Forneria, a Firenze il forno-pizzeria come una volta con vista su Ponte Vecchio
Le “mani in pasta” sono quelle di Antonio Avino e Gennaro Ruggiero e il concetto di Forneria parte proprio da qui: dal gesto più semplice, primitivo e genuino, apparentemente quotidiano, ma troppo spesso dimenticato.
Aperto in punta di piedi l’estate scorsa, in via de’ Bardi 58 R, il nuovo progetto imprenditoriale con vista Ponte Vecchio di Tommaso Grasso (già proprietario del ristorante dirimpettaio Golden View) ha portato a Firenze qualcosa che mancava, che serviva, che rende omaggio al passato ma non ha paura di guardare al futuro. Merito anche dell’estro e della creatività in costante fermento di Paolo Miano, braccio destro di Tommaso che non a caso è stato scelto per guidare il concept di forno e pizzeria “come una volta”. Dopo essersi timidamente presentata al pubblico fiorentino e internazionale coi suoi pani e i suoi dolci, da intendersi nella loro versione più tradizionale, Forneria ha deciso di raddoppiare la sua offerta diventando a tutti gli effetti una pizzeria napoletana contemporanea. Le mani in pasta, in questo caso specifico, sono quelle di Antonio Avino e Gennaro Ruggiero, i due nuovi chef dell’arte bianca che hanno raccolto l’eredità del maestro panificatore abruzzese Michael Pellegrini.
Antonio, classe ’89, è un mastro panificatore campano – legato a pane e pizza per DNA – reduce da alcune esperienze nelle più rinomate pizzerie della città come Santarpia o Giotto. Con lui Gennaro, classe ’98, stesse origini partenopee e una vocazione per i panificati altrettanto innata. Tocca proprio a loro il compito di presentare a Firenze l’ambiziosa proposta di Forneria, ma soprattutto i suoi principi e i suoi valori all’insegna della trasparenza (la vetrina col forno a vista ne è un esempio piuttosto lampante), del rispetto degli ingredienti e della tradizione più autentica. Le sue pizze, i suoi panificati, i suoi dolci, ma anche i suoi vini accuratamente scelti da Miano e la sua cucina napoletana. Tutto questo con una vista unica su Ponte Vecchio.
«La nostra pizza ha un’identità contemporanea», esordisce Antonio proprio mentre sta infornando le prime teglie di una giornata che si preannuncia già lunga ma piena di vita, calore e passione. «Col termine contemporanea, oltre a impasti e cotture che si discostano da quelli tradizionali della pizza napoletana, intendo la consapevolezza e la continua voglia di migliorarsi attraverso la ricerca. Nell’ultimo periodo stiamo sperimentando molto il lievito madre, che già usavamo per pane e focacce. Per quanto riguarda la farina, preferisco non usare solo farine bianche, ma adoro le caratteristiche che riescono a trasmettere le farine integrali utilizzate in percentuali nell’impasto. Capiamoci meglio: io non miro a sfornare una pizza solamente instagrammabile, voglio un sapore schietto e diretto proprio come noi. Ma allo stesso tempo la base deve restare soffice, in grado di perdurare anche quando tende a raffreddarsi.»
Proprio così Forneria vuole andare oltre il concetto classico di pizzeria, abbracciando i lievitati a 360 gradi: dal pane alla pizza in teglia fino alla pizza al piatto. «Mi sento un artigiano, non un pizzaiolo. Il mio lavoro deve far combaciare testa e mani, rifuggendo la figura pop e inflazionata del pizzaiolo moderno per cercare di affondare invece le sue radici nel passato e nell’ancestralità delle cose. Quante volte, all’interno di una pizzeria, vediamo lo stesso prodotto toccato da tante mani diverse? Diventa davvero difficile mantenere degli standard di qualità alti se industrializzi o standardizzi il processo di produzione», prosegue il mastro pizzaiolo.
Se Antonio è l’artista che si cela dietro alla bontà delle pizze di Forneria – a proposito, fra mostri sacri e qualche interessante sfizio gourmet, non potete perdervi la rivisitazione della “Napoli” con foglie di cappero, pomodorini ciliegini, acciughe del Cantabrico e zest di limone, una versione più umami (saporita) ma anche più delicata dell’omonima pizza classica – alla preparazione del pane ci pensa Gennaro. «Mi sono formato sul campo facendo le notti in vari panifici campani», ci spiega il giovane e determinato nuovo volto di Forneria. «Ad oggi facciamo tre tipi di pane: integrale, multicereale e pane di semola. Usiamo solo lievito madre, con farine di eccellenza di tipo 1 e di tipo 0, per creare un prodotto gustoso, di facile masticazione e capace di mantenersi nel tempo. Ovviamente, tutti questi fattori lo rendono un pane leggermente più caro rispetto alla media».
Foto di Nicco Leone