C’è molto Giappone a Firenze. Più del solito sushi, di cui sembra si siano impadroniti ormai molti ristoranti cinesi attraverso la mediocre formula all you can eat. Scopriamo la pasticceria italo-giapponese Danonnapapera.
Più dei turisti giapponesi di una volta, che ormai hanno ceduto il passo, non soltanto a Firenze, a quelli di altri paesi asiatici. Un po’ di Giappone, quello autentico, abita un angolo di Via della Rondinella a Coverciano. Nascosto dietro un’insegna italianissima: “Pasticceria Danonnapapera”. Luogo ibrido, quest’ultimo, in cui s’incontra una coppia, anche nella vita, di pasticcieri: Keiko, giapponese, e Marcello, barese. Intorno all’essenza del gusto dolce, come conditio sine qua non della pasticceria in generale, ruota parte della differenza tra la pasticceria giapponese e quella italiana. E non soltanto italiana.
Le monoporzioni, create con precisione tutta giapponese da Keiko, formatasi all’École de Patisserie de Tokyo, raccontano un segmento della gastronomia giapponese ancora relativamente poco indagato, quello della pasticceria. L’attenzione alla stagionalità degli ingredienti, l’utilizzo di pochi grassi e il valore di cui i dolci giapponesi sono portatori: i dolci, cioè, possono anche essere meno dolci. La “lezione” è che in Giappone si arriva al gusto dolce, ma poco attraverso lo zucchero e molto attraverso ingredienti già dolci in natura. Una novità per quelle culture, come la nostra, in cui il dolce da pasticceria è molto dolce.
Un dolce tra i più famosi in Giappone e rappresentativo del diverso approccio alla pasticceria, è il cheesecake, che si trova anche Danonnapapera. Nella versione giapponese questo dolce non ha come base un biscotto, come in quella americana, ma una consistenza soffice come una nuvola, un soufflé, e con la cupola leggermente dorata dovuta alla cottura in forno e a bagnomaria. Del resto i giapponesi amano le torte dalla consistenza morbida e ariosa, come lo chiffon cake.
Danonnapapera vive in una duplice dimensione: pasticceria giapponese da un lato, italiana da un altro.
Detta in soldoni, però, perché poi nella realtà sia la prima che la seconda non interpretano – ecco il verbo giusto – un valore assoluto. Non esiste un unico tipo di pasticceria giapponese; lo sa bene Keiko, che in Giappone, prima di trasferirsi in Italia, si è specializzata nei dolci d’ispirazione occidentale – yougashi – pur declinati alla giapponese, e non in quelli tradizionali giapponesi, wagashi. E anche la pasticceria italiana che propone Danonnapapera segue un indirizzo tutto suo: non mancano i classici lievitati da colazione – ai quali perlopiù si dedica Marcello -, ma in essi si nota qualche variazione sul tema, come la presenza in alcuni dello zenzero, che del resto è presente anche in una versione del panettone natalizio, ma mancano, per scelta, alcuni punti fermi della pasticceria fiorentina, come la Schiacciata appunto alla Fiorentina.
Marcello è originario della provincia di Bari, pur essendo a Firenze da una vita, Keiko viene dal Giappone, quindi piuttosto che rincorrere la Millefoglie con crema Chantilly, altro caposaldo della pasticceria cittadina, meglio concentrarsi sui dolci giapponesi, e neanche quelli classici, e qualcuno pugliese.
Ecco quindi le Strazzate di Matera, la Focaccia Barese – quando a Marcello va di farla -, e a Natale le Cartellate. Squisito dolce pugliese, che Dannonapapera si fa con vincotto di fichi. La filosofia di Keiko e Marcello è quella di cercar di far breccia nel gusto locale: abituarlo a sapori e ingredienti nuovi e, come detto, a un diverso concetto di dolce.
Anche quando sembra che dalla vetrina manchino dolci giapponesi, qualcosa di giapponese c’è sempre, pur sotto altre “spoglie”. È il caso del calzoncino, in cui si incontrano curry e ragù, e dei tramezzini, fatti con pane in cassetta preparato secondo la ricetta giapponese.
In un frigorifero vicino all’entrata, poi, ecco i semifreddo dei Pokémon, con Pikachou e compagni, che srizzano l’occhio al mondo dell’animazione giapponese.
Talvolta Dannonapapera s’incontra anche il natalizio Stollen tedesco, reminiscenza dei dolci occidentali studiati da Keiko a Tokyo.
Il Mont Blanc, invece, non autoctono giapponese ma diffusissimo in Giappone, è il simbolo di quel modo tutto giapponese di recepire, non soltanto in pasticceria, elementi da altre culture e farli propri, pur modificandoli e talvolta migliorandoli. Del Mont Blanc esistono tante versioni, ma la più recente scelta da Keiko, con strati sovrapposti di crema di castagne più larghi alla base e più stretti in alto, non nasce per caso, ma è frutto di ricerca: si è visto che mettendo in questo modo la crema anziché nella classica forma a spaghetto, non si secca e il gusto rimane più omogeneo e costante nel tempo.