La parola Kintsugi nasce dall’unione dei termini Kin (oro) e Tsugi (ricomporre) ed è l’arte giapponese, a metà tra restauro e recupero artistico, che consiste nel ricomporre oggetti di ceramica rotti tramite l’utilizzo di oro o argento liquido, per dare loro nuova vita, valorizzandone l’unicità.
Le linee che vanno ad unire i pezzi, intrecciandosi in modo del tutto casuale, creano una trama inedita e irripetibile che permette di trasformare l’oggetto rotto in una vera e propria opera d’arte. L’arte degli antichi artigiani giapponesi ci insegna a ricercare la bellezza nelle ferite in quanto parte di ciò che siamo, e ad interpretare i momenti di crisi come un processo positivo di ricostruzione.
Il Kintsugi non si fonda sulla semplice idea di recupero di un oggetto che non vogliamo buttar via; l’artigiano non intende riportare l’oggetto rotto al suo stato originario e non tenta di nasconderne le crepe come se la rottura non fosse mai avvenuta, ma fa l’esatto contrario: le evidenzia attraverso l’oro o l’argento, materiali che, oltre ad impreziosire l’oggetto, spiccano per contrasto cromatico sulla ceramica. Le cicatrici che percorrono l’oggetto sono orgogliosamente mostrate e ci raccontano la sua storia.
Il progetto
A partire dalla filosofia alla base del Kintsugi, che può offrire una potente chiave di lettura sull’attuale momento storico, che ci ha posti faccia a faccia con le nostre incertezze, imperfezioni e fragilità, nasce Kin, Il mistero della fragilità, il progetto conclusivo del Master in Management degli Eventi dello Spettacolo dell’Istituto per l’Arte e il Restauro “Palazzo Spinelli” di Firenze di un gruppo di lavoro costituito da sette allieve provenienti da percorsi di studi e background culturali diversi: Alessandra Frappampina, Anna Pesce, Chiara Ottaiano, Elena Ferrante, Elisa Broccoletti, Joel Colucci e Nicole Tammetta.
L’incontro-scontro tra molteplici prospettive ha consentito loro lo sviluppo di una proposta progettuale multidisciplinare e poliedrica. L’ideazione trae origine da una serie di spunti e riflessioni scambiate dopo una prima conoscenza solo virtuale a causa della pandemia; la condivisione delle esperienze sul periodo trascorso e sulle mancanze che da esso sono derivate, le ha spinte a dare voce ad un’esigenza comune che includesse gli interessi di ciascuna. Ulteriori spunti hanno avuto origine dal contatto con “Palazzo Spinelli”, Istituto che incentra la propria attività sul restauro, e dagli stimoli ricevuti dalla fervente attività artistica e artigianale presente nella città di Firenze.
“Questo periodo ci ha permesso di riflettere su noi stessi, sul nostro passato e sul nostro futuro. Ci piace pensare che da una frattura interiore possa avere origine qualcosa di nuovo, un sogno magari, e con la stessa ingenuità di un bambino provare ad immaginarlo sotto nuove forme senza mai arrenderci. É importante per noi iniziare a concepire questa frattura come un motore da cui ripartire senza nascondere le nostre cicatrici. Coscienti del fatto che ogni segno contribuisce a rendere unico ciascuno di noi, abbiamo trovato in questa pratica il mezzo di espressione adatto per rappresentare un forte messaggio di rinascita, di esaltazione delle peculiarità e di riappropriazione del proprio essere” – dicono le autrici del progetto.
Kin: l’evento
Dal progetto è nato un evento che avrà luogo il prossimo 21 luglio alle 20.30 presso il Chiostro del Conventino in via Giano della Bella a Firenze.
Sarà incentrato su uno spettacolo, della durata di circa trenta minuti, che ruoterà intorno alla pratica del Kintsugi restituita in chiave performativa. L’antica arte giapponese e il lavoro dell’esperta artigiana Umi Amanuma saranno il filo conduttore delle parole affidate alla lettura di Luca Pedron, attore della Compagnia I Nuovi di Firenze e si alternerà alla performance musicale del duo Sudden Rupture, composto da Davide Strangio (chitarra ed effettistica) e Eros Terzuoli (sassofono).
La partecipazione all’evento è gratuita con obbligo di prenotazione, cliccando qui entro le ore 13 di martedì 20 luglio.
Per maggiori info potete seguire le pagine social del progetto su Facebook e Instagram; potete anche sostenere il progetto con una donazione su Eppela.