I cinema perduti di Firenze

cinema firenze

Sono molti i “cinema perduti” di Firenze. Abbiamo immaginato una sorta di Via Crucis in città per ripercorrere storie e vicende di famose sale ormai definitivamente chiuse.

Siamo nell’autunno del 1894. In quella che allora si chiamava Piazza Vittorio Emanuele – l’attuale Piazza della Repubblica – un anonimo impiegato fototecnico dell’Istituto Geografico Militare si aggira per negozi. La piazza è nuova di zecca, risultato del Risanamento che ha cambiato irreversibilmente i connotati di Firenze. Al centro si può ammirare la già ampiamente vituperata statua equestre del re, “Emanuele a corpo sciolto” (cit. Vamba). Poco più in là, a incorniciare l’intero perimetro con un gusto borghese e un po’ stucchevolmente cosmopolita, si ergono quei grandi palazzi che ancora oggi vi si affacciano, le “porcherie” che Telemaco Signorini non avrebbe mai saputo digerire. L’uomo si affaccia in una bottega e si interessa a un misterioso marchingegno: si tratta del curioso Kinétoscope, brevettato pochi anni addietro da Thomas Alva Edison. L’uomo tenta di intavolare una conversazione col negoziante, chiedendogli lumi sul funzionamento dell’apparecchio. Posto di fronte a un deciso diniego, non si dà per vinto. Anzi: torna a casa e inizia a elaborare un progetto tutto suo. Filoteo Alberini, d’altro canto, non è nuovo a simili imprese. E così, nell’arco di pochi mesi, il suo “kinetografo” è pronto. Sottoposto al giudizio dei fratelli Lumière in persona, il progetto troverà una serie di fatali lungaggini burocratiche. Alberini dovrà aspettare più di un anno, infatti, prima che il Ministero dell’Industria e del Commercio gli rilasci il brevetto. Nel frattempo, i fratelli Lumière avranno già organizzato il primo ciclo di proiezioni cinematografiche della storia: il leggendario spettacolo, alla presenza di sole trentatré persone, consumatosi presso il Salon indien du Grand Café di Parigi il 28 dicembre del 1895. Il legame fra Firenze e la Settima Arte, manco a farlo apposta, parte proprio da qui: da una controversia sul primato di un’invenzione, sullo sfondo di una città in repentino e apparentemente inarrestabile cambiamento. E non è certo un caso, a conti fatti, che la prima vera e propria sala cinematografica d’Europa sia nata qui, in questa stessa piazza che ha fatto da scenografia alla scoperta di Alberini.

Lumière, sala Edison e Gambrinus

È il 1899, infatti, quando egli inaugura la sua sala Reale Cinematografo Lumière, presto eclissata, già nell’anno successivo, dalla sala Edison di Remondini. La breve esistenza del più antico cinema di Firenze sembra così prefigurarsi addirittura come un monito. Ed eccoci qua, a centovent’anni dalla chiusura della sala di Alberini, a fare il punto della situazione. Immaginiamo di seguire una malinconica Via Crucis, suddivisa in dieci stazioni, lungo l’itinerario simbolico di un’epopea tutta fiorentina. Partendo proprio da Piazza della Repubblica, a un tiro di schioppo da dove si è recentemente inaugurata la nuova libreria Giunti all’interno dell’Odeon, si trova uno stabile con una lunga storia sulle spalle. In via de’ Brunelleschi 1, all’angolo con via del Campidoglio e via de’ Vecchietti, sorge infatti l’edificio che per molto tempo ha ospitato il Cinema Centrale Gambrinus. Sotto i portici del Palazzo dell’Arcone di Piazza, già nel 1894, lo stesso Filoteo Alberini avrebbe potuto prendersi un drink al celebre Caffè Gambrinus Halle, destinato a evolversi, nel 1922, in una sala di proiezioni con ben milleottocento posti. Ristrutturato nel 1948 e vittima di un incendio nel 1950, il Gambrinus sarebbe stato quindi restaurato, arrivando pressoché invariato fino al 2007. Da allora, dopo la chiusura definitiva del cinema, l’edificio è stato oggetto di un piano di Carlo Carbone e dello Studio Architettura Acustica, che nel 2011 ne hanno fatto la sede fiorentina del celebre marchio Hard Rock Cafe.

