Genuino.Zero ha da poco compiuto un anno! Abbiamo chiesto a Chiara Brandi, fondatrice del progetto, com’è andata l’esperienza nonostante il caos del 2020
Partiamo da qui Chiara: come è andato il primo anno di attività di Genuino.Zero?
“Bene sotto certi punti di vista, molto impegnativo sotto altri. Trovarsi a fare i primi esperimenti di attività in una situazione di lockdown – che comunque ha destabilizzato tutti – non è stato semplice, perché se da un lato è stato un grandissimo aiuto per noi -per ampliare velocemente la base di clientela e di conseguenza anche il volume di lavoro- dall’altro è arrivato tutto insieme, in un momento in cui come start-up stavamo iniziando a fare i primi passi, quindi è stato oggettivamente difficile. Però sottolineiamo i lati positivi: è andato comunque molto bene perché ci ha permesso di chiudere con un bilancio leggermente in positivo, che per un’azienda aperta da un anno non succede molto spesso. È stata dura perché a marzo sono arrivate tantissime richieste, superiori alle possibilità dei nostri produttori, quindi ci siamo dovuti riorganizzare in pochissimo tempo e capire come affrontare questa ondata.”
A proposito del periodo di lockdown e delle difficoltà che avete purtroppo trovato, quali sono stati i fattori principali che vi hanno permesso di reagire così bene a un periodo così particolarmente difficile?
“Secondo me, due cose state fondamentali per Genuino.Zero. Da un lato è che pur essendo pochi – perché siamo solo in quattro – abbiamo lavorato molto per ottimizzare la logistica, cercando di capire dove poter limitare gli errori ma anche risparmiare tempo nella preparazione delle spese, visto che abbiamo avuto molti più ordini. Dall’altro lato ci ha aiutato molto la collaborazione dei nostri partner, quindi sia i produttori stessi – ai quali abbiamo chiesto per esempio di inviare le cose già suddivise per gruppi di distribuzione, evitando di dover essere noi a perdere tempo a fare divisioni intermedie – sia chi lavora alle consegne, che hanno messo in campo più risorse e ci hanno supportato molto più rispetto al normale.”
Avete scelto trenta aziende agricole come vostri collaboratori, la cui età media è di 40 anni e che sono situate a circa 33 chilometri di distanza da Firenze. Sulla base di quali criteri è avvenuta questa selezione?
“Avevo già rapporti con alcuni di loro e sono stati scelti quelli che secondo me erano i più validi da un punto di vista qualitativo e di serietà di gestione del rapporto di lavoro. Così li ho coinvolti in questo nuovo progetto. Noi di Genuino.Zero privilegiamo i produttori che hanno una certificazione biologica, anche se non è obbligatoria; quando ci rendiamo conto che ci sono delle piccole aziende agricole che hanno produzioni naturali, rispettando i tempi della natura e degli animali, ma magari hanno scelto di non prendere la certificazione perché questa ha un costo, se valutiamo che operano bene li inseriamo. Il nostro intento è tornare alle richieste dei nostri consumatori: per esempio, abbiamo diversi clienti vegani e ci stanno chiedendo dei prodotti a base di legumi e di cereali, quindi ci siamo messi in cerca di un produttore che possa soddisfare queste nuove esigenze. Stiamo dietro a quelle che sono le richieste dei nostri clienti. Privilegiamo aziende vicine, anche perché ciò che ci differenzia dai nostri concorrenti è che per limitare in parte le nostre spese fisse come azienda, ma soprattutto per garantire l’assoluta freschezza dei prodotti, non facciamo magazzino; i produttori ricevono gli ordini e noi li raccogliamo ogni due giorni. Questo ci permette di dare un valore aggiunto a livello di freschezza e per noi è anche un abbattimento di costi importante; dall’altro lato, c’è un po’ meno flessibilità riguardo i tempi: con noi non è possibile fare la spesa oggi e riceverla domani, ti devi comunque organizzare.”
