La vivacità dei teatri in città s’intreccia con la storia e l’evoluzione urbanistica. Alcune sale resistono al tempo, altre sono rinate dopo lungo letargo, altre ancora sono andate perdute per sempre.
Proviamo a fare un salto in Piazza dell’Unità. Qui, a pochi passi dalla Stazione Santa Maria Novella, si nasconde un piccolo segreto di Firenze. Complice il fatto che si trova all’altezza del primo piano di un palazzo altrimenti abbastanza anonimo, rischia di passare perennemente inosservato. Dando le spalle all’obelisco e volgendo lo sguardo verso l’Hotel Baglioni, costeggiamo la facciata e giriamo a destra, in via del Melarancio. Il primo edificio che troveremo, oggi sede di una casa per vacanze, è una palazzina giallo-ocra, dalle imposte marroni.
Alziamo lo sguardo e individueremo senz’altro uno strano stemma, raffigurante quello che all’apparenza sembrerebbe un topo in trappola, incorniciato dal motto “Chi non risica non rosica”… Siamo nell’antica sede dell’Accademia degli Arrischianti, compagnia nata nel XVIII secolo e così soprannominata – si dice – proprio per la pericolosità del teatro in cui si esibivano.
Dell’antica struttura in legno (“un casotto da burattini”) non sopravvive più nulla. L’esistenza di questo piccolo teatro si è prolungata a malapena per un secolo, finendo col venire demolita nel 1871 ed essere convertita in palazzo. Indagando sul rapporto fra Firenze e teatro, saltano agli occhi alcune ricorrenze.
Se le realtà oggi attive possono considerarsi comprese fra la ventina e la trentina, altrettante (se non di più) sono quelle che nel tempo hanno chiuso i battenti, trasformandosi in cinema, residenze private, hotel o buttate giù per i mutamenti urbanistici che hanno interessato la città fra XIX, XX e XXI secolo. La situazione attuale, mappa di Firenze alla mano, è il segnale di una serie di sommovimenti che stanno conducendo a una metamorfosi nella distribuzione dell’offerta culturale.
Antichi fari di prosa teatrale nell’area nord stanno lentamente sparendo, mentre si registrano riprese di vitalità nell’area sud e sull’asse Isolotto-Cascine-Novoli. Diverso è il discorso per il centro e per l’Oltrarno, dove antichi presidi culturali si estinguono e vecchie realtà storiche tentano di essere recuperate o aggiornate, anche se con risultati deludenti.
Il quartiere più in sofferenza, in ogni caso, risulta essere Rifredi. Oltre alla dolorosa scomparsa della Flog e alla riconversione del Palazzetto Iti al Ponte di Mezzo in centro sportivo, è chiaro che molta della vitalità della zona sia stata compromessa dalla fine del progetto “Il Buh!” e, soprattutto, dalla crisi dello storico Teatro di Rifredi, da poco sotto l’egida della Pergola e necessitante di un piano di risanamento da oltre un milione di euro.
Le attività musicali e di prosa teatrale si concentrano adesso nei circoli ARCI come la Casa del Popolo Lippi e il Nuovo Sentiero. Spostandoci in centro, troviamo invece vecchi amici e vecchissimi protagonisti riconvertiti ora in novità: da un lato i grandi (Verdi, La Pergola) e i più contenuti (Teatro del Sale), dall’altro gli affascinanti retaggi di una tradizione teatrale che affonda le sue radici nel XVII e XVIII secolo (il Niccolini).
La Gada Playhouse, situata negli ambienti di una chiesa sconsacrata vicino a Sant’Ambrogio, si sta intanto distinguendo per l’offerta sempre più ricca di laboratori e performance, capaci di calamitare un pubblico giovane. Spostandosi in Oltrarno, quindi, spicca lo storico triangolo Sala Vanni-Cango-Cestello, cui si affianca il vecchio teatro Goldoni (sede della scuola teatrale di Pierfrancesco Favino e da poco sede de Il Teatro delle Donne).