Cinema Capitol

Attraversando la grande piazza e immettendosi in via Calimala, quindi, si raggiunge in breve tempo Piazza della Signoria, da cui, in pochi attimi, si giunge alla Loggia del Grano. L’elegante edificio, di impianto ottocentesco, venne eretto nel 1868 per ospitarvi un teatro. Acquistato a inizio Novecento dall’attore Tommaso Salvini, esso si sarebbe trasformato più volte: dapprima nella sala da concerto Folies Bergère (1910), poi nel cinema di varietà Imperiale (1935). Oggetto di un importante intervento di ricostruzione, quindi, nel 1957 riaprì i battenti come cinema Capitol. Sopravvissuto a tre decenni di vita fiorentina e ad altrettanti piani regolatori, il Capitol si sarebbe quindi spento in un triste abbandono, durato dieci anni, prima di essere acquistato da una società del Gruppo Benetton e subire una metamorfosi in centro commerciale e polifunzionale. I locali del cinema, rimasti in buona parte deserti, sono rinati recentemente sotto forma di grandi magazzini Coin (dicembre 2022). Attraversando l’Arno all’altezza del Ponte Vecchio, intanto, si giunge in un’area che sembra particolarmente emblematica degli sviluppi architettonici della città nel corso del Novecento. I primi edifici di cui il nostro sguardo si riempie, non appena sbarcati nell’Oltrarno, sono infatti il frutto di un’assai controversa serie di interventi postbellici, volti a risanare una zona particolarmente colpita dai bombardamenti alleati. Di fronte a un ventaglio di possibilità quasi illimitate, all’epoca, si scelse la via del compromesso: salvaguardare e valorizzare, certo, ma anche speculare sull’urgenza di nuovi spazi da adibire a centri di commercio. E così, in un marasma di stabili ad alta densità edilizia e discutibile valore architettonico, sorse la via de’ Guicciardini che conosciamo oggi.

L’Arlecchino, il cinema per soli adulti

E in una via a essa perpendicolare, via de’ Bardi, è esistito un cinema a luci rosse particolarmente apprezzato. L’Arlecchino è nato nel 1959, in mezzo alla medesima temperie architettonica appena accennata, e si è ritagliato un posto speciale nella memoria di molti fiorentini. L’edificio che lo ospitava, divenuto uno store “Sapori e Dintorni” della Conad nel 2010, è considerato un’interessante commistione tra esigenze commerciali e di design.

Cinema Eolo

Giunti da questo lato del fiume, in ogni caso, non è necessario camminare molto prima di imbattersi in altri relitti cinematografici fiorentini. Al contrario: è sufficiente tirare a diritto in Borgo San Jacopo, nell’attesa che esso confluisca in Via Santo Spirito e quindi in Borgo San Frediano. Qui, nell’arco di poche decine di metri, troviamo le spoglie di due sale particolarmente amate dal quartiere. La prima che incontriamo è l’ex cinema Eolo, realizzato negli anni Cinquanta dall’architetto Bruno Sacchi e primo caso, in città, di cinema a due sale. Precipitato anch’esso nell’abbandono, purtroppo, avrebbe conosciuto una breve stagione come sala bingo, per poi essere definitivamente chiuso. Anche a costeggiarlo oggi non si può che rimanere vagamente amareggiati, di fronte allo spettacolo deprimente del suo nome rimasto impresso sulla vernice di facciata. Tale complesso, collocato in una delle zone più ambite di Firenze, è probabilmente destinato a diventare un hotel da trentacinque camere, con tanto di ristorante e prestigiosa SPA sul tetto (almeno stando ai rendering di alcuni studi architettonici che vi starebbero lavorando).

Cinema Universale

Superata Porta San Frediano e imboccata via Pisana, però, ecco che si intravede l’inconfondibile silhouette del cinema Universale: una visione effimera, tuttavia, perché basta avvicinarsi per realizzare che di cinematografico, ormai, non ha che tutte le leggende che lo ricordano. Si racconta un po’ di tutto dell’Universale. Nato nel secondo dopoguerra ed evolutosi nel tempo in luogo di aggregazione, socialità, umorismo e politica, è al centro di una fittissima aneddotica di cui molti fiorentini continuano ad alimentare il fascino. Si dice che vi si potesse entrare con tanto di vespa, che i film venissero scelti per alzata di mano dagli avventori e che vi si esprimesse continuamente tutta la delicatissima verve toscana. Tale idillio di “abburracciugagnene” e spinelli, in ogni caso, si infranse nel 1989, alla chiusura definitiva del cinema. Riaperto nel 2000 come discoteca, avrebbe nuovamente chiuso i battenti dopo soli sette anni, tra polemiche e rancori di ogni tipo. Oggi, l’ex cinema Universale non è altro che un anonimo condominio a uso residenziale.

