In occasione della realizzazione di una sua opera a Scandicci, abbiamo conosciuto e fatto quattro chiacchiere con Millo, uno dei più famosi street artist italiani.
Qualcuno di voi si ricorderà della Ginger Zone, quello che è stato per alcuni anni il centro giovani di Scandicci. Nell’ultimo periodo è stato pressoché dismesso e anche l’esterno della sua struttura ne ha decisamente risentito. Ma se ci capitate in questi giorni, farete fatica a riconoscerlo; quattro street artist lo hanno infatti letteralmente ricoperto con le loro opere. L’iniziativa è nata sulla scia della nuova gestione dello spazio da parte di Cospe Onlus che lo userà come propria base per progetti e attività dedicate all’integrazione e all’inserimento nel mondo del lavoro di ragazzi migranti, in affidamento o in altre condizioni delicate.
Il lavoro degli street artist è stato pensato per rispecchiare e trasmettere il nuovo spirito e la funzione della struttura. Gran parte dell’intervento è stato progettato e coordinato dalla Street Levels Gallery di Firenze che, non a caso, ha pensato a un lavoro “a più mani” di artisti, tra l’altro, con origini diverse. Le opere realizzate da Exit Enter, Ache77 e JamesBoy con tecniche pittoriche diverse si intersecano l’una con l’altra e vanno a comporre un tutto che ci parla dell’importanza della fiducia negli altri, del rispetto e della valorizzazione della diversità e della gioia dello stare insieme. I ragazzi che svolgeranno le attività nel centro hanno dipinto parti dell’edificio grazie a un laboratorio diretto da Exit Enter nel quale hanno potuto esprimere ciò che più rappresenta le loro identità. A rendere ancora più unico questo intervento, il rinvenimento fortuito di alcune tracce di un murales di Blu, attualmente forse il muralista più famoso al mondo, risalenti probabilmente al 2005 che rischiavano di essere cancellate e che invece sono state conservate e preservate per il futuro.
Parallelamente agli interventi coordinati dalla Street Levels Gallery, il Cospe ha invitato Millo a dipingere un’intera facciata dell’edificio, che si è comunque inserita in modo armonico e coerente con le altre. Durante la realizzazione del suo “pezzo”, sfruttando una pausa dovuta alla pioggia, lo abbiamo conosciuto meglio. Brindisino di nascita e pescarese d’adozione, laureato in architettura, ha coltivato da sempre la passione per il disegno, che descrive come la sua “isola felice”, e gradualmente ha iniziato a lavorare su diverse superfici e a sperimentare la tecnica dello stencil. Quando inaspettatamente gli è stato proposto di provare a dipingere su dei grandi muri non si aspettava di trovarsi a proprio agio su tali dimensioni e di esprimersi in modo così fluido e ordinato. Questa è stata la scintilla che lo ha portato ad accantonare la carriera da architetto e a dedicarsi interamente alla street art. Alcune sue opere ed esposizioni a Londra lo hanno lanciato e ha iniziato a partecipare a festival di street art e a realizzare le sue grandi facciate in tutto il mondo, fino a diventare uno dei muralisti italiani più conosciuti.
Il suo stile è caratterizzato da un tratto pulito, da un’abbondanza di dettagli e da sfondi in bianco e nero, che spesso replicano gli elementi dell’architettura della zona circostante, dai quali emergono, accompagnati da note di colore, enormi personaggi ed elementi naturali. La sua formazione da architetto ha influito molto nel suo lavoro, in primo luogo perché lo ha reso estremamente consapevole di quelli che sono i limiti e le criticità dell’architettura e dell’urbanistica contemporanee. Pochi interventi belli o quanto meno adeguati, spesso a beneficio di una stretta minoranza, mentre la stragrande maggioranza delle persone passa quasi l’interezza delle proprie vite in città fuori scala, pensate per la circolazione delle macchine e per l’afflusso di masse sproporzionate, e in palazzine anonime e asfissianti, che rendono le periferie dei grandi centri urbani identiche in tutto il mondo. In queste condizioni, le persone si sentono spaesate, piccole e insignificanti. Così nelle sue opere, i suoi “omini” sono enormi rispetto allo sfondo urbano, in un rapporto sempre fuori scala, ma ribaltato, e squarciano il grigiore per indicare nuove dimensioni del possibile.
Nel rappresentare un abbellimento all’ambiente dove sorgono, le opere di Millo denunciano al contempo le brutture delle nostre città. I suoi interventi sulle facciate cieche di imponenti palazzi ne sono un esempio lampante. Le sue pitture vanno così a cambiare la percezione dello spazio, creando profondità dove prima c’era solo una piatta superficie, e magari contribuiscono anche innescare negli abitanti della zona la coscienza che è possibile cambiare gli aspetti negativi delle nostre vite, sia a livello individuale che sociale. Anche per questo le sue creazioni sono sempre pensate su misura al luogo specifico dove compaiono, per poterci interagire al meglio e colpire ancora di più l’immaginazione e i sentimenti delle persone.
Con questo spirito ha lasciato i suoi segni anche sul muro a Scandicci. Un centro destinato alla tutela dei minori richiedeva un’opera capace di trasmettere il valore della fiducia in se stessi, della conseguente capacità di fidarsi degli altri e della forza che otteniamo quando siamo veramente insieme. In questo senso si è inserita in piena armonia con l’intervento degli altri street artist e tutti insieme hanno reso questa struttura veramente unica e ancora più adatta a compiere la sua importante missione.
Ph Jacopo Visani