Mestieri artigianali che non si tramandano più di padre in figlio ma ad apprendisti stranieri. Storia di Hojun Choi e Qemal Selimi presso la prestigiosa sartoria Liverano & Liverano.
C’è stato un decennio davvero buio nel mondo dei mestieri artigianali: anni in cui nei centri storici le saracinesche dei laboratori si abbassavano per sempre, una dietro l’altra, per la cronica mancanza di giovani apprendisti in grado di garantire quella continuità maestro-allievo alla base di ogni mestiere.
Attribuisco parte della responsabilità ad una visione distorta dei più giovani, abituati a pensare alle attività manuali come a qualcosa di molto sacrificante e poco remunerativo e alla laurea come alla panacea di ogni male in ambito lavorativo. Troppo a lungo, sulla scorta di quelle generazioni svezzate dall’agio degli ’80, abbiamo avuto cieca fiducia nell’illimitatezza dei «quadri intermedi in ambito pubblico» o delle posizioni di responsabilità all’interno di una multinazionale qualsiasi, sicuri che anche a noi, laurea in tasca, si sarebbe prospettato il più roseo tra i futuri possibili.
Sta di fatto che intorno ai primi anni duemila gli unici a scegliere un mestiere artigianale, per passione o per necessità, erano in maggioranza stranieri, consci dei sacrifici fisici e talvolta economici che l’apprendimento di un mestiere comporta.
Hojun Choi, coreano di Seoul e Qemal Selimi albanese di Tirana, trentenni, sono paradigmatici a tal proposito: dopo anni di fatiche sono diventati due pilastri della storica sartoria Liverano & Liverano di via dei Fossi e due promesse assolute del panorama sartoriale europeo.
Il loro maestro e mentore, Antonio Liverano, oltre ad essere sarto di fama planetaria e oracolo di stile per ognuno dei suoi committenti sparsi in mezzo mondo, è anche uno di quegli imprenditori illuminati capaci di far fronte alle contingenze proprie di ogni epoca con una differente attitudine mentale: mentre i suoi colleghi continuavano a giustificare l’immobilismo stilistico con l’ossequio della tradizione, Liverano ha creato uno stile proprio partendo ovviamente dalla giacca di scuola sartoriale fiorentina giungendo però a qualcosa di completamente nuovo, per molti versi rivoluzionario.
Proprio Hojun mi dice di essere rimasto folgorato dalla linea di una giacca Liverano, costituita da spalle leggermente estese e prive di imbottiture, fondo molto aperto, revers importanti e quella singola pence obliqua sul fianco che è un po’ la firma dell’atelier fiorentino.
Questa fu la molla che nel 2010 lo portò a Firenze per imparare il mestiere di sarto, nonostante una laurea in ingegneria informatica già conseguita in patria.
«I primi mesi sono i più difficili perché ti costringono a confrontarti con i tuoi limiti, prima fisici poi mentali. Una volta che la mano si scioglie è possibile iniziare l’apprendimento vero e proprio, sia a livello tecnico che mnemonico, basato sulla ripetizione del gesto fino a quando non si riesca ad eseguire un lavoro senza sbavature. Ecco, è stato in questo periodo che Qemal mi ha molto aiutato: quando sono arrivato lui lavorava qui già da qualche anno ed essendo mio coetaneo riuscivo a confrontarmi alla pari su tutto, dal lavoro alle difficoltà della vita lontano da casa».
Qemal è arrivato adolescente a Lucca, assieme alla sua famiglia ed avendo già un minimo di dimestichezza con ago e filo decise di frequentare un istituto professionale per i mestieri della moda.
