Luca Rossi, anonimo contemporaneo

luca rossi

Intervista al portavoce del collettivo Luca Rossi: per una critica e un progetto anticonvenzionali nel sistema dell’arte contemporanea.

Firenze capitale del contemporaneo: il palco è grande, tra Musei istituzionali e privati, vecchie e nuove gallerie. Nel vasto mare della rete internet dove ciascuno dice la sua, spiccano da tempo i commenti di una voce francamente sovversiva che si scontra con il sistema costituito dell’arte contemporanea. 

Merita approfondire il Progetto Luca Rossi: nasce 14 anni fa come collettivo che porta il nome dell’uomo comune, lo stesso uomo che nel grande contenitore social è stato autorizzato a commentare tutto di tutto e si sviluppa con l’intenzione di nutrire un confronto positivo e onestamente critico circa l’arte contemporanea: discorso che, tutto ben considerato, in Italia non esiste, «… E non esiste perché nessuno può criticare pubblicamente nessuno, per il rischio di perdere delle opportunità lavorative future» commenta Luca Rossi «…Un settore che non ha riferimenti critici oggettivi diventa una Caporetto perché può essere accettabile tutto e il contrario di tutto, ma questo non avviene neppure nella nostra vita: ciascuno di noi fa scelte di valore, ogni secondo! Un ambito come quello dell’arte contemporanea che potrebbe avere grandi opportunità viene completamente soffocato da questa omertà, da questo clima di soggezione collettivo e quindi non c’è più una riflessione sul valore delle opere che invece è fondamentale per la nostra vita: le cose vengono tenute in piedi dal doping delle pubbliche relazioni».

Quella di Luca Rossi è – purtroppo – forse l’unica voce in Italia che mette in discussione l’arte contemporanea, ma è stato anche considerato da Fabio Cavallucci la possibilità artistica più interessante del Paese e da Giacinto Di Pietrantonio la nuova Vanessa Beecroft… Infatti – particolarità non secondaria – dal lavoro critico del collettivo discende una progettualità alternativa, che è quella di attività artistica, una progettualità formativa (la Luca Rossi Art Academy, con laboratorio di corsi online) e una divulgativa, con visite guidate organizzate con l’intenzione di portare l’arte fuori dal museo. 

If you don’t understand something, search for it on YouTube, lettere in legno, 11×2 metri, Val Badia, Biennale Smach 2017

Appartengono al progetto Luca Rossi alcune teorie degne di nota, come quella della “Nonni-Genitori Foundation”, la teoria della “Ikea Evoluta”, quella della sindrome del “Giovane Indiana Jones”; per Luca Rossi: «Tutto quello che sale sul piedistallo della rappresentazione ha già le gambe tagliate in partenza. Allo stesso tempo, non abbiamo bisogno di esprimerci, lo facciamo fin troppo, con il facile accesso ai social e all’opportunità di commentare senza freni: abbiamo bisogno di interstizi di solitudine e silenzio per dire finalmente qualcosa di vero».

Il ruolo dell’artista nel contemporaneo: allenare nuovi occhi. Per Luca Rossi l’attuale sistema contemporaneo riflette quello della materia nell’universo: c’è ancora un 90% di opportunità nascoste, per mancanza di una formazione capace di stimolare un concetto critico. Il lavoro dunque andrebbe fatto a livello formativo e divulgativo. 

«Oggi l’artista dovrebbe sviluppare un’attitudine che possa essere applicata nella nostra vita quotidiana: dovrebbe aiutarci ad allenare nuovi occhi. Questa dinamica banale non viene affrontata, si finisce così per nutrire linguaggi derivativi, spesso anche senza troppa consapevolezza. Il primo oggetto della critica di Luca Rossi sono stato io, che nasco come artista: ho dovuto generare da solo un dispositivo per crescere. Così come artista sono stato del tutto emarginato, e poi sono rinato, facendo cose che altrimenti non avrei mai fatto».

