Il 25 novembre è la ricorrenza della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dalle Nazioni Unite nel 1999. FUL vi invita a riflettere.
Pensavo di essere ormai al sicuro, che illusa, eh? La guerra l’ho sempre conosciuta come qualcosa di terribile ma lontano se non nel tempo, almeno nello spazio. E la violenza nella mia mente è qualcosa di connaturato alle guerre, non ai rapporti famigliari. Mi sento sicura: ho avuto un’infanzia serena, fidanzati gentili, non mi sono mai sentita minacciata, vivo nel migliore dei mondi possibili, come direbbe Candido. Ma se poco poco esco dal mio guscio scopro che in questo mondo fantastico la guerra può scoppiarti accanto durante un concerto o una cena con amici, e la violenza può arrivare dalle persone a cui vuoi più bene.
Nel mondo una donna su tre è vittima di violenze fisiche o sessuali, quasi sempre a opera di una persona a lei vicina, non di uno sconosciuto. Un uomo su venti muore di morte violenta, una donna su due viene uccisa dal proprio compagno, e il dato si riferisce al 2012. Purtroppo è molto facile ignorare tutto ciò che succede lontano da noi ed è un compito difficile, anzi difficilissimo, abbattere consuetudini e pregiudizi che si sono formati in centinaia di anni di politiche maschiliste e patriarcali. Per troppo tempo è passato il messaggio che gli uomini siano superiori alle donne col risultato che spesso le donne non sono consapevoli di quali siano i loro diritti, quale sia il confine della loro libertà individuale, quali siano gli atteggiamenti da denunciare. Anche perché molto spesso si tratta di violenze psicologiche che annientano l’obiettività e la capacità di difesa delle donne.
La legislazione a riguardo è ancora molto indietro, solo negli ultimi anni si è cominciato a prestare attenzione a questi temi. Le cifre rilasciate dalle Nazioni Unite sono da brividi:
⁃ 2.6 milioni di donne vivono ancora in paesi in cui lo stupro all’interno del matrimonio non è condannato;
⁃ 4.5 milioni di persone sono vittime di abusi sessuali e il 98% sono donne e bambine;
⁃ 133 milioni di donne hanno subito mutilazioni degli organini genitali;
⁃ 700 milioni di donne sono costrette a sposarsi prima dei 18 anni, un terzo prima dei 15.
Come è possibile continuare a pensare di vivere in una società evoluta?
Ecco che allora è importante parlare di queste cose, far sì che le vittime di questi abusi non si sentano sole e abbandonate, né dalle loro famiglie e amici, né dalle loro comunità e governi. Solo un’azione congiunta potrà ottenere un mondo equo, senza disparità tra i sessi e violenze di genere.
Il 25 novembre è la ricorrenza della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1999. La data è stata scelta in ricordo del brutale assassinio di Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal che tentarono di contrastare il regime di Trujillo in Repubblica Dominicana. Il 25 novembre 1960 furono torturate e uccise dalla SIM (il Servicio de Inteligencia Militar) che cercò poi di far passare l’accaduto come un incidente d’auto.
Le Nazioni Unite si sono sempre occupate della promozione dei diritti delle donne ma solo dal 1993 si sono impegnate nella lotta contro la violenza femminile. Dello stesso anno è la Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne in cui si riconosce la «necessità urgente per l’applicazione universale alle donne dei diritti e dei principi in materia di uguaglianza, la sicurezza, la libertà, l’integrità e la dignità di tutti gli esseri umani».
Molte sono le iniziative sia a livello internazionale che locale. A Firenze sono stati presentati a Palazzo Vecchio gli eventi in programmazione per il 25 e 26 novembre e la campagna di comunicazione “Femminicidio è…” che vuole sottolineare «il concetto che il femminicidio si ha quando una donna viene uccisa in quanto donna» ha detto l’Assessore Cristina Giachi.
Per chiudere vorrei condividere con voi le parole di Michelle Bachelet, ex presidente del Cile nonché primo direttore dell’UNWOMEN (United Nations Entity for Gender Equality and the Empowerment of Women): nel mondo «occorrono cambiamenti culturali per smettere di guardare alle donne come “cittadine di seconda classe”. Dobbiamo creare una cultura di rispetto».
Annalisa Lottini