I modelli culturali che la Corea del Sud sta esportando da un po’ di anni a questa parte stanno diffondendo quasi globalmente, in un processo iniziato verso la fine del secolo scorso, la cultura e la cultura di massa del paese. Un’onda coreana chiamata Hallyu, a Firenze l’edizione 2024 del Korea Film Festival.
Oltre al colonialismo ben noto, anche culturale, c’è un’altra forma di colonialismo, più sottile, che si può chiamare “di ritorno”. I modelli culturali che la Corea del Sud sta esportando da un po’ di anni a questa parte, in un primo tempo limitatamente al contesto asiatico – in Cina, Giappone, Taiwan e Sudest asiatico con i famosi korean drama – e poi agli Stati Uniti e all’Europa, riguardano forse questa seconda forma di colonialismo. Dopo quello americano e giapponese, di varia natura, che la Corea del Sud ha sperimentato per decenni, cinema, musica e fumetti sudcoreani, stanno diffondendo quasi globalmente, in un processo iniziato verso la fine del secolo scorso, la cultura e la cultura di massa di quel paese. Si chiama Hallyu, onda coreana.
Il professore Hong Yoon-pyo del Chungkang College of Cultural Industries della città coreana di Icheon, ospite della 22ª edizione del Florence Korea Film Fest che si svolge a Firenze fino al 30 marzo, traccia la parabola dei fumetti coreani – e in particolare dei webtoon, fumetti digitali -, rientranti a pieno titolo nella suddetta cultura di massa, e del loro rapporto con i manga giapponesi.
Intorno al 2000, l’industria dei fumetti sudcoreana era in crisi, schiacciata dalla massiccia importazione dei manga dal Giappone; da allora la parabola comincia a invertirsi e i webtoon conquistano sempre più quote di mercato. Al punto che al momento, racconta Hong Yoon-pyo, la metà dei fumetti che scorrono sugli schermi degli smartphone in Giappone è costituita da webtoon coreani.
A tale successo ha contribuito lo sviluppo in verticale del fumetto digitale, a favore di scrolling sullo schermo, perché si è visto che ciò giovasse alla comprensione della trama del fumetto. Inoltre i webtoon sono colorati, a differenza dei manga, tradizionalmente in bianco e nero.
Il boom dei webtoon, sorprendente nella stessa Corea, ha spinto anche il Florence Korea Film Fest a occuparsene, affiancandoli al cinema, media più tradizionale. La mostra allestita nelle sale Ginori di Palazzo Medici Riccardi, fino al 29 Marzo, “Webtoon Wonderland – L’Era dei Webtoon che coesiste con i Video”, getta un occhio sul fumetto coreano e specialmente sui webtoon, presentando alcuni disegni tra quelli oggetto della mostra di fine corso a dicembre 2023 del Chungkang College, che è l’istituto più grande in Corea del Sud in cui s’insegna anche a disegnare fumetti.
Il cinema, comunque, resta il contenuto più importante del FKFF – Florence Korea Film Festival. E il panorama che quest’ultimo offre sulla produzione sudcoreana è, come d’abitudine, molto ampio.
Apertura del festival affidata al film “Concrete Utopia”, campione d’incassi in Corea del Sud, e all’attore Lee Byung-hun, diventato una star anche grazie alla serie tv “Squid Game”, la cui seconda stagione su Netflix è prevista nel corso del 2024. Il protagonista del film si muove in una Seoul rasa al suolo da un terremoto e in cui resta in piedi un solo grattacielo. Il regista Um Tae-hwa, anch’egli ospite al FKFF insieme a Lee Byung-hu, ha voluto affrontare il tema del patrimonio immobiliare nel paese asiatico e la reazione di chi è colpito da un evento disastroso come un terremoto.
A ispirare al regista la storia è stato un webtoon, “Cheerful Outsider”, nella cui trama crolla tutto tranne un condominio. Il festival si sofferma sul talento trasversale di Lee Byung-hun, proponendo film che lo hanno visto interpretare ruoli in contesti molto diversi: da “Bittersweet Life” a “Once in a Summer”, in cui l’attore interpreta un professore ormai anziano che non ha mai dimenticato il primo amore per una bibliotecaria, e a “Masquerade”, film ambientato nel XVI secolo.
Il percorso del festival si dipana tra film nuovi, come quelli del 2023 nella sezione Orizzonti Coreani, e titoli d’annata, come quelli della sezione anni 60, che entra nella storia del cinema coreano, portando alla luce capolavori dimenticati. Alla vetrina del cinema indipendente, chiamata Independent Korea, si affiancano i cortometraggi della sezione Corti, Corti!. Quest’ultima diventa un contenitore di tematiche forti, come l’uguaglianza di genere, la sostenibilità e l’intelligenza artificiale, in cui registi emergenti e sovente studenti delle scuole di cinema, dipingono un affresco della Corea del Sud di oggi, percorsa da problematiche non solo nazionali ma globali.