Dall’Elettrolux alla Bekaert, 10 anni di crisi occupazionale nell’area metropolitana.
C’erano 10mila persone in piazza Santa Croce a Firenze per chiedere che i licenziamenti dei 422 operai della GKN Driveline di Campi Bisenzio venissero ritirati. Capeggiava un grande striscione del Comitato di fabbrica con scritto “Insorgiamo” davanti al palco dei sindacati confederali. Firenze difende il lavoro era lo slogan e in piazza si sono fatti notare per portare la solidarietà agli operai il sindaco Dario Nardella e la bandiera della Fiorentina Giancarlo Antognoni.
Quello della GKN – che produce gli assi per le auto – è un disastro per l’occupazione nella piana fiorentina perché, oltre ai lavoratori direttamente impiegati nello stabilimento di Capalle, bisogna considerare l’indotto stimato in almeno un migliaio di persone. Purtroppo non è la prima emergenza occupazionale che accade nella nostra area di Firenze, una delle più industrializzate e ricche d’Italia.
Il caso della Elettrolux.
Andando a memoria, la prima vittima illustre della crisi fu l’Elettrolux di Scandicci. La multinazionale svedese nel 2008 aveva deciso di chiudere il sito produttivo in Toscana. Si lavorò a lungo all’ipotesi conversione con una nuova proprietà e la green economy sembrava poter dare una mano, ma finì tutto in bancarotta fraudolenta nel 2011. A febbraio 2020 i giudici hanno condannato anche in appello i vertici di Italia Solare Industrie Srl (ISI), l’azienda poi fallita che avrebbe dovuto riconvertire lo stabilimento dalla produzione di elettrodomestici a pannelli fotovoltaici.
Secondo l’accusa, la riconversione industriale di ISI fu una truffa ai danni dei 439 lavoratori della Electrolux e gli enti locali. Il progetto rimase sulla carta e servì solo a catturare contributi pubblici e i premi che la stessa Electrolux aveva pattuito nella cessione dello stabilimento. Gli operai, assunti nel 2009 furono messi in cassa integrazione l’anno successivo, senza far mai partire la produzione.
Allegri: vendita di un marchio storico.
Negli stessi anni si trascinava la chiusura dello stabilimento e la cessione del marchio di Allegri, storica azienda di abbigliamento a Empoli.
La proprietà dell’Allegri era passata dall’omonima famiglia di Vinci, fondatrice dell’impresa celebre per i suoi impermeabili, alla Polaris. Questa “scatola” all’interno della multinazionale coreana LG nel 2015 decise di abbandonare la Toscana mettendo in mobilità i 61 dipendenti, dirigenti compresi, portando il marchio a Milano.
Il dramma della Bekaert.
In tempi più recenti è la situazione della fabbrica Bekaert di Figline che da tempo ha cessato la produzione di steel cord, la corda metallica per pneumatici. Lo stabilimento di proprietà della multinazionale belga – che impiegava a regime 306 lavoratori – sta per lasciare un vuoto produttivo enorme nel tessuto economico e sociale del Valdarno fiorentino.
Il tavolo di concertazione al ministero dello Sviluppo Economico è aperto fino al 31 luglio, ma l’azienda non ritira i 113 licenziamenti per i dipendenti ancora in forza: se non si trovano acquirenti per il sito la chiusura è definitiva. Molti ricorderanno che pure il cantante Sting improvvisò un concerto al sit-in degli operai per solidarizzare con loro.
Il fondo Melrose produce utili e disoccupazione.
Tornando alla GKN, si tratta anche dell’ennesimo caso di un fondo d’investimento straniero che fa shopping di aziende in Italia, le spolpa e poi chiude tutto quando sono soddisfatti dei dividenti versati agli azionisti. La proprietà infatti è riconducibile al fondo inglese Melrose, che ne ha preso il controllo nel 2018. L’azienda aveva chiuso in perdita gli ultimi due bilanci dopo anni di guadagni. A quanto para a causa della pandemia, le prospettive dell’azienda al 2025 sono una riduzione degli utili del 50% rispetto agli anni precedenti il Coronavirus.
La crisi del settore automobile (che appunto si trascina dietro il comparto dell’automotive) è stato l’assist per comunicare con 422 mail ai rispettivi dipendenti i licenziamenti. Fa rabbia pensare che con uno stesso click, pochi mesi prima della decisione di chiudere l’impianto, i manager del fondo speculativo hanno incassato 15 milioni di sterline vendendo tra marzo e aprile 8,7 milioni di titoli (dati S&P Global market Intelligence. Il Fatto Quotidiano).
Speculazione finanziaria per economia reale.
Ecco se qualcuno volesse un esempio esaustivo per comprendere come funziona e gli effetti che produce la finanziarizzazione dell’economia reale, il caso GKN è di scuola. Come facciamo a parlare di etica e cultura del lavoro quando esiste una discrasia così profonda tra le sorti di chi lavora e di chi governa il corrente sistema capitalistico.
Alla Melrose, come agli altri avvoltoi, importa poco o nulla cosa si produce e vende. Interessano solo i dati finanziari, quanto profitto si riesce a produrre e quanto dividendo distribuire agli azionisti.
In questi giorni che ricorre il ventennale dei fatti del G8 di Genova e la contestazione alla globalizzazione neoliberista, la cronaca ci ricorda che il sistema economico dominante è più violento di qualsiasi rivoluzione.
Se il 2020, a causa del lockdown e la pandemia sanitaria è stato l’anno dello smart working, non vorremmo che con lo sblocco dei licenziamenti il 2021 sia a Firenze l’anno del “bad working”.
Questo articolo è stato realizzato in collaborazione con Smart Working Magazine.