Ti aspettavi, nonostante il periodo del lockdown e tutte le complicazioni che ci possono essere state quest’anno, di riscuotere così tanto successo con l’avvio di Genuino.Zero?
“Noi ci speravamo perché abbiamo insistito tanto nella selezione dei prodotti e dei produttori. Sicuramente nei piani iniziali di Genuino.Zero avevamo previsto di crescere più lentamente, perché fino ad un anno fa a fare la spesa online era una nicchia di mercato. Ora è diventata una necessità per tanti e chi l’ha provato si è reso conto che effettivamente è molto comodo fare la spesa online, avendo la garanzia di trovare prodotti che sono quelli che si desiderano e che vengono dal tuo territorio. Non ce l’aspettavamo con questa velocità , lo speravamo, però avevamo in mente una cosa un pochino più lenta. La cosa che ci conforta molto è che anche quando i periodi di emergenza si sono un po’ allentati, come durante l’estate, molte persone che avevano provato la spesa sotto il lockdown sono tornate, quindi c’era già stata una buona ondata di fidelizzazione.”
Che cosa avete in cantiere per i prossimi mesi?
“Vorremmo consolidare il lavoro fatto. Abbiamo avuto tanti clienti che hanno fatto la spesa durante un momento di necessità ma che poi magari non tornano tutte le settimane, quindi abbiamo bisogno di centrare un po’ meglio l’offerta in modo da fidelizzare di più sia chi è già in contatto con noi, sia quelli che sono dei clienti potenziali, cioè che tutte le settimane potrebbero fare delle spese importanti. Sicuramente da gennaio lavoreremo su questo, rimanendo sulle stesse zone perché a oggi copriamo già una bella fetta di Firenze e comuni limitrofi. Poi a me piacerebbe, se la situazione lo consentirà , di portare a Firenze un momento di incontro di tutte le realtà che in Italia, come noi, stanno facendo progetti analoghi al nostro nelle altre Regioni. Se si riuscisse ad avere un momento di incontro e creare una rete potremmo cominciare a essere un po’ di più presi in considerazione.”
Come vive Genuino.Zero la propria posizione all’interno della catena della distribuzione alimentare, che è da contraltare rispetto alla grande distribuzione organizzata?
“Genuino.Zero fa parte comunque di una filiera che diventa la nostra, perché per i volumi che muove la grande distribuzione ha bisogno delle industrie, quindi le piccole aziende agricole rimangono tagliate fuori e normalmente, almeno da quello che si vede, il problema della piccola azienda agricola è che ha difficoltà a trovare un mercato per i suoi prodotti, per quanto buoni possano essere, perché i mercati veri e propri sono complicati. Serve avere persone fisse almeno mezza giornata, con l’incognita che se un giorno piove non si vende, o se un giorno fa freddo la gente non va al mercato; per non parlare di questa situazione riferita al Covid, per la quale sono stati chiusi i mercati anche per tanti mesi, e la produzione va avanti lo stesso ma non si vende nulla. Realtà come la nostra gli permettono di vendere i loro prodotti a un prezzo equo. La tendenza ad avere un’attenzione a comprare prodotti del tuo territorio è in aumento. Molti ci dicono che sì, l’idea è bella, però i prodotti sono cari, costano il doppio del supermercato; è ancora difficile capire che per avere un certo tipo di prodotto si deve pagare di più. Considera che se le nostre mele, che sono biologiche, costano 3 euro al chilo, quelle biologiche del supermercato ne costano 2,98 euro, quindi la differenza è di soli 2 centesimi; senza pensare che il biologico del supermercato è un biologico comunque intensivo, che segue una produzione industriale, mentre il nostro biologico è del contadino che ha le mele sugli alberi, le raccoglie e il giorno dopo sono sulla tavola. C’è chi comunque queste cose le capisce e arriva ad attribuirgli il valore che meritano.”