Liberi di scrivere: la scrittura in cella e il mondo delle riviste carcerarie

La scrittura in cella e il mondo delle riviste carcerarie al centro dell’articolo di Jacopo Aiazzi e dell’evento tenutosi all’OFF Bar lo scorso settembre.

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© Marco Ragaini – Pochestorie

Tra le attività che si svolgono all’interno delle mura carcerarie, una delle più conosciute e diffuse è la redazione dei giornali interni. Si tratta, però, di giornali dal carcere e non del carcere. La maggior parte del giornalismo penitenziario esistente si propone infatti l’obiettivo di rompere l’isolamento tra “interno” ed “esterno” per promuovere e favorire il dialogo tra i detenuti e la società libera.
Di “scritti dal carcere” in Italia si parla già alla fine della prima metà dell’ottocento, in seguito alla stesura e pubblicazione da parte di Silvio Pellico de Le mie prigioni, diario-autobiografia che racconta il periodo di detenzione dell’autore. È solo dopo un secolo che troviamo l’altra grande opera carceraria italiana, i Quaderni del carcere di Antonio Gramsci, contenenti note, appunti e riflessioni scritti durante la prigionia.
I libri realizzati in carcere, che ne testimoniano le condizioni di vita a partire dal vissuto soggettivo dei suoi ospiti, sono numerosi, ma la nascita di un giornale carcerario, con redazioni permanenti negli istituti è una conquista relativamente recente. Negli anni Settanta – solitamente su iniziativa di detenuti “politici” – nelle carceri italiane si costituiscono strutture spontanee con l’obiettivo di contrastare il binomio informazione-potere, dando luogo sia a forme di fruizione critica dei mass-media, sia a vere e proprie produzioni attive di cultura. In questo periodo le notizie escono dalle carceri tramite bollettini, opuscoli e comunicati ciclostilati dei Collettivi Interni.
Il giornalismo carcerario fatto direttamente con i detenuti che ricoprono il ruolo di redattori è un modo di raccontare con un’immagine più realistica la situazione carceraria, oltre ad essere uno strumento capace di diventare punto di riferimento e aggregazione per tutte quelle figure in grado di produrre iniziative culturali, e a dare voce a persone che dopo il loro ingresso negli istituti vengono dimenticate e non “fanno più notizia” se non come numero complessivo o quando qualcuno di loro si suicida.
La volontà di trovare un terreno di incontro tra la realtà esterna e quella interna degli istituti di pena emerge spesso anche dal nome stesso della testata del giornale: Il Ponte della Casa di reclusione di Massa, Espressioni – dal dentro e dal fuori a cura della casa S. Francesco di Lucca e infine il giornale del carcere per antonomasia, ovvero La Grande Promessa del carcere elbano di Porto Azzurro, la rivista più antica, nata nel 1948 come bollettino interno alla struttura, sono soltanto i principali esempi.
In Italia, tra attive e soppresse, risultano non più di 80 esperienze giornalistiche svolte all’interno di Istituti Penitenziari, Istituti Penali Minorili e Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Una decina sono le esperienze relative al giornalismo, riportate in tabella, iscritte alla Federazione Nazionale dell’Informazione dal e sul Carcere, che hanno interessato nel tempo e che interessano tutt’oggi le diciotto strutture penitenziarie toscane.
Un giornalismo di tipo “gonzo”, termine utilizzato all’interno della comunità scientifica per indicare uno stile di giornalismo basato più sulla narrazione che sulla precisione, raccontando esperienze personali, umori e sensazioni piuttosto che i fatti e caratterizzato da un breve ciclo vitale. Infatti, oltre a una mancanza cronica dei fondi necessari per la stampa, giornali e riviste dal carcere godono spesso di breve durata anche per via della censura imposta dall’amministrazione penitenziaria, in virtù del fatto che spesso il ruolo di direttore della testata viene ricoperto dallo stesso direttore d’istituto. Tra tutte le esperienze di giornalismo realizzate all’interno degli istituti toscani, l’unica ancora attiva è Spiragli, dell’O.P.G. di Montelupo Fiorentino, struttura di cui è prevista l’imminente chiusura per legge (Legge 30 maggio 2014, n. 81, recante disposizioni urgenti in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari). Spiragli, oltre ad essere l’unico giornale ancora attivo nelle carceri toscane, è uno dei più ricchi a livello di contenuti, dove la sregolatezza di articoli e poesie, per via della tipologia dei detenuti che lo redigono, è perfettamente accompagnata dalle capacità creative dei disegnatori. Tutto ciò è stato possibile grazie alla collaborazione e all’esperienza del giornalista e scrittore Riccardo Gatteschi, che da ormai più di quindici anni segue e cura il progetto all’interno dell’Istituto.
© Marco Ragaini - Pochestorie
© Marco Ragaini – Pochestorie

Venerdì 11 settembre alle ore 18.30 presso l’OFF Bar al lago dei Cigni, all’interno del programma del Festival Firenze RiVista, si è svolto l’incontro tra Riccardo Gatteschi, Silvia Pezzoli, ricercatrice di Sociologia all’Università degli Studi di Firenze e Paolo Masetti, sindaco del Comune di Montelupo. 
Jacopo Aiazzi