Le piccole ma dinamiche realtà del Conventino e della libreria l’Ornitorinco – entrambi a pochi passi da Piazza Tasso – non possono comunque sostituire l’afflusso che solo venti anni fa registrava l’ormai defunto Stud di San Frediano. La zona di Firenze Sud, invece, risulta abbastanza fertile e attiva, anche se quasi solo nel fine settimana. Da un lato, lo storico Glue (accanto allo stadio Franchi) si concentra oggi più sulle esibizioni musicali che sulla prosa teatrale, mentre l’Instabile e il Teatro dell’Unione Italiana dei Ciechi riescono a proporre una programmazione abbastanza vivace.
Un discorso a parte merita anche l’encomiabile progetto della compagnia Chille de la balanza, capace di riconvertire l’ex manicomio di San Salvi in un presidio culturale molto presente. Altra realtà, ancora più giovane, è quella del Lavoratorio, situato in via Lanza e attivissimo, con spettacoli che spaziano dalla musica al teatro, passando per la danza.
Fra Campo di Marte e Gavinana, come già si è osservato a Rifredi, persistono a esistere frequentatissime Case del Popolo del circuito ARCI, come lo storico Ex-Fila e il circolo Vie Nuove. Il Teatro 13, a gestione comunale, ha una programmazione limitata ma efficace, mentre resistono realtà storiche importantissime come il Teatro Reims, l’Affratellamento e il Lumière di Badia a Ripoli.
Infine, fra le Cascine e l’Isolotto, ci sono validi motivi per gioire ma anche per versare qualche lacrima di nostalgia. È un vero peccato, tanto per cominciare, che il Centro Culturale “25 aprile” di via Bronzino abbia cessato le attività teatrali (un tempo molto vivaci grazie al progetto Epicentro). Il Cantiere Florida resta a galla, così come la Casa del Popolo dell’Isolotto, mentre la programmazione estiva di Villa Strozzi e Villa Vogel riesce a smuovere un po’ le acque, in un’area che trova ancora importanti presidi nel Teatro delle Spiagge, nel Teatro del Borgo e nel Teatro della Fiaba.
La zona delle Cascine, comunque, grazie alla coesistenza di realtà giovani e vivaci, si presenta come un polo attrattivo interessante, a partire da quel Teatro del Maggio che è andato a sostituire l’antico Teatro Comunale, passando per i fari costituiti da Teatro Puccini, Parc di Fabbrica Europa, Palazzina Indiano Arte e Manifattura Tabacchi.
La storia di Firenze e dei suoi teatri è in continuo divenire, ma, ai fini di un racconto esemplificativo, conviene recuperare almeno tre o quattro casi storici che possano inquadrare certi fenomeni. Ci concentreremo brevemente sul Teatro Comunale di Corso Italia, sull’Amicizia (via Il Prato), sul Teatro Nazionale (via dei Cimatori) e sul recentemente redivivo Teatro dell’Oriuolo, situato nell’omonima e centralissima via.
Il Comunale di Firenze è stato a lungo il teatro più capiente della città, arrivando a ospitare oltre duemila spettatori tra platea, palchi, galleria, loggione e Ridotto. Nato come Arena Fiorentina all’aperto (1861), venne coperto e denominato Politeama in seguito a un devastante incendio che lo danneggiò un anno dopo. Passato più volte di proprietà, una volta acquistato dal Comune fece da sfondo alla nascita del Maggio Fiorentino (1933), cadendo poi vittima di un bombardamento nel 1944. Sottoposto a ingenti lavori di consolidamento negli anni Cinquanta, venne quindi parzialmente ricostruito dopo l’ennesimo disastro (l’alluvione del novembre 1966).
Fin dai primi anni del Duemila il vecchio Politeama è stato al centro di un’asta pubblica finalizzata alla realizzazione del nuovo Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, entrato definitivamente in attività nel 2015. A partire dal 2021, quindi, il Teatro Comunale è stato parzialmente demolito per riconvertire gli spazi in una serie di appartamenti di lusso. Completamente diversa è la storia del Teatro l’Amicizia, costituito negli anni Cinquanta come fulcro di teatro popolare e vernacolare. Ha ospitato per vari decenni la celebre compagnia di Wanda Pasquini e, negli anni Settanta, un programma televisivo di Canale 48 (“I’ Grillo Canterino”).
