Perché il sesso dopo il matrimonio non dovrebbe essere imbarazzante
Sara è una ragazza fidanzata da sette anni ma che è ancora vergine. Ha scelto di aspettare fino al matrimonio ed è per questo che ancora non ha avuto nessun rapporto con il suo fidanzato. Mantenere la propria verginità fino al matrimonio o in età adulta può sembrare un mito, una legenda. Nel contesto fiorentino mi sono imbattuta in qualsiasi tipo di essere umano, proveniente da ogni città del globo, cresciuto secondo una cultura diversa, tutti con differente point of view, ma tutti con un unico grande interesse: il sesso. Eppure, di recente ho incontrato una ragazza di nome Sara che durante un aperitivo da Bulli e Balene mi ha detto: «Ho 25 anni, sono vergine e sono fidanzata».
La verginità è come un dono
Una scelta che sembra appartenere ad una mentalità antica, retrograda, a quando il matrimonio era totalmente un patto stretto da famiglie e per cui la verginità della donna era vista come un sigillo, e allo stesso tempo, il capro espiatorio dell’alleanza. Eppure, Sara non sembra appartenere a qualche setta o a qualche movimento religioso. Non sembra nemmeno che la sua scelta sia dovuta ad un’imposizione della famiglia. «La mia scelta» ̶ mi ha detto ̶ «è dovuta infatti dalla considerazione che la verginità sia come un dono. Un dono che voglio donare solamente a chi decide di voler vivere tutta la vita con me».
Fare sesso senza amare equivale a amare senza fare sesso?
Dunque mi sono chiesta: i fiorentini cosa credono che sia la verginità? E nello specifico, se è scontato fare sesso senza amare, non si può amare senza fare sesso? Perché , di fatto, a Firenze le relazioni sono quasi sempre rapporti totalmente occasionali, amplessi totalmente organizzati su Tinder e fugaci scappatelle nel bagno del Red Garter con la turista americana di turno. Per questo, dire di voler aspettare il matrimonio per fare sesso sembra un’idea totalmente fuori dal normale, ridicola e imbarazzante.
Numerose statistiche intorno al 2011 (anno in cui Sara era adolescente), riportano che l’età in cui una donna perdeva la propria verginità era intorno ai 14 anni. Inoltre, un articolo del Il Fatto Quotidiano del 2014 riporta le parole “sconvolgenti” di una ragazza di 16 anni che sosteneva: “Scopare è come fumare una sigaretta. È una piccola trasgressione, nulla di più. Si fa per diventare grandi e per entrare nel gruppo più figo”. Perdere la propria verginità è quindi una gara, qualcosa quasi da esibire e di cui vantarsi con gli amici. O peggio, nella maggior parte dei casi, qualcosa che non ha valore. In questo contesto è infatti difficile per Sara esporre il suo parere sulla sessualità perché si è soggetti a critiche. « In alcuni casi, è pesante per me esternare il mio punto di vista, il mio modo di vedere la verginità. La maggior parte delle volte la mia scelta è soggetta a critiche e soprattutto credono che non sia vero. Anche per il mio ragazzo non è stata inizialmente una scelta facile d’accettare, ma adesso anche lui è concorde a voler aspettare. A voler aspettarci.»
L’idea della verginità come dono non è solo una credenza religiosa
Facendo le mia indagini, ho scoperto però che l’idea della verginità intesa come dono non è solamente una credenza Biblica, ancestrale e ortodossa. È una considerazione appartenente anche al presente. Un reportage delle Iene del 2016 ha portato alla luce un movimento italiano chiamato PUREX, creato per promuovere l’idea del mantenere la propria verginità fino al matrimonio. Il movimento nasce a Milano ma ha messo anche solide fondamenta nel fiorentino. Una comunità di Calenzano infatti si occupa di creare incontri, eventi e workshop sui temi della sessualità e purezza. Questi, però, sono visti come una “fauna speciale”: uomini e donne visti come persone allucinate e che probabilmente non vivono il “mondo normale”. Eppure c’è qualcuno che dice che accetterebbe questo punto di vista e che ̶ insomma ̶ se in alcuni stati del mondo non è allucinante fare sesso con i cavalli, perché dovrebbe essere imbarazzante aspettare il matrimonio? La verità è che probabilmente la verginità e il sesso non dovrebbero essere visti né come sigilli o riti di passaggio, né come qualcosa senza valore. La sessualità resta pur sempre qualcosa di soggettivo, e come tale ogni individuo ne dà un giusto peso, un giusto valore, libero di fare e di NON fare. Se accettiamo la libertà sessuale, dobbiamo accettare persone che come Sara danno alla propria sessualità un valore che noi non riusciamo a carpire, a razionalizzare e a farlo nostro. E che, in questo caso, chi non la dà aspetti!