Fino al 27 ottobre la mostra Rivelazioni, con le opere delle artiste Juliette Minchin e Marta Roberti, riporta in vita l’antico convento rimasto abbandonato per quasi 40 anni.
Agli inizi del 1300 è stato un convento benedettino fondato da donne, secoli dopo è stato trasformato in una Manifattura Tabacchi, è stato destinato poi in un centro per sfrattati e profughi istriani, negli anni ‘80 è divenuto una caserma militare della Guardia di Finanza: il complesso Di Sant’Orsola è rimasto poi abbandonato per circa quarant’anni ed è testimone di stratificazioni e trasformazioni continue.
Il progetto di recupero si è avviato nel 2020 con un investimento di 30 milioni di euro e sarà completato entro il 2026. La società francese scelta dalla Città Metropolitana per la riqualificazione del complesso è Storia, filiale di ARTEA, che gestirà la struttura per almeno 50 anni.
Il progetto finale, affidato all’architetto Claudio Nardi per l’interior design, prevederà la realizzazione di una scuola d’arte e di design, ristoranti e caffè, botteghe di artigiani e atelier d’artisti, una foresteria, spazi di coworking e un Museo, gestito da una fondazione senza scopo di lucro per sostenere la produzione artistica contemporanea.
E’ stata inaugurata lo scorso 27 giugno la mostra Rivelazioni, curata dalla Direttrice del futuro Museo di San’Orsola Morgane Lucquet Laforgue, alla presenza dell’artista Marta Roberti, di Anne-Sarah Bénichou, gallerista di Juliette Minchin, Claudio Nardi, interior designer di Sant’Orsola e Philippe Baudry, presidente e amministratore delegato di ARTEA.
L’intenzione della direttrice del futuro Museo è quella di riportare alla fruizione della cittadinanza le opere trovate nei seminterrati del convento che hanno più di quattrocento anni, valorizzare gli spazi della ex chiesa esterna del convento dove si trova la tomba di Lisa Gherardini, la celeberrima Monnalisa. Ma anche garantire un’apertura al contemporaneo, con una proposta di dialogo tra l’antico e l’attuale.
Come ha dichiarato la direttrice in conferenza stampa, “in concomitanza con i lavori del cantiere, la nostra direzione va oltre le mura dello spazio museale, così che il deturpamento avvenuto nei secoli si trasforma effettivamente in possibilità creativa”.
La mostra è concepita come una rievocazione onirica del passato del convento. Due artiste donne sono state chiamate ad intervenire con le loro opere con la richiesta di entrare in contatto con il luogo che le ospita.
Juliette Minchin, francese classe 1992, usa tecniche particolari per materiali particolari: cera, argilla, legno, ferro, liquidi. Diplomata alla Scuola Nazionale di Arti Decorative in Scenografia e all’Accademia di Belle Arti di Parigi e reduce dall’esposizione 2024 ad Art Brussels ed Art Basel, in questa mostra fiorentina l’artista si è misurata negli spazi della ex chiesa esterna e della ex spezieria, utilizzando una cera dal colore rosa pallido. Scenografici drappeggi, muri, lampadari di cera. Alcune di queste opere mutano effimere con l’accedersi di stoppini, profumando l’ambiente di una dimensione meditativa.
Marta Roberti, italiana (Brescia, 1977), laureata all’Università di Verona in Filosofia e diplomata nell’indirizzo di Cinema e Video presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, è prima di tutto una disegnatrice; tra le innumerevoli mostre e fiere internaazionali a cui ha partecipato, nel 2023 ha disegnato per Dior le scenografie della sfilata Autunno/Inverno 2023/24 (collezione Donna) che si è svolta nei giardini del Museo Rodin a Parigi. Roberti si cimenta in varie tecniche, che hanno come tema centrale quello della natura. In questa mostra, l’artista espone le sue opere nelle vecchie celle e nei sotterranei.
Disegni su preziosa carta cinese, rievocano gli affreschi murari delle celle delle monache: una riflessione su tre Santi rappresentati in forma di autoritratti si trovano in relazione con alcuni animali, la tecnica di disegno è indiretta, su carta carbone, i colori utilizzati sono particolari colori ad olio. Nei sotterranei prosegue l’esposizione di disegni retroilluminati che emergono come apparizioni e instaurano un dialogo tra Oriente ed Occidente, come costante ricerca su ciò che l’uomo considera altro da sé: la natura, gli animali, la donna.
In copertina: le opere di cera di Juliette Minchin si dispiegano attorno allo scavo archeologico della ex chiesa esterna di Sant’Orsola, dove è conservata la tomba di Lisa Gherardini – scatto di © Cinestudio Italy