“CoHabitat, non conventional living experience”: alla scoperta del Cecco Rivolta

cecco rivolta firenze

15 adulti, 7 bambini, 7 cani, 2 gatti e tanta voglia di stare insieme.
21 anni fa, in un podere nei pressi di Careggi, un gruppo di ragazzi – perlopiù studenti di filosofia – decise di dare una scossa alla comunità ma, prima ancora, alle loro vite.

«Siamo entrati per la prima volta in questa casa il 24 giugno del 2000. Lo chiamammo G.S.A. Cecco Rivolta, che era l’acronimo di Ghetto Supergiovani Antinoia e fu l’inizio di un’esperienza che dura ancora oggi, a distanza di 20 anni.» Così Enrico, in compagnia di altri colleghi universitari, fu tra i primi a dare vita al progetto.  

«Negli anni» continua Enrico, «ci siamo organizzati per trasformare la terra intorno casa nostra in un bene comune, uno spazio aperto al quartiere, agli amici e ai cittadini. Al Cecco non ci sono cancelli e la casa è immersa in un’area verde di svariati ettari. Nel 2004 abbiamo provato a vedere se c’era gente nella zona che volesse fare un orto. Facemmo un’assemblea pubblica al circolino sotto casa e vennero in duecento. Gli spiegammo cosa volevamo fare e dove, ne rimasero venti. Con quei venti si individuò un pezzo di terra subito sotto la casa; lo dividemmo in parti uguali e stabilimmo delle regole per gestirlo. Da allora esistono venti orti sociali, che i vari pensionati si gestiscono in autonomia, organizzando grigliate e dandosi una mano a vicenda.

Nel 2004 decidemmo di costruire un campetto di calcio. Subito dopo il campo venne il torneo di Calci dal Basso, che oggi è arrivato alla sua 17° edizione, ha un suo affezionato pubblico, un suo giornale e, qualche volta, anche i telecronisti, ma non ha mai avuto un arbitro. Sempre negli stessi anni abbiamo costruito un’area cani, progettata da un educatore cinofilo in collaborazione con gli abitanti del quartiere che venivano qui a passeggiare con il cane. Intorno al 2012, sono nati i primi bambini che hanno modificato radicalmente le esigenze degli abitanti, che ormai erano grandi, lavoravano e avevano tempi e ritmi radicalmente diversi da quelli di uno studente universitario. Avevamo bisogno di tempo e tranquillità per investire e fare crescere il nostro progetto di vita, per adattarlo alle nostre nuove esigenze. Vivere in una dimensione di illegalità non ci permetteva di investire tempo e denari nel progetto. Proprio in quegli anni, la Regione Toscana lanciò un bando per l’auto-recupero di edilizia residenziale e pubblica in cui per la prima volta il co-housing compariva fra le modalità di partecipazione.

Ai vincitori del bando, la regione avrebbe finanziato parte dei lavori di ristrutturazione. Decidemmo di partecipare ma ci mancava una chiave: una convenzione con il proprietario dell’immobile, l’Università degli Studi di Firenze. Sul momento pensammo che fosse impossibile, viste le relazioni tesissime fra noi e il rettorato, ma “il modello Cecco-Rivolta” ci permise di aggirare la barriera e filare in porta. Nei nostri vari giri e reti, c’era un gruppo di urbanisti illuminati, capitanati da Giancarlo Paba, che videro il nostro modello di vita come qualcosa da raccontare. Grazie a loro, questa esperienza venne studiata e mostrata in molte sedi istituzionali e accademiche. Partecipammo a un meeting internazionale sulle nuove forme di abitare a Bruxelles e la nostra esperienza finì dentro ad alcune dottissime pubblicazioni. Attraverso il grimaldello del Dipartimento di Urbanistica, riuscimmo a ottenere udienza con il magnifico rettore. Dopo due anni di avvocati, incontri e mille menate burocratiche riuscimmo a ottenere la convenzione con l’Università, partecipare al bando e vincerlo. Abbiamo cominciato i lavori di ristrutturazione nell’estate del 2016 e li abbiamo ultimati nel febbraio 2020. La regione ha finanziato 160.000 euro, noi ce ne abbiamo messi sopra altrettanti e circa 10.000 ore di lavoro in cantiere. Adesso abbiamo davanti 30 anni di comodato ad affitto calmierato per fare crescere all’esterno il nostro progetto.» 

