Il caffè a fine pasto è tradizione della cultura Italiana e non solo, ma forse oltre che un rito è anche un mito
Si sa, quando si parla del caffè e dei suoi effetti si pensa subito a quello stimolante: una bevanda che aiuta a svegliarsi o a recuperare le energie. Spesso è quindi associato a vari “riti”, in Italia come in ogni parte del mondo, ma se al mattino il caffè serve da sveglia e per ben cominciare la giornata, sorge spontaneo chiedersi se ci sono degli effetti benefici anche nel bere il caffè a fine pasto, magari per aiutarci a digerire, o se è solo un “mito” o meglio un “rituale”. Ed è proprio Nora Smahelova, Coffee Education Leader di Accademia del Caffè Espresso, che ci aiuta a fare chiarezza su questo aspetto.
Per molti è normale concludere un pasto bevendo un caffè, espresso o della Moka, denso, intenso e corposo, o più lungo come nel caso di un caffè americano o di un caffè filtro. In realtà, nonostante le credenze popolari, non c’è alcuna evidenza che dimostri che il caffè a fine pasto aiuti a digerire. Ciononostante viene comunque assunto dopo aver mangiato, spesso proprio dopo aver degustato un dessert, andando a spezzare e bilanciare un gusto dolce con una bevanda più amara. È però vero che il caffè contiene caffeina, una sostanza stimolante che va a contrastare la classica sensazione di sonnolenza che spesso si prova dopo i pasti, quando il corpo è impegnato nella digestione.
Ecco quindi che il caffè assume più un ruolo rituale dedicato a specifici momenti della giornata, al mettersi in moto, allo svegliarsi, al recuperare forze ed energie, legato anche alla socialità. Spesso infatti questa bevanda viene consumata sì dopo pasto, ma in compagnia. Basti pensare a pranzi e cene con familiari o amici – la cui preparazione diventa un gesto di amore per i propri ospiti – o al ristorante – quando il caffè sancisce il momento in cui ci si rilassa, ci si dedica a qualche chiacchiera ancora –, o al semplice caffè che risponde alla domanda “Ci vediamo per un caffè?” con cui ci si regala un momento di socialità e di pausa insieme ad amici o colleghi.
Quello che la maggior parte delle persone non sa, ci racconta Nora, è che ci sono diverse tipologie di caffè e di tostatura, che oltre a influire sul gusto determinano un diverso quantitativo di caffeina. Purtroppo manca ancora una vera e propria cultura del caffè, che viene ancora visto come una semplice bevanda da gustare a casa o al bar senza porsi domande sulla sua provenienza. Si potrebbe e si dovrebbe invece parlare di una “carta dei caffè”, così come si fa con la carta dei vini, dalla quale il cliente possa scegliere una specifica tipologia, magari quella che meglio si abbina ad esempio a un dolce, grazie ad aromi che si sposano con certe pietanze.
Da non molto, i ristoranti stellati hanno iniziato a proporre un menù di caffè per il fine pasto con diverse opzioni tra cui scegliere e con specifiche in cui vengono spiegati i vari profili aromatici, da dove proviene il caffè, chi è il produttore, che tipologia di tostatura ha ricevuto e quando è stato raccolto.
Per suggellare il rito e l’importanza del caffè a fine pasto, inoltre, non c’è un aroma o una tostatura più adatta, ma è semplicemente una questione di gusto o di tolleranza alla caffeina contenuta all’interno. Una miscela con più Robusta, ad esempio, conterrà più caffeina rispetto a un 100% Arabica. La pianta del Caffè Robusta, infatti, cresce più in basso rispetto a quella del Caffè Arabica e ha più caffeina perché è una forma naturale di difesa contro animali e insetti. Questo fa sì che l’aroma sia più intenso e amaro, con un profilo sensoriale più terroso, di cioccolato scuro, di nocciola. L’Arabica cresce invece più in alto, la raccolta è più difficile e presenta aromi più delicati, note acide ma fruttate e ha meno caffeina perché è meno soggetta ad essere aggredita. Il gusto del caffè, inoltre, varia ancora in base alla tostatura, che può essere chiara, media o scura e che modifica il profilo sensoriale del caffè stesso.
Proprio per la concentrazione di caffeina e per i suoi effetti stimolanti, per alcune persone non è più possibile bere caffè dopo una certa ora per problemi legati al sonno e all’addormentarsi. Ognuno di noi ha un diverso organismo e può aver bisogno di più o meno tempo per sintetizzare questa sostanza, così come in particolari periodi più intensi o stancanti l’assunzione di caffeina dopo cena, che potrebbe normalmente creare problemi, potrebbe invece non portare gli stessi effetti a cui si è abituati e non dare problemi di insonnia.
Che venga bevuto al mattino per svegliarsi, dopo i pasti per riattivarsi o con la convinzione che ci aiuti a digerire, che si scelga di bere il caffè da soli o in compagnia è chiaro che l’importanza del caffè a fine pasto sia da associarsi all’abitudine di bere il caffè e ai miti e riti che a esso si accompagnano.