ICONS: STEVE MCCURRY a Villa Bardini

Ancora pochi giorni per visitare presso Villa Bardini, fino al 16 Settembre, la mostra ICONS di Steve McCurry, curata da Biba Giacchetti, che ha raccolto oltre 100 scatti del famoso fotografo americano.

La mostra si snoda come un viaggio simbolico attraverso 40 anni di carriera e una moltitudine di Paesi immortalati: India, Afghanistan, Birmania, Giappone, Cuba, Brasile e altri.

 

Rangoon, Burma, 1994..Magnum Photos, NYC62603, MCS1994009 K207.
CAPTION: Child at Train Window. Rangoon, Burma, 1994.
final print_Sao Paulo
retouched_Sonny Fabbri
book_Unguarded Moment

“Con le sue foto Steve McCurry ci pone a contatto con le etnie più lontane e con le condizioni sociali più disparate – ha affermato la curatrice Biba Giacchetti – mettendo in evidenza una condizione umana fatta di sentimenti universali e di sguardi la cui fierezza afferma la medesima dignità. Con le sue foto ci consente di attraversare le frontiere e di conoscere da vicino un mondo che è destinato a grandi cambiamenti. La mostra inizia, infatti, con una straordinaria serie di ritratti e si sviluppa tra immagini di guerra e di poesia, di sofferenza e di gioia, di stupore e d’ironia. Sono le immagini da lui più amate, raccolte in una sorta di viaggio libero che parte da grandi sezioni di ritratti, affronta temi più seri, come le guerre, l’11 settembre, i monsoni e il terremoto del Giappone, per fondersi poi in sale più rasserenanti che ospitano immagini più poetiche, tratte dai grandi progetti di McCurry sulla spiritualità e sulla lettura’’.
Una serie di sale dedicate a temi specifici: dai ritratti in bianco e nero dei rifugiati travolti dal colpo di stato in Afganistan che lo resero famoso in tutto il mondo, alla plasticità elastica dei monaci shaolin che, per lui, improvvisarono un’esibizione, a una serie di paesaggi così impressionanti da sembrare quadri.
E, al centro (come è stata centro della sua carriera), regna lei: Sharbat Gula, la ragazza afghana (allora senza nome) che McCurry fotografò nel campo profughi di Peshawar in Pakistan. Indimenticabili occhi verdi, perforanti, vibranti, iridi che il fotoreporter ha a lungo cercato e confrontato tra milioni di altre prima di ritrovarle, diciassette anni dopo. Un incontro emozionante che un filmato del National Geographic ha registrato e che è visibile per intero presso una saletta del museo.

È lo stesso Mc Curry a raccontarsi qui e a descrivere le sue foto ‘iconiche’: quelle che per lui, più di altre, rappresentano simboli e traguardi. Momenti in cui carriera professionale e vita privata si intrecciano e si incrociano, lasciando come traccia indelebile un’unica impressionante fotografia.
“Il desiderio di scoprire, la voglia di emozionare, il gusto di catturare, tre concetti che riassumono l’arte della fotografia” diceva Helmut Newton. Steve Mc Curry li comprende tutti.
Una mostra imperdibile che se non avete ancora visto, vale la pena approfittare assolutamente.
Rita Barbieri

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