Cecco Rivolta è un vero e proprio punto d’incontro nel quale le peculiarità di ciascuno trovano l’equilibrio necessario per convivere e fornire una base di partenza per tutti i progetti che da lì sono nati. Fra i primi ad aver occupato casa c’è Fausto, allora studente fiorentino appassionato di cinema sperimentale fuggito di casa in cerca di un’indipendenza economica e sentimentale. Fausto ha ben chiari i motivi che legano fra loro questa grande famiglia: «Se da un lato è vero che l’educazione dei bambini in comune è esercizio quotidiano di fiducia nell’altro, è anche vero che un eccessivo consolidamento delle relazioni stabili di coppia, come si tende a fare dopo i 40 anni, può intorpidire lo stimolo a condividere con terzi i momenti di bellezza, di gioco, le scelte importanti della vita o i momenti di dolore. Quindi certamente le “intimità altre” rispetto a quella “binaria” della coppia hanno un ruolo fondamentale per lo spirito della casa poiché rinforzano i rituali di comunità e vanno come tali protette e accolte come opportunità di evolvere. È così che ci alleniamo il cuore in affetti marziani chi per “figlie altre”, chi per “babbi altri”, chi per “nonni altri”, chi per “amanti altre” ecc. ecc.»

Cecco Rivolta è anche un percorso personale, di adattamento continuo al contesto e agli altri. Siani è arrivata ed è rimasta nel salotto di Firenze dal 2011: «È un percorso interessantissimo, faticoso e a volte difficile, ma estremamente formativo. Il confronto continuo apre molte porte alla conoscenza dei propri limiti e all’apprezzamento degli altri». A oggi, le rimane difficile prevedere se rimarrà tutta la vita a Cecco Rivolta: «Non lo so, a volte penso di voler scappare, ma di vivere da sola o in una casa di poche persone forse ne ho un po’ paura. Il nostro progetto di auto recupero di questo spazio ha la scadenza fissata fra 30 anni, quindi un tempo finito, che se ci penso adesso sembra lontano ma che so non essere proprio così. Ancora non so dove arriveremo come singoli e come gruppo: forse vedere una fine di questo progetto è impossibile. Credo che i “nostri figli” ci aiuteranno a prendere la giusta strada: tra un po’ ci saranno anche loro a decidere dove andremo insieme. Dal canto mio, come single dentro una comunità di coppie con e senza figli, penso che varie cose potrebbero portarmi a vivere esperienze anche fuori da questa casa, certamente arricchita da questo intrigante ed emozionante percorso».

A Cecco Rivolta già si lavora instancabilmente su nuovi progetti in grado di generare valore sociale. «Adesso che il progetto di ristrutturazione della casa è terminato vorremmo provare a ottenere la gestione di tutta l’area verde che la circonda.» Enrico sembra avere le idee chiare sulla strada da seguire. «Abbiamo cominciato a curare l’uliveta e stiamo progettando la strategia per ottenere la concessione. Abbiamo in mente di riempire quest’area di possibilità per tutti coloro che ne hanno bisogno, da un parco giochi, a un mercato di artigianato e cibo buono a km 0, presentazioni di libri, feste, iniziative che possano arricchire culturalmente e socialmente questo quartiere. Lo vorremmo fare bene, innescando dei meccanismi di partecipazione che trasformino quest’area in un bene comune, per farlo rimanere una casa per noi e uno spazio per tutti».

Foto di Alessio Chao Li