Emanuele Favi: tra ricordo e sogno, la pittura che racconta il Novecento

A Sesto Fiorentino, la Galleria La Soffita apre le porte a un viaggio nel tempo e nella memoria con “Fantasmi del ‘900”, la mostra dedicata a Emanuele Favi, pittore fiorentino classe 1932, riscoperto oggi dopo decenni di silenzio espositivo. 

La rassegna propone un percorso di circa venti opere, molte inedite, che raccontano la rielaborazione personale di figure e simboli del Novecento. Dai grandi dipinti dedicati a Pier Paolo Pasolini, in occasione del cinquantenario della sua morte, alle riflessioni sulla guerra, vissuta in prima persona, le tele di Favi non sono semplici rappresentazioni: sono visioni caleidoscopiche che intrecciano memoria, sogno e immaginazione. Il titolo “Fantasmi del Novecento” allude non solo a eventi e personaggi storici, ma anche ai conflitti interiori dell’artista, espressi attraverso un equilibrio tra figurazione e astrazione.

La pittura come esperienza e memoria

Favi stesso spiega: “Non voglio sopravvivere ma vivere, quindi non posso che dipingere. Quando avviene, sono fuori da ogni schema. Riesco a modellare le varie forme sparse in un unico frammento che si trasforma nel giusto tempo di riflessione, di massima lucidità e fatica”. La pittura diventa così per Favi un atto vitale, un mezzo per trasformare l’esperienza vissuta in immagini. La guerra, l’infanzia perduta, la memoria dei genitori sono il motore dei suoi lavori, da cui emergono figure, volti e gesti che oscillano tra il riconoscibile e l’evocativo.

Il critico Marco Fagioli sottolinea come la pittura di Favi sia generata dalla memoria-immagine, che supera la semplice registrazione dei fatti: non si tratta di ricordo o sogno in senso tradizionale, né di surreale, ma di rêverie, uno stato di veglia poetica in cui la mente vaga tra ricordi, immagini e emozioni, trasformandoli in materia pittorica.

In un’intervista a cura di Franco Casati, Favi racconta i motivi profondi della sua pittura: la necessità di modellare forme disperse in un unico frammento, l’attesa del momento giusto in cui la materia pittorica offre la propria forza, il rapporto intimo con i ricordi. Quando ha iniziato a sentire questo impulso? Da bambino, seduto nel seggiolone, con un lapis e un diario aperto: il primo disegno fu una casa con tetto, comignolo, albero e sole. La guerra cancellò quella casa, ma non la capacità di trasfigurare il passato in immagine. Favi lavora con sincerità verso se stesso: riflette, si confronta con la materia pittorica, segue l’ispirazione senza preconcetti.

L’artista: Emanuele Favi

Nato a Vaiano e residente a Firenze, Favi si forma presso l’Istituto tecnico Buzzi di Prato, coltivando sin da giovane l’amore per le arti figurative. Autodidatta, Favi ha affinato la sua tecnica attraverso studio, sperimentazione e intuizione. Ama tutti i colori, ma il rosso occupa un posto speciale per la sua capacità di declinarsi in infinite sfumature emotive. La sua pittura non imita ma rielabora: immagini di Blake, Schiele, Chagall e Picasso convivono in una “stratificazione” visiva che diventa cifra personale, rendendo ogni quadro un caleidoscopio di memorie, sogni e riferimenti culturali.

Il percorso critico di Favi può essere visto in tre fasi. Il primo tempo coincide con gli esordi, dalla prima personale alla Galleria Farsetti nel 1958 fino agli anni Settanta, periodo in cui sperimenta il neoromanticismo, la scenografia e il costume teatrale, e riceve riconoscimenti come la medaglia d’oro del Senato al XX Premio Internazionale del Fiorino (1971). Il secondo tempo, dagli anni Settanta agli Ottanta, è il periodo di maggiore “fortuna critica”, con opere che si confrontano con la memoria storica e l’universo onirico, come evidenziato da Armando Nocentini, Vittoria Corti e Raffaele Monti. Infine, il terzo tempo, quello attuale, mostra una pittura matura, in cui i fantasmi del passato si ricompongono in equilibrio tra anima e forma (Attore, 2020; Metamorfosi, 2021; Donne, 2022).

Favi integra nella sua pittura elementi cinematografici e letterari. Dalla giovinezza, il cinema ha segnato il suo immaginario: in dipinti come 1942, Noi vivi (2020), il volto di Alida Valli emerge come in un manifesto cinematografico, mentre le strutture dei volti, dei fiori e degli spazi ricordano montaggi e inquadrature filmiche. La poesia è un’altra fonte fondamentale: Pascoli, Eliot, Whitman, Lorca, Luzi, Jimenez e Pasolini sono citati nei temi dei suoi quadri, così come grandi romanzi dell’Ottocento francese, inglese, russo e italiano. Le opere di Favi sono spesso omaggi ai poeti: Pavese e i lupi (2022) centra il volto del poeta come fulcro visivo ed emozionale, mentre Giulietta e Romeo (2015) trasforma l’amore e la morte dei personaggi in un racconto visivo neorinascimentale. Il cinema e la letteratura si intrecciano in un’unica trama, dando vita a quadri che parlano contemporaneamente alla memoria storica e alla sensibilità emotiva dello spettatore.

“Fantasmi del ‘900” si configura dunque come un invito a immergersi nella mente e nella memoria di un artista che ha saputo trasformare la propria vita in pittura. Ogni opera è un dialogo tra storia, cinema, poesia e sogno; ogni visita diventa un percorso dentro il tempo, dentro la memoria, dentro le emozioni. La proiezione del documentario di Dario Monaci il 20 novembre completa il viaggio, offrendo un racconto cinematografico e intimo della vita di Favi, della sua poetica e della sua capacità di rendere visibili i fantasmi del Novecento.

Attraverso questa mostra, lo spettatore scopre un mondo di volti, figure e paesaggi, dove passato e presente convivono e si ricompongono in equilibrio, dando corpo a un’arte che è al tempo stesso memoria, rêverie e poesia visiva.

EMANUELE FAVI – FANTASMI DEL NOVECENTO

La Galleria La Soffita – Spazio delle Arti, Piazza Mario Rapisardi, 6, Sesto Fiorentino

16 novembre – 7 dicembre 2025

Inaugurazione della mostra 16 novembre 2025 ore 10.00 

Proiezione del documentario 20 novembre 2025 ore 21.00