C’è tempo fino al 2 giugno per visitare la mostra del fotografo tedesco a Rifugio Digitale, che offre una prospettiva d’autore sulla devastazione del teatro di guerra che va avanti in Ucraina.
Rifugio Digitale presenta la mostra Kowitsch – Lonely are all the Bridges – del fotografo Robin Hinsch, che rappresenta la quarta tappa del ciclo espositivo dedicato alla fotografia contemporanea Homecoming, ideato da Irene Alison e curato da Irene Alison e Paolo Cagnacci.
Esiste ancora un modo possibile per fotografare la guerra? Esiste un linguaggio per restituire visivamente il trauma, la violenza, il conflitto, in un mondo saturo di immagini per la cui complessità il fotogiornalismo tradizionale non sembra più essere uno strumento di interpretazione efficace? Esiste un dovere della fotografia di continuare a interrogarsi su come raccontare il dolore?
Ma, soprattutto: le immagini dell’orrore ci rendono più consapevoli degli orrori che siamo in grado di generare? E questa consapevolezza ci è in qualche modo utile ad evitarli? Con Kowitsch – Lonely Are All The Bridges, il fotografo tedesco Robin Hinsch dischiude ai nostri occhi la devastazione di un teatro di guerra in cui sono rimaste solo macerie, con il rigore di chi ha scelto da che parte stare – dalla parte dei vinti – e la discrezione di chi non ha verità da rivelare, ma sa mettersi in una posizione di ascolto.
Nei suoi scatti, parte di una lunga indagine sui conflitti cominciata nel 2010 e ancora in corso, la guerra ha il volto di un soldato sfinito su una panchina, ha i contorni di un paesaggio spettrale avvolto nella neve, ha la sagoma irregolare di una cattedrale sventrata dalle bombe. Con la sua personale, il viaggio attorno all’idea di casa intrapreso con il ciclo Homecoming si trasforma in una riflessione amara sull’assenza di una casa a cui tornare: distrutte, colpite, abbandonate, le case di Kowitsch – Lonely Are All The Bridges sono abitate solo dai fantasmi.
Eppure, gli affreschi che Hinsch crea hanno una bellezza ipnotica e vitale che va oltre la contemplazione del disastro, e una capacità di restituirci, nel silenzio quasi surreale che li avvolge, tuta l’eco dell’insensatezza della guerra e tutta la speranza di futuro che attecchisce persino quando “casa” non è che un cumulo di polvere.
Di queste immagini, allora, abbiamo bisogno. A distanza di oltre cinquant’anni, l’analisi del 1972 di John Berger sulla “fotografia d’agonia” che, scemato lo shock del lettore/spettatore, “perde completamente la sua valenza politica e diventa un’accusa contro tutti e nessuno”, suona ancora piuttosto convincente. Così come lo è la celebre argomentazione di Susan Sontag che lo spettacolo del dolore degli altri produce assuefazione e che “l’enorme catalogo fotografico della miseria ha dato a tutti una certa consuetudine con l’atrocità, facendo apparire più normale l’orribile, rendendolo familiare, lontano e inevitabile”.
Ma, lontano dalla (spesso) soffocante immediatezza del fotogiornalismo, le immagini Hinsch aprono invece uno spazio di pensiero e di comprensione: non sono meno dolorose di quelle che si soffermano sulle più inguardabili atrocità dei conflitti, ma nel loro passo più lento, nel loro apparente distacco, mostrano come la consapevolezza sia un processo lungo e come la Storia, spesso, possa insegnarci qualcosa solo se guardata in prospettiva.
Guardandole, siamo stupefatti dalla distruzione che testimoniano ma, proprio perché non ci lasciano senza fiato dall’orrore, abbiamo il respiro per trovare al loro interno indizi utili a comprendere il mondo in cui viviamo, e le guerre che ancora combattiamo.
Robin Hinsch
Robin Hinsch è un artista, fotografo e accademico di base ad Amburgo. Nella sua pratica artistica e fotografica si concentra principalmente su questioni socio-economiche e politiche. Nel suo approccio basato sulla ricerca e sul racconto soggettivo, a volte intuitivo, combina la fotografia con collage di film e tecniche installative. Il suo lavoro lo ha visto viaggiare in vari Paesi come Iraq, Ucraina, Siria, Nigeria, Cina, Russia, India, Uganda e molti altri scenari ancora. Ha studiato fotografia a Karlsruhe, Hannover e Amburgo dove ha conseguito un Master in Fotografia.
Il suo lavoro è stato premiato con il World Photography Award, l’International Photography Award, l’European Photo Exhibition Award e il Georg Koppmann Prize, è stato selezionato per il Leica Oskar Barnack Prize e il Lucie Awards ed è stato nominato per il Prix Pictet e l’Henri Nennen Prize, per citarne alcuni. Il suo lavoro è largamente pubblicato a livello nazionale e internazionale.
Dal 2016 è membro eletto dell’Accademia fotografica tedesca. Dal 2017 è il fondatore di “Format”, un laboratorio vitale per la fotografia contemporanea ad Amburgo. Oltre alla sua pratica personale dal 2024 è nominato professore di fotografia artistica presso l’Università delle Arti di Darmstadt, in Germania.