L'ultimo harem: dieci anni di successi a Rifredi. Intervista con Valentina Chico

L'ultimo harem 1Dieci anni di repliche: un record. Quello de L’ultimo harem (sul palco del teatro di Rifredi fino al 30 marzo) è un successo teatrale senza precedenti, che mette d’accordo il grande pubblico e la critica più esigente: più che uno spettacolo, ormai un appuntamento fisso, imperdibile, tanto che adesso ne è anche stato tratto un libro presentato in questi giorni alla presenza del ministro per le riforme Maria Elena Boschi.
La storia è questa: nella Istanbul del 1909, alla vigilia della definitiva chiusura degli harem, una seducente ragazza attende, insieme ad un’anziana guardiana ed al capo degli eunuchi imperiali, l’incerta visita del sultano, ingannando l’attesa con il racconto di storie fantastiche; poi, con un flash temporale, la trama si sposta di quasi cent’anni: adesso, è una casalinga dimessa a confidarsi con un’amica, sognando improbabili fughe dalla prigione della quotidianità.
Una trama tanto facile da raccontare, quanto poi difficile da rappresentare: ma, grazie alla maestria del cast, composto da Valentina Chico, Serra Yilmaz e Riccardo Naldini, la rappresentazione cattura il pubblico da un decennio e gli permette di viaggiare e sognare per tutta la durata dello spettacolo. E forse oltre.
Valentina Chico, sul palco nel ruolo della giovane inquieta di ieri e di oggi, è ormai una veterana del L'ultimo harem 3palco di Rifredi: nonostante sia appena diventata mamma di una bellissima bimba, e una carriera piena di impegni tra teatro, cinema e televisione ( per chi fosse interessato, sarà poi in scena dal 9 al 19 aprile a Roma al Teatro Spazio Uno con Nella Cattedrale, spettacolo tratto dal racconto di Raymond Carver, con regia di Riccardo de Torrebruna), non ha voluto mancare anche quest’anno al suo appuntamento fisso con il pubblico del Teatro di Rifredi.
L’ultimo harem festeggia dieci anni, un risultato senza precedenti. A cosa è dovuto questo successo?
«Bella domanda. A cosa è dovuto il successo del L’ultimo harem? Proprio ieri sera ero dietro le quinte, pronta per entrare a recitare la seconda parte dello spettacolo, e mi dicevo che mi piacerebbe vivere l’harem almeno una volta da spettatrice per capire da fuori “l’effetto che fa”. Da dentro, l’harem rimane ancora un mistero per me, e credo che sia una piccola magia di ingredienti di cui persino noi non siamo consapevoli. Detto questo, ci sono degli elementi di innegabile fascino che trascinano ogni anno tanto pubblico in sala. Primo fra tutti la presenza carismatica di Serra Ylmaz, attrice intrigante e unica nel suo genere; poi l’impatto della scelta scenografica, col pubblico sul palcoscenico disposto intorno ad una pedana a un metro dagli attori, tra musiche, profumi e costumi da favola; e sicuramente poi il tema dello spettacolo, sviluppato con una composizione dal movimento circolare che ritorna proprio lì dove tutto ha inizio. Infine, il tentativo coraggioso del regista e autore Angelo Savelli di affiancare un testo come quello delle Mille e una notte con i racconti inediti di Nasli Eray, scrittrice turca contemporanea».
Le donne e il loro mondo sono le indiscusse protagoniste dello spettacolo. Al giorno d’oggi, la condizione della donna nella società ha fatto dei passi in avanti rispetto alla Istanbul del 1909, o ci sono ancora degli harem invisibili?
«“Soltanto uomini molto fragili convinti che le donne hanno le ali potevano costruire un luogo come l’harem, un carcere mascherato da palazzo, dove rinchiudere non solo le loro donne ma anche la propria fragilità”. Con questa frase si chiude la prima parte dello spettacolo, ambientato nella Turchia del 1909.  Di questi tempi, come ci suggerisce la seconda parte dello spettacolo, la fragilità è sia maschile che femminile e le donne, sicuramente più libere di allora, tendono a esercitare questa loro libertà per riprodurre proprio lo stesso copione di un tempo, costruendosi degli harem interiori dove le certezze di una vita sicura, la paura di essere abbandonate, il terrore di essere ”grandi” più degli uomini che hanno accanto, le portano a vivere una vita al di sotto delle loro capacità. In tutto ciò il ruolo delle istituzioni dovrebbe essere centrale nel garantire alle donne un posto migliore nella società».
L'ultimo harem 4Ormai a Firenze siete di casa. Come è il pubblico fiorentino?
«Strano animale il pubblico fiorentino.  Generosissimo a volte, ma anche molto sofisticato nei gusti. Gli piace sentirsi di aver fatto una scelta speciale nell’esserti venuto  a vedere».
Nell’era di Internet e della realtà virtuale, perché la gente va ancora a teatro?
«La gente andrà sempre di più a teatro. Io sono convinta di questo. Se non lo fa, è perché l’offerta non è buona o non abbastanza tutelata dalle istituzioni. Proprio in un’era in cui la realtà è sempre piu”virtuale”, l’esperienza collettiva dell’andare a teatro e fruire un evento unico in quella serata, fianco a fianco ad altri esseri umani che reagiscono, commentano e si emozionano, è una necessità sempre più sentita. Si ha bisogno di sensazioni fatte di carne e sudore. Basti pensare che ormai le pop star non vendono più con i dischi ma grazie ai concerti: eventi di condivisione collettiva, solo così avviene il miracolo della catarsi, proprio come era il teatro greco alle sue origini… ».
DANIEL C. MEYER
(Foto di Valentina Chico a cura di Pierluigi Rossi)
 
L’ULTIMO HAREM
Lberamente ispirato ai racconti de “Le mille e una notte” e di Nazli Eray e ai saggi di Ayse Saracgil e Fatema Mernissi
Testo e regia Angelo Savelli
con
Serra Yilmaz
Valentina Chico
Riccardo Naldini
scene e costumi Mirco Rocchi
luci Roberto Cafaggini
Teatro di Rifredi – dal 13 al 30 marzo 2014
www.teatrodirifredi.it