Col venire meno della sua principale animatrice – deceduta nel 2001 – l’Amicizia è stato dapprima affittato all’Università di Firenze per ospitare i corsi del primo anno della Facoltà di Economia. In seguito al trasferimento della stessa nel nuovo Polo di Novoli, quindi, è stato adibito a sede didattica per la Facoltà di Scienze della Formazione. Al momento l’immobile è di proprietà del circolo MCL (Movimento Cristiano Lavoratori).
Molto più antica, al contrario, è la storia del mitico Teatro Nazionale, costituito già nel 1789 come Teatro della Quarquonia. Tale curiosissimo epiteto, la cui etimologia è ancora discussa, sembrerebbe derivare dall’ospizio che vi aveva fondato Ippolito Francini nel 1650, con l’obiettivo di dare un tetto e un’educazione ai tanti ragazzini che all’epoca vivevano per strada. Il neologismo scelto per designare tale ente caritatevole, quindi, nacque dalla probabile crasi fra alcune parole latine (quare e quoniam, rispettivamente “perché” e “poiché”).
Rifondato dunque come teatro di prosa vernacolare da Gioacchino Cambiagi, è stato uno dei molteplici teatri fiorentini che hanno contribuito alla nascita di Stenterello, ultima maschera dell’antica Commedia dell’Arte italiana. Restaurato pesantemente nel 1840, si è quindi trasformato nel più decoroso Teatro Leopoldo, poi Teatro Nazionale a seguito del Risorgimento. Sede del primo congresso nazionale dei Fasci di Combattimento di Benito Mussolini (1919), dagli anni Venti agli anni Ottanta si trasformò in un omonimo cinema (le cui poltrone, a quanto pare, venivano incatenate per evitarne il furto).
Il Teatro dell’Oriuolo, invece, nacque originariamente nel 1951 come struttura lignea all’interno del cortile di Palazzo Bastogi. Già Teatro Stabile, ha costituito una realtà importantissima, per gli spettacoli di prosa, fino al 1993 (quando dovette essere chiuso per un’inadeguata impiantistica e per la presenza di amianto nella copertura). Un protocollo siglato fra Eti, Comune e Università (2002), finalizzato a un recupero degli ambienti da destinare a teatro sperimentale del Dipartimento delle Arti e dello Spettacolo, ha permesso il recupero del teatro, che nel frattempo è tornato in mano al Comune (2013) e che, dal 2019 a oggi, ha visto la realizzazione del nuovo Teatro delle Arti Visive, un polo per le rappresentazioni virtuali di arte digitale nell’ambito del progetto sulle Grandi Oblate.
Al di là, pertanto, dei segnali positivi che si registrano oggi in alcune zone della città, è indubbio che la storia dei teatri di Firenze si costituisca spesso come una storia di “ex teatri”. Gli ultimi quattro secoli di storia cittadina ne sono costellati: dall’antichissimo Teatro dell’Acqua (chiuso a fine Settecento) al mitologico Teatrino della Baldracca (uno “stanzone”, oggi all’interno del complesso degli Uffizi, adibito a sede di spettacoli comici tra il XVI e il XVII secolo), si passa per molti altri, come il Teatro dei Concordi (1675-1854), l’Alfieri (1740-1928), il Teatro dei Solleciti (1778-1887) e l’enigmatico Teatro Brendel (1850-1940).
Non ultimo, ovviamente, l’ex Accademia degli Arrischianti, in cui, a metà Ottocento, avremmo potuto ancora assistere alle controverse esibizioni di Lorenzo Cannelli, il cui Stenterello si sarebbe guadagnato il cognome “Porcacci” a causa dell’estrema volgarità nelle imprecazioni!
Foto di Jacopo Visani.