«Grazie ad uno stage conobbi un sarto lucchese disponibile ad insegnarmi qualche rudimento nel pomeriggio dopo la scuola. Mi piacque fin da subito e così all’indomani del diploma decisi che doveva diventare il mio lavoro. Arrivai in via dei Fossi pochi mesi dopo e adesso dopo quasi otto anni mi ritengo un privilegiato: lavorare in un ambiente come questo ti permette di apprendere stando a stretto contatto con una clientela internazionale colta ed esigente capace di offrire continui spunti, che ti costringe ad alzare sempre di più l’asticella portandoti a sviluppare un tuo gusto personale. Senza questo corredo di competenze è senz’altro possibile diventare bravi sarti, ma la differenza la fanno i clienti: servire coloro che hanno bisogno di un abito da lavoro, grigio o blu che sia, ti consente di migliorare la tecnica e null’altro; quelli che invece fanno dell’eleganza un esercizio quotidiano rimangono il miglior propulsore per l’artigiano che ambisca ad elevarsi a maestro».
L’ambizione non manca di certo a questa coppia così affiatata ed improbabile da somigliare ai Jules e Jim descritti da Roché nell’omonimo romanzo: sentirli discutere ognuno col proprio accento della supremazia dei tessuti inglesi su quelli nazionali mentre attraversano ponte alla Carraia pare un omaggio al duo franco-tedesco intento a disquisire di letteratura sulle sponde della Senna ai primi del novecento: ciascuno con la propria identità culturale e stilistica ma entrambi innamorati delle mille sfaccettature di un lavoro che li vedrà protagonisti assoluti degli anni a venire. •
Testo e foto di Renzo Ruggi
Liverano & Liverano Sartoria
Via dei Fossi 43/r
50123 Firenze
Tel. 055 239 6436
info@liverano.com
www.liverano.com
ENGLISH VERSION>>>>
Craftsmanship has passed through a very black decade: years in which the laboratories shut down in the city centre forever, one after another, because of the chronic lack of young apprentices. According to the prejudices of the young, these jobs are seen as not profitable and very tiring so they privilege a degree and aspire to be employed in multinational companies. As a consequence, in the first years of the 2000’s the only ones who looked for handcraft works, both for necessity or passion, were mainly strangers.
Hojun Choi, Korean from Seoul, and Qemal Selimi, Albanian from Tirana, both 30 years old, are some of them: after years of fatigue they have become two pillars of the historical tailor’s shop Liverano & Liverano in Via dei Fossi. They are now two absolute promises in the European sartorial panorama.
Their master, Antonio Liverano, is a very famous tailor and oracle of style for each of his customers all over the world. He is one of those enlightened entrepreneurs able to face all the challenges of their time with a different mental attitude. While his colleagues keep on justifying the stylist immobility with the respect of tradition, Liverano has created a personal style, starting from the traditional Florentine sartorial jacket up to something very new and somehow revolutionary.
Hojun tells me that he was struck from the line of a Liverano jacket with extended shoulders without padding, a very large bottom, important lapels and a single oblique pence on the hip, the very sign of the Florentine atelier. That was the spur that, in 2010, brought Hojun in Florence to become tailor despite a degree in informatics.
«The first months were the hardest ones because I had to face my physical and mental limits. Once the hand loosens up it’s possible to truly start learning, both on the technical and mnemonic levels. In this period Qemal helped me a lot: when I arrived, he already worked here and I could confront openly with him about work and life matters».
Qemal arrived with his family to Lucca when he was a teenager. He was already able to sew and so he attended a vocational school for fashion: «During an internship I met a tailor from Lucca who taught me a lot and then I decided it would have become my job. After eight years here in Via dei Fossi I feel privileged: in such an environment you can work with international customers and that teaches you a lot and helps you creating your own taste. You can become a good tailor in different ways, but only through this kind of experience you can become a real expert: serving men who dress elegantly as a lifestyle is the best push for the artisan to become a true master».
This close-knit couple has got ambition. Listening to them talking about the different fabrics while crossing Ponte alla Carraia looks like an homage to Jules and Jim: each of them with his own cultural and stylistic identity and both in love with the thousands facets of a work in which they will be absolute protagonists. •