Massimo Listri, il fotografo dei luoghi della cultura

Massimo Listri
Uffizi

Il fotografo fiorentino al vertice mondiale della fotografia d’architettura e d’interni apre le porte della sua fondazione e ci racconta le sue passioni.

Con le fotografie di Massimo Listri (classe 1953) i luoghi della cultura mondiale sembrano sfuggire al logorio del tempo, come se il gesto del fotografare li congelasse o li proteggesse sotto campane di cristallo. Di lui sono esemplari le vedute degli interni dei più importanti musei o delle più belle biblioteche del mondo, a cui la casa editrice Taschen, nel 2018, ha dedicato il volume monografico Massimo Listri. The World’s Most Beautiful Libraries.


Siamo stati invitati dall’autore presso la Fondazione Listri per le Arti Visive che ha sede nel quartiere fiorentino di Santo Spirito.

Cappelle Medicee

 

Gli ambienti della Fondazione Listri restituiscono alla perfezione la personalità del loro padrone di casa, un amante dell’arte a tutto tondo. Può raccontarci questa sua passione?

Mio padre, essendo giornalista e scrittore, era sempre circondato da libri e riviste e, sin dall’infanzia, mi ha abituato a visitare musei e osservare architetture. La mia passione per l’arte mi ha portato, col tempo, a formare collezioni archeologiche e di arte antica, di disegni e volumi di storia dell’arte e a creare la fondazione a mio nome. Con la fotografia ho potuto dare sfogo al mio amore per l’architettura e ritrarre gli ambienti di numerosi musei, biblioteche e chiese abbandonate.

Qual è stato, invece, il suo primo incontro con la macchina fotografica?

Tutto è nato dalla passione per l’immagine in senso lato. Intorno ai 16 anni, scoprii la macchina fotografica e la camera oscura, passando interi pomeriggi a scattare e a sviluppare. Era come fare i maghi o gli alchimisti: potevi creare un’immagine dal nulla. Le mie prime fotografie, fatte per gioco, erano di soggetti casalinghi, a seconda di quello che avevo a disposizione. Poi, a 17 anni, mio padre mi regalò una ‘vera’ macchina fotografica e con quella cominciai a fare i primi ritratti. Lo accompagnavo spesso a intervistare vari autori e così ho potuto immortalare personaggi famosi come Marino Marini, Eugenio Montale, Pier Paolo Pasolini e Cesare Zavattini.

Dai nomi che cita si capisce che ha conosciuto personalità molto eterogenee fra loro. Chi è stato a influenzare maggiormente il suo linguaggio?

A dire il vero, sono stato suggestionato soprattutto dal mondo del cinema. Ricordo che da ragazzo rimanevo affascinato dai tagli di Antonioni e di Bergman e da tutti quei registi ‘poetici’ che ponevano una certa attenzione alle inquadrature. All’epoca neanche mi rendevo conto di esserne influenzato. Oggi posso dire di essere come una sorta di shaker al cui interno c’è un po’ tutta l’arte. Sono dell’idea che ogni artista per essere tale debba osservare ciò che lo circonda, specialmente l’arte antica.

Biblioteca Laurenziana Firenze.

 

In effetti, dai formati scelti per le sue stampe si percepisce un forte richiamo alle grandi tele della tradizione pittorica del passato. È così?

Esattamente. Dalla fine degli anni Novanta, grazie alla diffusione di stampanti di grande formato ho iniziato a realizzare alcune fotografie di oltre 4 metri e a esporle quasi come fossero dipinti in musei e gallerie. Questo mi ha permesso di esprimermi in modo differente rispetto al passato, includendo nel mio repertorio fotografie dalle atmosfere un po’ ‘metafisiche’ e ‘astratte’, che fino ad allora non erano state accettate dalle riviste e dalle case editrici.

È notevole il cambiamento avvenuto nella sua carriera: dal ritratto alla fotografia d’architettura. Può raccontarci questo passaggio?

Fino agli anni Settanta le riviste che circolavano in Italia erano Epoca, Gente e Oggi. Nel decennio successivo, invece, si assistette a un boom delle riviste d’arte e d’architettura. Dal 1981, avvenne il sodalizio con la rivista FMR dell’editore e caro amico Franco Maria Ricci. Collaborare con lui è stata la svolta per la mia carriera, perché Ricci dava la possibilità di pubblicare articoli anche di una ventina di pagine ad autori del calibro di Jorge Luis Borges, Italo Calvino, Umberto Eco e Federico Zeri e tutti accompagnati dalle mie fotografie. Questa collaborazione ventennale, insieme alla passione innata per l’arte e l’architettura, mi ha permesso, appunto, di passare dal ritratto all’architettura. Nel corso degli anni ho potuto, così, fotografare per FMR tutto ciò che mi piaceva: facevo sopralluoghi ai castelli della Germania e della Repubblica Ceca, alle cattedrali della Spagna e alle collezioni d’arte di mezzo mondo.

Come mai, nonostante la sua professione di fotografo le permetta di girare il mondo, preferisce rimanere a Firenze?

Agli inizi degli anni Novanta molti amici mi proposero di trasferirmi a Parigi perché, secondo loro, era la capitale dell’arte europea e lì avrei avuto maggiore fortuna. Ma io ho scelto di continuare a vivere nella casa in cui abito da quando avevo 22 anni e girare il mondo da qui. Firenze è in una posizione centrale che mi permette comodamente di spostarmi e, poi… passano tutti da qui!

 

Articolo a cura di Fabrizio Gitto
Foto di Massimo Listri