L’Architettura del Cibo: il regno dello chef Giuseppe Papallo riscalda occhi, cuore e palato

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Dal greco ἀρχιτέκτων, letteralmente “capocostruttore” o “primo ingegnere”, l’etimologia della parola “architettura” racconta in modo semplice, ma calzante ciò che si cela dietro le misteriose mura di via Fra’ Bartolommeo 58. In quello che fu il giardino privato del marchese Tommaso Gargallo da Siracusa, oggi si scopre infatti prima di tutto uno spazio che colpisce per la sua estetica architettonica, ma anche un autentico architetto gastronomico, quale lo chef Giuseppe Papallo, a gestire proprio come un capocantiere i frenetici lavori dietro ai fornelli. 

La struttura, alle porte del quartiere delle Cure, è caratterizzata nel complesso da un’atmosfera intima e industrial chic che racchiude nel suo regno il posto giusto per condividere una bella cena con una persona cara. Il cuore mette radici profonde e al centro della sala, quasi fosse una colonna, sorge non a caso un tronco di tiglio di 50 anni. Per non parlare della cucina a vista, a dir poco suggestiva anche grazie al suo leccio di 150 anni, e dei diversi ambienti del ristorante separati da rigogliose piante verdi. 

Aperto nel maggio 2018, L’Architettura del Cibo negli ultimi quattro anni è progressivamente diventato un ammaliante tempio del gusto. Non solo un locale bello per capirci (impossibile non considerarlo tale), ma anche un ristorante dove si mangia piuttosto bene. E il merito di tutto ciò è in gran parte quello di Giuseppe Papallo, classe ’84 – metà friulano e metà calabrese – che nei suoi piatti riesce a raccontare sia il suo eterogeneo percorso personale sia i profumi e i sapori della regione che l’ha ormai adottato. Il risultato? Una cucina fatta di equilibri e sapori inediti, colorati e romantici, ben abbinata a una cantina in grado di sfatare qualche tabù del vino italiano.

La mano dello chef e della sua brigata si fa apprezzare soprattutto nei tre menù degustazione: “A mano libera”, “Architetture marine” e “Architetture della terra”, viaggi rispettivamente da sette, cinque e cinque portate, che riscaldano occhi e palato come la fiamma del caminetto al fianco delle comode sedute. Papallo cerca e trova un gioco di intese coi suoi commensali, quasi a portarli – ancor prima di conoscerli – verso o ben oltre la loro comfort zone. Il favore della platea è già conquistato con la candela edibile a base di grasso suino, che a tavola crea subito condivisione, sorrisi e anche qualche storia social (non da poco di questi tempi), spezzando il tono più serio delle altre deliziose amuse bouche.

Candela edibile

La sublimazione di questo percorso arriva però con le portate principali. Nella carta autunnale spiccano piatti come le Animelle alla brace con scampo crudo, crema di fagioli borlotti, bisque e fondo bruno di manzo, al pari dei Cappellacci al tartufo nero con mortadella di Prato, funghi porcini e fonduta Demagi (rivisitazione degli iconici Cappellacci con piccione che negli anni hanno contribuito a consolidare il posizionamento di Architettura del Cibo nel fine dining fiorentino) o degli Gnocchi di castagne con crema di indivia belga, capriolo, nocciole del Piemonte e alloro. Tra i secondi, invece, da non perdere la Faraona alla cacciatora con purè di sedano rapa, carota viola e olive taggiasche, ma ancora di più le Cipolle ramate di Montoro cotte sotto cenere con spuma di patata bianca, fondo di cipolla di Certaldo e carta cipolla (il signature per eccellenza di Papallo, in quanto proposta vegetariana che non fa affatto rimpiangere né carne né pesce). Su prenotazione c’è poi anche il Piccione arrosto ripieno di patè di faraona alle pere. 

Senza mai staccarsi dal concetto di stagionalità, questi piatti rappresentano alle volte uno schiaffo dato bene, alle volte una dolce carezza, mai banali e sempre armoniosamente complessi. La cucina fa d’altronde parte della famiglia Papallo ormai da generazioni: Giuseppe è il sesto figlio di due ristoratori, con tutti i fratelli e le sorelle con i piedi ben saldi nel settore. Ancora giovanissimo ha iniziato a lavorare al Colombaio a Casole d’Elsa, all’ombra di Vincenzo Di Grande, poi è passato al St. Regis di Firenze e da lì è stato chiamato a Rai1 alla Prova del Cuoco con Antonella Clerici. Ma l’improvvisa notorietà non faceva per lui, e presto il giovane chef ha fatto così ritorno nel capoluogo toscano lavorando prima al Golden View, poi a Villa Tolomei a Marignolle e infine come docente alla scuola Lorenzo de’ Medici.

Secondo

Nel 2016 ecco la svolta tanto attesa: parte una collaborazione con la famiglia Cecchi, proprietaria dell’hotel Astro Mediceo (una villa di fine Ottocento in via Fra’ Bartolommeo) e proprio qui la figlia dei titolari Ylenia si occupa della parte architettonica, pur senza disdegnare lo sviluppo del lato gourmet. L’assist è servito e Giuseppe Papallo inizia a curare la parte food & beverage prima dell’albergo e successivamente del neonato ristorante, inaugurando un nuovo corso che – a posteriori possiamo ben dirlo – si sta sicuramente rivelando vincente: ovviamente quello de L’Architettura del Cibo.

Per saperne di più: https://www.architetturadelcibo.it/