L'Insolita Trattoria, un camouflage gastronomico in viale D'Annunzio

insolita trattoria

Una trattoria… “insolita”. Insolita come il suo nome, insolita come il suo ambiente, insolita come i suoi piatti, insolita come i suoi accostamenti.

Lorenzo Romano, l’Harry Houdini della ristorazione fiorentina, ha deciso di stravolgere tutto. Dopo aver ricevuto in eredità la gestione della storica trattoria di famiglia, lo chef classe 1989 ha cambiato infatti le carte in tavola per dare spazio al suo estro e la sua creatività da autodidatta. A partire dalle basi: niente più “Trattoria Tre Soldi”, bensì “Insolita Trattoria”. Nomen omen, a riprova di come proprio la ricerca dello stupore e la sfida alle percezioni visive dei suoi commensali siano le chiavi di lettura del nuovo corso del ristorante di viale Gabriele D’Annunzio, rompendo un po’ quel filone generazionale che era stato orgogliosamente tramandato fin dal 1952.

Una cucina sensoriale, d’avanguardia e libera da vincoli e preconcetti di qualsiasi tipo. Per un’esperienza a 360°

Abbandonati, seppur non del tutto dimenticati e rinnegati (come dimostra la pasta spadellata seguendo la ricetta del ’52), i canoni del passato, Romano ha imboccato con determinazione la strada di un divertissement gourmet: una cucina sensoriale, d’avanguardia e libera da vincoli e preconcetti di qualsiasi tipo. Per un’esperienza a 360°, e non solo una “semplice” cena a degustazione, che permette di vivere una serata davvero unica in una location rustica e al contempo elegante, giocando coi piatti e con lo stesso chef senza mai annoiarsi. Già, perché visitare oggi l’“Insolita Trattoria” significa cimentarsi col concetto di deception gastronomica, ossia preparazioni e accostamenti inediti che inducono i clienti del locale a rivedere le proprie certezze, nel difficile intento di scoprire la finzione nascosta in ogni portata.

carbonara insolita trattoria

Il camouflage, d’altronde, la fa da padrone assoluto. Dall’aperitivo fino al dolce: dall’emblematico “ceci n’est pas un tomate”, un finto pomodoro che strizza l’occhio al surrealismo e cita René Magritte (a base di burrata, gel di pomodoro, pane e olive), fino alla finta mela verde che richiede ben otto ore di preparazione (una sorta di cheesecake rivisitato con cuore di dadini di mela e cioccolato bianco) e che, anche per questo, negli ultimi anni è diventata proprio uno dei simboli della cucina sui generis di Romano. Ma l’illusione è forte, ovviamente, anche nei piatti principali: come nella “carbonara invertita”, realizzata con crema pasticciera e tuorlo d’uovo grattato come se fosse bottarga, o nel “pomodoro bruciato con parmigiano invecchiato” servito nella cloche ed esaltato dall’affumicatura di legno di melo e rovere, per quanto riguarda i primi. E ancora: nella guancia stufata 40 ore alla birra, talmente morbida da poterla letteralmente tagliare con un grissino e accompagnata da verdure sicuramente più compatte e sode di quelle che siamo abituati a mangiare nel classico spezzatino. O nell’ormai celebre tartare del giovane chef fiorentino, in cui il tuorlo d’uovo è in realtà un’imprevedibile – almeno a prima vista – sferificazione di mango.

insolita trattoria

Con un menù alla carta, tre interessanti proposte di menù a degustazione (quattro, sei o nove portate) e vini toscani in accompagnamento, l'”Insolita Trattoria” definisce così un percorso divertente e appagante che riesce ad abbattere anche le più impervie barriere culinarie, lasciando da parte gli usi classici e le tecniche tradizionali per portare i commensali incuriositi dentro un’illusione gastronomica. Un inganno per gli occhi sì, ma non certo per il palato. Perché, oltre a essere sorprendenti, i piatti di Lorenzo Romano sono anche buoni e sostanziosi. Provare per credere.

Articolo a cura di Giacomo Iacobellis