Possono i campi da tennis, basket, piste ciclabili e pedonabili diventare opere pubbliche di street art? L’artista Moneyless e l’azienda Mantoflex hanno avviato un progetto per godere dell’arte nel tempo libero, rendendola alla portata di tutti.
Teo Pirisi aka Moneyless, classe 1980, è un grafico e illustratore freelance, artista visivo e street artist milanese, toscano d’adozione, che da anni svolge ricerca e indagine su diversi aspetti delle forme e degli spazi geometrici. Dopo essersi diplomato all’Accademia di Belle Arti di Carrara, Teo ha frequentato un corso di specializzazione in Design della Comunicazione all’Isia di Firenze e contemporaneamente ha avviato una prolifica carriera artistica che ha portato le sue opere a essere esposte in spazi pubblici e luoghi abbandonati, mostre collettive e personali, gallerie e spazi museali in Italia e nel mondo, rendendolo oggi tra i più importanti artisti urbani internazionali.
Moneyless sta sviluppando un progetto che unisce street art, cultura urban e mondo sportivo in collaborazione con Mantoflex, azienda attiva nel settore della costruzione di impianti sportivi
Il progetto si chiama “Abstract Sport Grounds & Urban” e prevede la realizzazione di opere di street e urban art sulle superfici di campi sportivi, ciclabili e pedonabili, aree urbane con supporti in cemento o asfalto, parchi pubblici e privati e spazi destinati al tempo libero, ispirate alle forme, ai luoghi architettonici e paesaggistici e ai colori del luogo che andranno ad accoglierle. Calpestando, durante il gioco, le opere grafiche si avrà uno sguardo nuovo dell’ambiente e dello spazio modificato dall’arte, dove passare del tempo e non svolgere solo attività fisica, unendo così il concetto di vivibilità a pieno del tempo libero con lo sport, la street art e la cultura urban.
Abbiamo incontrato Moneyless per fargli qualche domanda sul suo lavoro e su questo nuovo progetto.
La ricerca di semplicità e purezza ti contraddistingue già dalla scelta del nome, Moneyless, e si riflette nel mantra “Less is more” come guida della tua dell’estetica. Puoi spiegarci perché l’essenzialità è concetto così importante per te?
Tutto parte dall’idea di contrastare il mondo in cui viviamo, frenetico e pieno di kaos, dove lo spreco e il superfluo è all’ordine del giorno. La mia ricerca è l’antitesi di tutto ciò.
Ti sei affacciato alla scena artistica a partire dal mondo dei graffiti degli anni Novanta per poi iniziare a spogliare la lettera della sua grana alfabetica; ora la tua produzione artistica è volta a indagare le infinite possibilità di composizione geometrica. Come sei arrivato a questa scelta formale?
È stato un processo naturale e di ricerca, sono partito trasformando il lettering in qualcosa sempre di più astratto, fino ad aver avuto l’intuizione di introdurre ciò che sapevo fare meglio a scuola: il disegno geometrico. Da allora squadre e compassi non hanno più abbandonato il mio processo creativo.
Questo stile ben definito ti ha fatto diventare uno dei maestri del muralismo astrattista in Italia e all’estero, tanto da essere entrato a far parte del movimento del GRAFFUTURISM. Puoi dirci di cosa si tratta?
Graffuturism più che un movimento è una crew che riunisce artisti da tutto il mondo, accomunati dal lavorare in strada con uno stile astratto legato a quel movimento chiamato Post-graffitismo. Graffuturism, già dall’epoca in cui è stato fondato, può essere paragonato alla rottura che ci fu nel mondo dell’arte tradizionale con l’avvento del futurismo; da qui il gioco di parole.
Le tue opere si caratterizzano per una costante relazione tra forma, colore e plasticità, in grado di trasformare la percezione dello spazio che occupano. Come credi che i tuoi lavori dialoghino con i siti che li accolgono? Qual è, secondo te, il potere che ha l’arte sulla trasformazione del paesaggio e sulla rivalutazione dei luoghi?
Ogni luogo va visto nel suo contesto: a volte c’è da rompere in maniera decisa, altre bisogna essere delicati. Nel mio lavoro c’è sempre questa forma di contrasto, è proprio quello che cerco. L’arte, secondo me, ha il potere di trasformare e portare alle persone un po’ di spensieratezza e riflessione, e ha anche il potere di portare del bello dove manca; ma soprattutto il compito di trasportare in un’altra dimensione e staccare dal quotidiano e dalle bruttezze della nostra società.
Le tue produzioni, fatte di movimenti e rotazioni, invitano lo spettatore a una partecipazione del corpo con le opere stesse. In questo senso trovo molto interessante la tua collaborazione con Mantoflex per il progetto “Abstract Sport Grounds & Urban” che prevede la realizzazione di opere di street e urban art sulle superfici di campi sportivi, ciclabili e pedonabili. Come credi che possano inserirsi i tuoi lavori in questi contesti?
Si inseriranno come tutte le opere che ho realizzato in giro per il mondo: a volte in maniera aggressiva, altre in maniera delicata. Sarà il luogo stesso del mio intervento a suggerirmi come. Penso che tutte queste superfici non siano altro che estensioni orizzontali delle nostre città e come esse abbiano bisogno di un po’ di bello.
Il progetto “Abstract Sport Grounds & Urban” prevede di portare l’arte in ambienti dedicati allo sport e al tempo libero e di farla scendere in campo, se mi concedi il gioco di parole. In questo modo i giocatori e tutti i frequentatori di questi luoghi entrano in contatto visivo e tattile con le opere d’arte, in un modo nuovo e inedito. Credi che questo ribaltamento dell’ottica tradizionale di fruizione possa aiutare il pubblico ad avvicinarsi all’arte?
Io penso che una superficie da me dipinta possa essere letta in maniera diversa a seconda di chi la guarda; lavorando con l’astratto, la mia idea è proprio quella di innescare nello spettatore un’associazione a lui familiare. Questo processo attivo da parte dello spettatore e fruitore è già di per sé un modo di avvicinarsi all’arte.
Come pensi che si possano coniugare arte, sport e tempo libero?
Esattamente in questo modo, dando la possibilità di fruire l’arte in luoghi in cui ci si ritaglia un momento fuori dalla routine del lavoro, un luogo dove le persone vanno per divertirsi, un posto in cui si ha un momento per staccare e pensare a qualcosa di bello.
Credi che l’unione di questi elementi possa essere un modo per creare nuove occasioni di incontro e proposte culturali alternative, magari più inclusive e popolari?
Io e gli artisti della mia generazione che, come me, operano nello spazio pubblico abbiamo fatto un lavoro in questi anni che credo sia stato motivato proprio da questi concetti. Quindi sì, l’arte deve essere per tutti, non solo per collezionisti e appassionati.