Il Gin Tonic: ovvero quel long drink che fa sentire tutti un po' piĆ¹ fighi.

Ritorna finalmente sulle pagine di FUL la rubrica Liquid HousewifeĀ di Julian Biondi, bartender fiorentino con la passione per la scrittura e per le storie. Una rubrica che vuole raccontarvi alcuni dei piĆ¹ intriganti segreti che si celano dietro i vostri cocktailĀ preferiti.

Il gin tonic…difficile definirlo un cocktail, impensabile risalire ad un inventore, ma soprattutto impossibile non annoverarlo – insieme a Tavernello, Cedrata Tassoni e Spuma Guizza ā€“ tra le nostre consolidate Bevande Nazionali.
Poco importa se l’Italia con la storia del Gin e dell’acqua tonica non ha niente a che spartire (fingendo di tralasciare il fatto che la Toscana ĆØ il piĆ¹ grande produttore di ginepro al mondo), il fatto ĆØ che noi siamo dei grandissimi consumatori di quella bevanda che fino a dieci anni fa aveva nel suo pubblico di riferimento solo i frequentatori dei circoli ricreativi, i cocainomani ed i discotecari che volevano bere fuori dal coro (ovvero, che non bevevano cubalibrecollhavanasette). Dato che comincia ad esserci un po’ di sole e le giornate sono sempre piĆ¹ lunghe, forse ĆØ opportuno sapere qualcosa in piĆ¹ sul nostro piĆ¹ fedele long drink:
senza soffermarci sulla storia del distillato, che richiederebbe quantomeno un articolo apposito, arriviamo a capire come e quando qualcuno ha deciso di unire i due semplici elementi che compongono la nostra bevanda. Nel 1780 un inventore tedesco di nome Johann Jacob Schweppe (il nome vi dice qualcosa?) inventa un sistema industriale per addizionare l’acqua di anidride carbonica, dando i natali al concetto di ā€œsoft drinkā€; qualche anno dopo inventa una bevanda a base di acqua, anidride carbonica, zucchero e chinino e la chiama ā€œIndian Tonic Waterā€.