Una chiacchierata con lo chef Ilan Catola e il fotografo Francesco Morandini per capire meglio che cos’è il Food Design
Viviamo in un’epoca in cui il cibo è glamour: in TV, sulle pagine patinate dei magazine, sugli scaffali delle librerie e soprattutto sui Social spopolano fotografie di piatti meravigliosi, così belle e raffinate al punto di far venire l’acquolina in bocca solo a guardarle.
E’ incredibile come negli ultimi anni l’arte dell’impiattamento si sia evoluta così velocemente, creando così nuove discipline come il Food Design, il Food Styling e la Food Photography degne di essere oggetto di una miriade di corsi e master nelle migliori scuole di design e di cucina.
Per approfondire meglio questa fusione tra Cibo ed Estetica abbiamo incontrato lo chef Ilan Catola, collaboratore della scuola Lorenzo dei Medici di Firenze, accompagnato dal fotografo Francesco Morandini che ci hanno spiegato la loro idea di Food Design.
Nasce prima il piatto o l’idea del suo allestimento?
Alla base di tutto c’è l’idea dell’immagine che si vuole comunicare. Di solito si parte dai colori e in base a questi capiamo che tipologia di alimento possiamo utilizzare e come possono stare bene insieme. Poi viene fatta la bozza con una struttura studiata e disegnata su carta, un vero e proprio bozzetto.
I colori hanno un’importanza fondamentale perché se le tonalità degli alimenti sono vive nel piatto non solo sono belle da vedere ma significa anche che hanno mantenuto tutte le loro caratteristiche e le loro proprietà.
Il piatto deve essere bello con i colori reali dell’alimento, specialmente per quanto riguarda i vegetali e il pesce.
La forma segue il gusto o può accadere il contrario?
IC: Tendenzialmente il gusto può seguire la forma e la forma può seguire il gusto. Un piatto però è un qualcosa attraverso il quale lo chef comunica un’emozione. Ragione per cui non si tratta solo della realizzazione di uno studio fatto a monte su carta. Il piatto è come una tela bianca e lo chef è come un artista che ha l’obiettivo di renderlo bello ma anche buono.
La missione del buon impiattamento è stupire con effetti speciali, attraverso l’effetto “wow”. La conoscenza e la passione per le arti visive (come pittura, scultura, fotografia e design) può sicuramente ispirare l’ideazione di un piatto ed anche il modo in cui fotografarlo.
FM: Non si mangia più tanto per necessità e quello che cerca un cliente quando va a cena in un ristorante di un certo livello è una vera e propria esperienza culinaria. Ci deve essere un coinvolgimento a 360 gradi dove la parte visiva e la parte del gusto si intrecciano così da creare un’esperienza multisensoriale, delle vibrazioni particolari.
Come quando si guarda un quadro o si va ad un concerto: il piatto deve trasmettere delle emozioni.
Come si crea un piatto di design e di tendenza?
FM: è un lavoro di team, trasversale tra lo chef ed il fotografo per veicolare l’idea del piatto verso un target preciso.
IC: la cucina oggi è moda, è tendenza. Per questo nell’ambito del Food Design sono importanti le figure del fotografo e di chi si occupa della comunicazione ( come la nostra Geanny Echevarria) che guidano e aiutano lo chef nel seguire le tendenze del momento o a crearne di nuove.
Quando si pensa all’impiattamento e alla Food Photography quanto è importante la mis en place intesa come il contenitore del piatto, la posateria e i bicchieri?
IC: E’ fondamentale, è la cornice del quadro.
Ci sono aziende che producono piatti particolari e addirittura personalizzati e su misura in base all’impiattamento che si vuole creare. Il contenitore dove si va ad appoggiare la pietanza è importantissimo. Sempre bene lavorare su una base neutra che valorizza vari colori e varie tecniche.
Anche il materiale è importante. Se ad esempio il contenitore è ruvido va bene per determinati alimenti ma non per altri. Se ha una base lucida piuttosto che opaca può funzionare per altre tipologie di cibi. Dipende anche da quali sensazioni si vogliono trasmettere.
Sono molto importanti anche la posateria e i bicchieri ma in generale tutta la mis en place fa parte di un unico scopo: il ricordo dell’esperienza che lo chef vuole lasciare al cliente.
FM: Anche i colori del contenitore sono molto importanti. Se ad esempio si utilizza una base scura dovrò adagiarci degli alimenti con colori accesi in modo che risaltino. Tutti gli accessori in tavola valorizzano o penalizzano il piatto nell’immagine finale. Lo studio e la ricerca della palette dei colori e dei materiali sono la base per sviluppare tutta l’esperienza attraverso un gioco di tonalità e di contrasti che crea immersione.
Avete collaborato per la realizzazione di un corso di Food Styling and Photography presso la Lorenzo de’Medici Cooking School. In che cosa consisteva?
FM: Era un corso dove non venivano insegnate le basi della cucina ma venivano dispensati consigli e trucchi al fine di un buon impiattamento. Lo scopo era, attraverso tecniche di fusione di forme e di colori, creare piatti buoni ma anche fotogenici. I partecipanti erano divisi in gruppi e a ciascun team veniva assegnato un topic.
Ogni progetto veniva poi ideato e realizzato in base alle conoscenze di impiattamento, a quelle fotografiche e a quelle di comunicazione.
Ogni gruppo doveva presentare la propria creazione in modo che trasmettesse il proprio stile e idea a 360 gradi (cibo, fotografia e comunicazione).
Mangeresti mai un piatto brutto?
IC: Se lo fa la Nonna probabilmente lo mangerei! Se non mi comunica alcuna emozione no.
Articolo a cura di Francesca Berretti