WAITING FOR GODOT: Il fascino dell’attesa.

ph. Andrea Gatopoulos

A tutti capita di aspettare. Imbottigliati nel traffico, in coda al supermercato, in attesa di una visita medica… Aspettare qualcuno che arriva in ritardo o che forse, semplicemente, non arriva proprio…
Questo fastidio, quest’ansia impotente e improduttiva, sono oggetto della più famosa opera di Samuel Beckett: “Waiting for Godot”, scritta tra il 1948 e il 1949 e tuttora largamente rappresentata.

 
Anche Maurizio Scaparro si è cimentato nell’adattamento in una versione più contemporanea, senza però perdere di vista il messaggio originario. In programma alla Pergola, dal 2 al 7 maggio, lo spettacolo rivela intanto la bravura degli attori che, nella recitazione, ricordano i caratteristi degli anni del dopoguerra (Beckett frequentava Buster Keaton, icona di una comicità nuova, velata di tristezza): i protagonisti sono Antonio Salines, Luciano Virgilio, Edoardo Siravo e Fabrizio Bordignon, a rappresentare “creature deboli e immortali che, in una terra desolata aspettando Godot che non arriverà mai, vivono in un lontano e vicino ‘900 nel ricordo romantico di una Tour Eiffel che resiste come immagine e nell’aridità di un presente che esclude loro e quelli che vorrebbero cantare, ballare, parlare, vivere”.

Ph Andrea Gatopoulos

Oltre a essere perfettamente credibili nella parte, Didi e Gogo, riescono a comunicare agli spettatori il misto di sentimenti che li agita: la fiducia, la frustrazione, la speranza, la delusione. “Lo sconforto di Didi e Gogo è contagioso, ognuno se ne difenda come può, ma non si dimentichi che comunque è un gioco, anche nel senso teatrale di jouer”, dice il regista.
Anche la scenografia di Bottai, per quanto volutamente scarna, in quanto composta solo da un palco e da un albero stilizzato, risulta adatta a sottolineare la monotonia, la noia e l’impossibilità di smarcarsi da questa condizione.
Se il contenuto è sicuramente impegnativo, sofferto e tragico, non mancano le risate, nemmeno troppo a denti stretti. Si conferma quindi una performance contemporanea, attuale, ricca di significati. Come dice lo stesso regista, Godot rappresenta il nostro “aldilà” che può essere sia ultraterreno quanto concreto e quotidiano: Godot è la nostra promessa di svolta, l’uscita di emergenza da una vita piatta e apatica.
Sono tante le letture e le interpretazioni possibili del dramma: ogni spettatore, in ogni tempo e in ogni luogo, può identificarsi con le voci narranti e sentirsi partecipe di un’attesa inquietante e imprescindibile, umana. Un’attesa che può essere diversa nella forma ma non nella sostanza: aspettando Godot, ciò che conta è ingannare, al meglio, il proprio tempo. 
Rita Barbieri