In un mondo sempre più salutista in cui vengono costantemente decantati gli effetti benefici dell’Aloe Vera, voglio parlarvi oggi della sua cugina molesta, svergognata e forse anche un po’ zoccola: l’Agave.
Grazie a lei nasce un distillato sempre più apprezzato oggi, che si chiama Mezcal. Vi è poi una zona del Messico, intorno alla città di Jalisco, in cui viene coltivato solo un tipo di agave e da cui nasce un distillato specifico chiamato il “Tequila” (già già, tequila è maschile, ma se un barman si sognerà mai di farvelo notare, voi fategli pure notare che fate il commercialista/studente/commesso/idraulico e quindi non ve ne frega nulla, volete solo bere).
Il Tequila è quell’amico ripetente che avevate in classe alle medie, che si presentava alle feste pomeridiane con i barcardi breezer e le sigarette. È il compagno di banco di liceo che ti chiede di copiare e in cambio ti modifica la marmitta del motorino. È – per usare le parole dell’amico Paolo Miano – un gatto nero che ti attraversa la strada e ti aspetta sul divano a casa ridendo di te.
È insomma un distillato difficile da addomesticare, ma che può essere un grande compagno di scorribande.
Quando si parla di tequila l’immagine va subito a quel drink con la bordatura di sale che – se richiesto da una ragazza al primo appuntamento – subito ci fa pensare ad una vita spericolata insieme. È proprio pensando a una ragazza che nel 1938 Carlos “Danny” Herrera, titolare di un ristorante di Tijuana, da vita a questo cocktail storico: La signorina in questione si chiamava Marjorie King, ed era una affascinante ballerina con la quale evidentemente Danny avrebbe voluto approfondire una conoscenza.
Come d’abitudine, cominciò con l’offrire da bere: Lei però sosteneva di essere allergica ad ogni distillato eccetto il tequila (da qui scopriamo anche che l’abitudine a fingersi allergici a qualcosa non è una moda recente, ma “faceva figo” anche negli anni 30). Allora lui fece una associazione mentale molto semplice, partendo dal tradizionale modo in cui serviva il tequila (con sale e lime). Mischiò il distillato con succo fresco di lime e cointreau, un liquore all’arancia bello strong ma dolce. Il sale invece lo mise sul bordo del bicchiere. Voilà, la signorina è servita e, anche se non sappiamo com’è andata a finire la storia, il margarita è un cocktail bello robusto e dissetante che può aiutarvi a sedurre ogni ballerino o ballerina che incontrerete nelle sudaticce dancefloor estive, in cui vi troverete a muovere le anche a suon di “suavecito”.
Se poi raccontate la storia di Danny, magari fate anche la figura di quello che “beve bene”. Se però poi lo chiedete frozen e alla fragola…dimenticatevi tutto quello che avete letto sin’ora. Anzi, dimenticatevi proprio di me.
Ricetta originale: 50ml Tequila Blanco, 20ml Cointreau, 30ml Succo di Lime. Crusta di Sale.
Versare tutti gli ingredienti nello shaker e shakerare energicamente.
Per la Crusta: bagnare la metà del bordo del bicchiere passandovi il lime, passare sopra un piattino con del sale. Applicare solo a metà bicchiere (non a tutti piace il sale).
Mia ricetta (Margarita Goes to Hollywood):
50ml Tequila Blanco, 20ml Cola Syrup, 30ml Succo di Lime. Crusta di Pop Corn.
Julian Biondi