L’Aldebaran e il Fulgor

Da via Pisana, attraversato il Ponte alla Vittoria, si torna sull’altra sponda dell’Arno e ad altri fossili. Da Porta al Prato ci si apre un bivio: girare a sinistra e raggiungere via Baracca, dove un tempo sorgeva l’Aldebaran? Oppure girare a destra, lungo via Il Prato, fino a intercettare il Fulgor in via Maso Finiguerra e l’Ariston in piazza degli Ottaviani? Raccontarli tutti e tre in poche battute non è semplice, ma senz’altro meritevole di un tentativo. L’Aldebaran, posto all’incrocio con via Clementi, oggi semplicemente non esiste più. Dopo una gloriosa parabola da cinema porno, infatti, ha chiuso i battenti nel 2007, venendo demolito di lì a poco. Adesso, al suo posto, sorge un complesso residenziale di quarantadue appartamenti. Tornando in centro, invece, si raggiungono due vecchi cimeli: in primis il cinema Fulgor, che ha abbassato le saracinesche nel lontano 2016. La sua è una situazione particolarmente delicata, visto il limbo amministrativo in cui lo stabile si è trovato invischiato. A seguito dell’arresto di Massimo Ferrero – già presidente della Sampdoria – per reati societari e di bancarotta, la dialettica fra proprietà e consiglio comunale ha conosciuto lunghi periodi di stasi. Recentemente, l’ex Fulgor è stato proposto come possibile sede della moschea di Firenze, a seguito della chiusura di quella storica sita in Borgo Allegri. Tale destinazione d’uso, non del tutto incompatibile coi vincoli urbanistici che ne decreterebbero il mantenimento al 60% dell’antica funzione di cinema, è restata tuttavia soltanto ipotetica.

Il cinema Ariston, oggi museo del treno

Oggi, a passeggiare in via Maso Finiguerra, non si vede nient’altro che un vecchio edificio fatiscente, con la facciata che ancora reca un laconico cartello con su scritto Chiuso per ferie. La storia del cinema Ariston, a pochi metri da lì, è invece assai diversa. Nato nel 1938 come cinema Trionfale, poi divenuto Ottaviani (1946) e quindi Ariston (1953), è caduto in declino negli anni Novanta, quando Vittorio Cecchi Gori ne acquistò la proprietà insieme a quella del già citato Eolo. La crisi dell’Ariston, in effetti, è quasi speculare a quella del suo gemello, visto che a seguito della chiusura definitiva (2000) ha conosciuto anch’esso una breve parentesi come sala bingo. Acquistato dal marchese Giuseppe di San Giuliano per oltre cinque milioni di euro, ha riaperto nel 2022 come HZERO, il museo del treno e del modellismo ferroviario, con all’interno uno dei plastici più grandi d’Europa (ben trecento metri quadri di binari, stazioni e città in miniatura…). Superata Piazza Santa Maria Novella e la stazione, quindi, giungiamo alle ultime tappe di questo itinerario. La rumorosa via Nazionale, snodo vivace e trafficato, cela al suo interno ben due storici cinema in disuso. Il primo, quasi famigerato, è il cinema erotico Italia, acquistato insieme all’Arlecchino da Conad e divenuto anch’esso uno store Sapori e Dintorni (2010). Non essendo le sale pornografiche vincolate al mantenimento della destinazione d’uso ad attività culturali, ha chiuso i battenti dopo molti problemi (fra cui un’indagine su un losco giro di prostituzione maschile, al suo interno, nel 2007).

Il cinema Apollo, già cinema Rex, già Politeama

Pochi passi e raggiungiamo l’ultima tappa del giro. Era il 1864 quando, in una Firenze capitale in divenire, veniva eretto il Politeama, un teatro all’aperto “composto da panche e tele collocate in mezzo a un ameno giardino quasi improvvisato” (La Nazione, 10 luglio 1864). Demolito nel 1936, esso venne trasformato nel cinema Rex, su progetto del grande architetto modernista Nello Baroni, per poi cambiare nome in Apollo nell’immediato dopoguerra (ve ne avevamo parlato in un articolo dedicato qui). Gravemente danneggiato dall’alluvione del ’66, il cinema Apollo venne quindi restaurato da Italo Gamberini, per poi conoscere un breve momento di gloria nel 1986. In quell’anno, a causa di lavori di manutenzione al Teatro Verdi, l’Apollo lo sostituì temporaneamente, ospitando, nell’arco di pochi mesi, spettacoli dei più disparati artisti, fra cui i concerti di Tina Turner, Kraftwerk e Gianni Morandi. Tale fugace “botta di vita” venne interrotta da una bufera che ne scoperchiò il tetto, dando inizio a un declino finito con la chiusura e quindi, nel 2009, con la demolizione di ogni elemento non vincolato e la riapertura come Hotel Mercure (2015). Quella tempesta, a posteriori, sembra aggiungersi alla lista dei neri presagi che incombono costantemente sui cinema fiorentini, fin dalla nascita della prima sala di Alberini.