Non farsi fregare dal contemporaneo

«Il pubblico tende a essere lasciato lontano rispetto al contemporaneo, è sempre in soggezione, più che in un museo sembra di trovarsi in chiesa; non si può mai dire nulla, non c’è un dibattito dopo le mostre, né tra il pubblico né sulle riviste. Parlo di un dibattito vero. Non che serva offendere, ma è necessario farsi delle domande rispetto alle opere esposte. E il problema è anche formativo: per capire profondamente il contemporaneo – meglio: per non farsi fregare dal contemporaneo – occorre conoscere un alfabeto, almeno quello moderno altrimenti tutti i linguaggi derivati nell’arte contemporanea, quello che viene chiamato manierismo, nel 2023 diventa design di interni. Occorre stimolare il contemporaneo a mettersi in discussione e procedere, basta con la rielaborazione di quello che è già successo! E in questo anche le Accademie hanno una grande responsabilità: hanno programmi scolastici fermi alle guerre puniche, perché tutti gli addetti ai lavori lavorano lì, dunque nessuno può essere delegittimato».

Tu qui non puoi parlare, gomma da cancellare, forbice, Luca Rossi 2023.

Il ruolo delle gallerie d’arte

Oggigiorno le gallerie d’arte sono dei nodi fondamentali del sistema. «Hanno in mano i collezionisti e il mercato, quindi sono senza dubbio centrali… Ecco però che proprio loro, le gallerie, non intendono avere interferenze alla vendita: una voce critica crea delle interferenze e quindi ne evitano ogni possibile sviluppo. Così tutti per sopravvivere si buttano nel moderno, sulle prime file e sulle seconde, vengono anche recuperati artisti dimenticati… Questo perché il contemporaneo è agonizzante: uccidendone il confronto critico sul valore, ne abbiamo perso anche le motivazioni. Nel 2018 ad Artissima una giovanissima ragazza, assistente del direttore, venne da me per dirmi: “Tu qui non puoi parlare”. Vedi, si fa un gran parlare di mondo progressista, arte contemporanea, fluidità di genere… ma la paura di non vendere e mettere in crisi questo sistema genera un vero e proprio regime».

Firenze capitale del contemporaneo

Firenze è, oggettivamente, importante capitale del contemporaneo. «Effettivamente non esistono città che competono con la sua vitalità: per alcuni punti di vista, come progetti, è anche superiore a Milano, che non ha un museo di arte contemporanea ma solo delle realtà private. Roma al Maxxi non crea mai l’evento, le sue mostre sono molto annacquate, poco incidenti. Se andiamo a vedere il dettaglio, ci sono comunque sbavature anche nell’offerta fiorentina. Il Museo del Novecento è un luogo molto costretto, Risaliti fa mostre a volte asfittiche, forse perché non ha il budget di Galansino, comunque organizza cose interessanti, ma che possono scadere nel debole. Galansino fa un ottimo lavoro, furbe mostre blockbuster, dove gioca moltissimo sulla comunicazione, sul glamour… Luca Rossi visita sempre le mostre, anche quelle di Strozzi: la vera caduta, a mio modesto parere, si è avuta con la Marinella Senatore. Forse dopo il Covid si è sentito il bisogno di creare un’insegna luminosa per ravvivare gli spazi del Palazzo, qualcosa di molto visibile da fuori… ma se prima era la moda a imitare l’arte, ora l’arte imita la moda o forse peggio: l’arte diventa la scenografia glamour della moda, diventa la vetrina e gli artisti i vetrinisti di lusso.» 

riproduzione degli Iris di Van Gogh, prespaziato su scatola dell’opera, 150×110 cm, Luca Rossi 2023

Per lo sviluppo di una nuova dimensione artistica 

Le opere d’arte del collettivo sono degne di nota, esposte in mostre che Luca Rossi organizza restando immobile, senza neppure entrare nello spazio espositivo, per esorcizzare aspetti sclerotici tipici del nostro tempo per cui conosciamo cose senza farne esperienza diretta: sono riflessioni sulla manipolazione delle immagini che crea conseguenze reali, sull’attesa e l’immaginazione in un’epoca in cui tutto è a portata di mano, contribuzione al ruolo ibrido di spettatore-autore, riflessioni sul valore dell’opera d’arte e sulla sua unicità.

Le opere di Luca Rossi sono all’interno di queste collezioni d’arte: Antonio Dalle Nogare, Luciano e Pietro Lo Monaco, Marcello Forin, Giorgio Fasol, Marco Rosa e Mauro De Iorio.

Per ogni ulteriore e più approfondita informazione, seguite Luca Rossi: il percorso che il collettivo ha intrapreso si scontra contro un sistema rigido, che lentamente sta crepando.  

Immagini a cura collezione Luciano e Pietro Lomonaco

IG: @documentalive