ma anche alla collettività , all’azienda che coltiva e produce in un certo modo e quindi anche al pianeta.
Come si svolgono gli eventi di Underground?
Principalmente gli eventi che organizziamo servono a far vedere cosa c’è dietro quello che comunemente siamo abituati a mangiare, le materie prime e il lavoro per produrle e che solo alla fine consumiamo. Cerchiamo di dar voce a quelle realtà che lavorano in maniera etica e sostenibile e il cui pensiero abbraccia quello che è il nostro.
Dopo un primo sopralluogo decidiamo insieme come strutturare l’evento che prevede una parte di visita all’azienda, durante la quale ai partecipanti viene spiegato il modo in cui l’azienda coltiva e produce e il perché attua certe scelte. Gli ospiti sono poi invitati a raccogliere uno o più ingredienti che vengono portati direttamente allo chef per essere cucinati. Il menù del pranzo o della cena che seguiranno è strutturato in base ai prodotti che si trovano direttamente in azienda. Spesso ci sono anche ospiti esterni con talk su un argomento in tema, così da unire più realtà e creare collegamenti anche tra aziende diverse. Ad esempio: se servono alcuni ingredienti che quella specifica azienda ospite non ha, la mettiamo in contatto con altre aziende partner: come direbbe una nonna “facciamo comunella” tra fattorie, aziende, produttori e agricoltori. Questa è la chiave di Underground.
Le aziende sono pronte ad accogliere persone e raccontarsi, ma spesso non hanno i mezzi, il modo e il tempo per farlo ed è difficile portare le persone a vivere un’esperienza a 360°, a informarsi e ad accrescere la loro consapevolezza. Underground è un modo in più per passare un giorno all’aria aperta, conoscere veramente un’azienda, arricchirsi e al tempo stesso mangiare qualcosa di buono. E magari, in un secondo momento, chi avrà partecipato all’evento presso l’azienda ospite deciderà di acquistare un loro prodotto in uno shop online o in una bottega e potrà così contribuire a creare un’economia più sostenibile e informata.Â
Cosa vi aspettate in futuro da Underground?
La forza del nostro progetto è sicuramente l’informazione, che oggigiorno è veicolata soprattutto tramite canali social ma crediamo molto anche nel passaparola. Ogni azienda ha il suo piccolo pubblico ma insieme si crea una rete e ciò che ci auguriamo è che tale coesione porti informazione e spinga a riflettere su cosa ognuno di noi può fare per cambiare una realtà che è ormai al collasso.
Sognando in grande, ci piacerebbe che questo progetto avesse un respiro molto più ampio, che fossero le aziende ad affidarsi a noi e a vederci come un tramite che possa dar loro visibilità e risonanza. Un possibile canale di comunicazione e divulgazione a cui affidarsi, una guida di educazione alimentare. Ma Underground vuole partire proprio dal quartiere limitrofo alle aziende, perché spesso chi abita nei dintorni di una data realtà magari neanche sa che esiste e solo conoscendola potrà parlarne a sua volta a sempre più persone.
Quali progetti futuri avete con Underground?
A dicembre abbiamo realizzato un evento con Orti Dipinti, un open day IN-sostenibile, una giornata con i partner che hanno partecipato agli eventi Underground tra cui vignaioli, produttori, artigiani e street food e speriamo di organizzarne presto altri per far avvicinare il consumatore al produttore ed invitarlo poi a conoscere nuove realtà .
Abbiamo poi in programma anche corsi negli Istituti Alberghieri perché, come abbiamo detto, l’informazione è fondamentale. Un punto chiave del manifesto Underground è che volersi bene è un atto sociale e collettivo, perché se ti vuoi bene scegli in modo sano; ma per compiere certe scelte devi conoscere, essere informato. Solo così sarà possibile condizionare l’agricoltore, il produttore e altre persone che conosceranno il nostro progetto; solo così questa rete di contatti, di informazione e di persone che fanno bene al pianeta si allargherà . Perché, come si suole dire, il bene che fai prima o poi torna sempre indietro…