Al termine dell’edizione del “Balabrunch con l’autore”, rassegna letteraria che ha visto la partecipazione di scrittori/scrittrici dell’ebraismo contemporaneo venuti a raccontarsi al pubblico, abbiamo incontrato la responsabile alla cultura Laura Forti per fare un bilancio dell’esperienza e parlare dei nuovi progetti della stagione estiva.
Assessore, come è nata questa idea?
“L’idea è nata dallo spazio del Balagan Cafè, un luogo che abbiamo scelto di aprire alla città e ai fiorentini per favorire un momento di scambio culturale e conoscenza reciproca. Complice una cornice stupenda, come quella del nostro giardino, l’atmosfera festosa e i numerosi eventi culinari e musicali che organizziamo, il programma estivo del Balagan Cafè si avvia alla sua quinta edizione.
Da questo successo, abbiamo pensato di cercare delle nuove formule che potessero funzionare anche nel periodo invernale ed è stato così che è nato il progetto del Balabrunch con l’autore: un momento di convivialità e di incontro che ha visto la partecipazione di numerosi scrittori del calibro del premio Pulitzer Michael Chabron, Shifra Horn e Lizzie Doron, solo per citarne alcuni. Gli autori presentavano sè stessi e i loro libri, rispondendo alle domande del pubblico e, in seguito, prendevano parte a un brunch preparato con i piatti tipici della nostra tradizione gastronomica”.
Come ha risposto la città? È soddisfatta del risultato?
“Devo dire che i fiorentini hanno aderito volentieri all’iniziativa: abbiamo raggiunto buoni numeri ma, ciò che più conta, è che si è mantenuto attivo e costante il dialogo tra comunità e città. Un’esperienza positiva dunque che è stata esportata anche in altri comuni toscani, grazie anche alla collaborazione con Rete Toscana Ebraica: un progetto finanziato da Regione Toscana, che coinvolge le Comunità di Firenze, Livorno, Pisa e che si propone di portare cultura ebraica in tutta la Toscana”.
Lei usa spesso la parola “cultura”, che cosa significa per lei questo termine?
“Cultura è innanzitutto definizione di identità nel rispetto delle identità altrui. Cultura è anche l’opposto di ignoranza, da cui può facilmente nascere il razzismo, la discriminazione e, non ultimo, l’antisemitismo (mai completamente sepolto). Inoltre la cultura, nel senso di educazione e conoscenza, può diminuire la paura e il terrore, sentimento che pervade i nostri giorni, abbattendo stereotipi e blocchi mentali”.
Quindi, secondo lei, fare cultura è fare politica?
“Sì, nel senso più alto del termine: la cultura contribuisce positivamente alla politica, cioè letteralmente a ‘fare il bene della polis’ della città e dei suoi abitanti. È una forma di attivismo, per incidere nella vita sociale collettiva”.
Attualmente però, il termine “cultura” è più frequentemente sostituito dal plurale “culture”, in modo da porre l’accento sull’apertura e sulla varietà. Cosa ne pensa? Quali sono i rapporti della comunità ebraica con le altre “culture” presenti sul territorio?
“Sicuramente è giusto parlare di “culture” al plurale per preservare le specificità, le differenze e le ricchezze di ognuna. Ma è solo dalla convivenza, dalla collaborazione e dallo scambio reciproco che è possibile creare un clima sereno come quello che si respira, generalmente, nella città di Firenze.
Per questo, noi come comunità ebraica, lavoriamo attivamente per coltivare le reti del dialogo, organizzando incontri, eventi e momenti di discussione sia con la città che, per esempio, con la comunità islamica con cui siamo in ottimi rapporti. Ci sono dei forti valori comuni, oltre le divergenze peculiari, su cui è importante costruire le basi.
Solo con questo lavoro costante e reciproco, che richiede un piccolo ‘sforzo’ da entrambe le parti, è possibile costruire un terreno comune per poter vivere, pacificamente, insieme. Il dialogo porta benessere a tutti, il conflitto no.
In questo senso Firenze, a differenza di altre città italiane, sembra essere un modello positivo…
Certamente, questo grazie anche al Comune e alla Regione che contribuiscono alla realizzazione delle nostre iniziative, anche se molto spesso il loro aiuto non è sufficiente. Per questo, sono sempre i cittadini a essere il nostro interlocutore e il nostro destinatario principale: è a loro e per loro che apriamo il nostro cancello e li invitiamo a conoscerci, in ‘casa’ nostra.
Un cancello che una volta, per motivi di sicurezza, era stato chiuso.
Durante gli anni ’80, in seguito all’attentato alla Sinagoga di Roma dove morì Stefano Gaj Taché e alla successiva ondata di terrore, per la paura di nuovi attacchi antisemiti, si ritenne più prudente chiuderlo. Ma, la paura blocca e non permette passi avanti. In nessuna direzione. Per questo, seppure con molte difficoltà, abbiamo deciso di aprire veramente le nostre porte e di farlo sempre di più, per favorire l’incontro anzichè lo scontro: una politica di apertura inizia proprio dal senso letterale. Aprire e aprirsi. Fisicamente e metaforicamente parlando.
Allora, in attesa del programma estivo del Balagan Cafè potrebbe darci qualche anticipazione?
“Anche quest’anno, come nelle scorse edizioni, ci saranno concerti, musica dal vivo, incontri, visite guidate alla sinagoga ma anche spazi per le famiglie e per i bambini. Collegandoci al tema del viaggio e della diaspora, che celebreremo nella giornata ebraica del 20 Settembre, abbiamo pensato di realizzare una tenda nomade dove i bambini possanno sedersi e ascoltare favole da tutto il mondo: per viaggiare con la fantasia! Inoltre non mancheranno le delizie culinarie dei nostri chef. Insomma un’occasione di conoscenza e di divertimento per tutti, nel nostro suggestivo giardino”.
Grazie e, con queste premesse, non mancheremo di partecipare!
Rita Barbieri