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La “tombola del Secco”: anticonformismo fiorentino

Succede ogni mercoledì sera, a Firenze, sotto il cielo aperto del Chiosco del Tempio. C’è chi arriva per caso e chi ci torna ogni settimana con la stessa costanza con cui si va al pranzo della domenica o allo stadio: è la Tombola del Secco, un rito collettivo dove i numeri contano, ma molto meno delle risate.

Dietro tutto c’è lui: il Secco. Un personaggio che a Firenze è leggenda vivente.
Lo incontri d’estate tra i tavoli del Tempio, d’inverno dentro le mura del COMBO, con la sua presenza che tiene insieme l’assurdo e il genio. Il Secco con la sua tombola, ogni mercoledì sera d’estate dirige un’orchestra di qualche centinaio di fiorentini, mischiando tombola, improvvisazione e umorismo fiorentino.

Ad ogni consumazione, ti mettono in mano una cartella (almeno fino al grido del Secco “stop ai token!”). Ma non è una tombola qualunque. Qui si gioca in trecento, a volte di più, con un entusiasmo che ha il ritmo di una curva e il cuore di una sagra.

Le regole? Le impari cantando. Sulle note di Cuoricini dei Coma_Cose parte la sigla:
“2 shottini, 2 shottini,
con l’ambo vinci 2 shottini
ma non puoi fare terno sulla stessa riga!”
e giù cori, mani in aria, brindisi, battute.
In mezzo ai tavoli c’è chi balla, chi ride, chi incrocia le dita e chi ha già perso ogni speranza dopo i primi cinque numeri.

Ma il momento clou arriva quando qualcuno – tra sospiri e occhiate sospette – alza la cartella e grida: “TOMBOLA!”
Tutto si ferma. Scatta il VAR.

Un emissario, cartella alla mano, si avvicina al banchetto del giudizio. La folla trattiene il fiato.
Parte un lungo “ooooooooooo” collettivo, tensione pura scandita dall’attesa che la voce del Secco al microfono detti il verdetto:
“Tombola valida.” Un boato di nooo, brontolii e infamate fiorentine si alza immediato. C’è chi racconta di non aver avuto il coraggio di riscattare la propria vittoria per paura della reazione della folla: “’Gnamo, ma come si fa!”, “Che culo!”, “C’ha la cartella truccata!”. Si ride, si impreca, si beve.

Ma quando invece responso è: “Tombola NON valida!” è l’estasi. Applausi, esultanza, un coro di “Bischero!” e “scemo, scemo, scemo!” che accoglie immediatamente lo sventurato come un abbraccio a rovescio.
E la partita continua, col sogno vivo di portarsi a casa l’ambito trofeo: una brocca di Negroni, più pesante dell’onore, più preziosa della gloria.

La Tombola del Secco non è solo un gioco. È una radiografia dell’anima fiorentina: quella che non ha paura del ridicolo, che fa dell’ironia una religione, che si prende poco sul serio perché sa benissimo quanto la vita sia, in fondo, va vissuta così. Uno specchio dei fiorentini e della loro “anima ultras” (rendo merito ad un amico della citazione): nella coralità, nei cori, nel gusto per la battuta fulminante, nella tensione collettiva del VAR e nella gioia esplosiva della figuraccia altrui.
È la stessa energia che si trova allo stadio, ma con in mano un gin tonic e una cartella della tombola.

Un mercoledì sera così lo capisce solo chi c’è stato.
Gli altri possono solo provarci, intanto che qualcuno, là in fondo, urla di nuovo: “TOMBOLA!”
e tutto ricomincia.