mostra museo sant'orsola

Una rosa dal cemento: la nuova mostra al Museo Sant’Orsola

L’arte a Sant’Orsola fiorisce di nuovo: nel cuore di un edificio abbandonato da decenni, artisti italiani e internazionali trasformano rovine e silenzio in opera viva. The Rose That Grew from Concrete è l’ultima mostra prima della rinascita ufficiale del Museo Sant’Orsola.

Nel centro di Firenze, tra le strade affollate di San Lorenzo, un grande edificio dimenticato sta tornando alla vita. Dopo oltre quarant’anni di abbandono, l’ex complesso conventuale di Sant’Orsola si prepara a diventare un nuovo polo culturale per la città: il Museo Sant’Orsola. L’apertura ufficiale è prevista per il 2026, ma già oggi il museo è organismo vivo, che respira attraverso il suo cantiere e si racconta al pubblico con una serie di mostre temporanee, testimonianze dirette del suo processo di rinascita.

Il museo, infatti, ha adottato una visione pionieristica: non aspettare la fine dei lavori per aprirsi alla città e restituire questo luogo ai fiorentini, ma trasformare il cantiere in spazio di esperienza e riflessione. Le mostre realizzate durante questa fase anticipano le linee guida del museo, che nasce come crocevia tra arte storica e contemporanea. Dopo Oltre le mura di Sant’Orsola (2023) – con le opere di Alberto Ruce e Sophia Kisielewska-Dunbar incentrate sulle presenze femminili dimenticate del convento –, e Rivelazioni (2024) – una riflessione poetica sulla memoria del luogo firmata da Juliette Minchin e Marta Roberti –, il ciclo espositivo pre-apertura si conclude con The Rose that Grew From Concrete, in mostra dal fino al 4 gennaio 2026. Il titolo, tratto da un celebre poema del rapper e attivista Tupac Shakur, evoca la forza creativa che può nascere anche nei contesti più inospitali. Ed è proprio ciò che accade a Sant’Orsola, dove la bellezza riemerge tra le crepe del cemento e la natura continua a crescere, come segno di resistenza e trasformazione.

Mostra Museo Sant'Orsola The Rose that Grew From Concrete

Non a caso, dunque, il legame con il territorio è al centro del progetto. Le opere in mostra nascono spesso da collaborazioni con botteghe artigiane storiche del fiorentino, custodi di saperi antichi che si rinnovano attraverso il dialogo con l’arte contemporanea. È il caso della bottega Bianco Bianchi di Pontassieve, eccellenza nella lavorazione della scagliola, che ha reinterpretato in chiave attuale i dipinti della pittrice Mireille Blanc. Oppure della vetreria artistica Polloni, dove Clara Rivault ha realizzato una suggestiva vetrata orizzontale dedicata a Lisa Gherardini, la famosa Monna Lisa, sepolta a Sant’Orsola.

Queste sinergie incarnano l’identità storica del quartiere di San Lorenzo, da sempre culla di arti e mestieri, e anticipano la futura vocazione del museo: un luogo dove arte, artigianato e sperimentazione convivono e si potenziano a vicenda.

Alla guida del progetto, la curatrice Morgane Lucquet Laforgue, direttrice artistica e scientifica del museo, ha costruito un percorso espositivo dove ogni opera dialoga con il luogo, la sua storia e il suo futuro. Un approccio che unisce sensibilità artistica, rigore museografico e una profonda attenzione alla dimensione educativa e partecipativa.

La mostraThe Rose that Grew From Concrete riunisce quattordici artiste e artisti internazionali, chiamati a confrontarsi con la storia stratificata dell’ex convento attraverso opere site-specific, installazioni e interventi architettonici.

Mostra Museo Sant'Orsola The Rose that Grew From Concrete

Tra le voci più potenti c’è quella di Shubha Taparia, che ha applicato foglia d’oro sulle “ferite” dell’edificio: superfici screpolate, volte lesionate, pavimenti calpestabili diventano allora luoghi di guarigione simbolica. Il suo gesto delicato restituisce dignità a ciò che è stato dimenticato, trasformando la materia in luce.

Federico Gori presenta Come afferrare il vento, un vortice di foglie di rame sospeso nel tempo, e Kréne, una scultura viva in terra cruda e piante resilienti: due opere che riflettono sulle dimensioni complementari del tempo, quello congelato e quello che scorre. Marion Flament utilizza invece vetro soffiato e fuliggine per evocare, con le sue Anime sospese, i resti archeologici della chiesa esterna: un’installazione che richiama ciò che è stato perso, ma anche ciò che rimane come traccia viva.

Chris Oh, pittore miniaturista, restituisce idealmente al convento frammenti del suo patrimonio disperso, ritraendo volti e dettagli ispirati a opere rinascimentali su conchiglie e vecchie tegole. Clara Rivault rende invece omaggio alla figura di Lisa Gherardini con una vetrata luminosa, che trasforma la sua sepoltura in un’opera di metamorfosi e rinascita femminile.

Il duo Davidovici & Ctiborsky ha realizzato opere ricamate su organza trasparente, in bilico tra rovina e visione simbolica, che sospendono lo sguardo tra ciò che è visibile e ciò che è immaginato. Chiara Bettazzi ha creato sei colonne-totem fatte di materiali di recupero – reti, piatti, tende, scarti industriali – come altari della memoria quotidiana, mentre Bianca Bondi ha trasformato l’antica cucina in una cripta cristallizzata dal sale, materia ambivalente che conserva e corrode, protegge e trasforma.

Mostra Museo Sant'Orsola The Rose that Grew From Concrete

Con Vestiges des plantes absentes, Elise Peroi intreccia lino e seta in arazzi verticali che evocano le erbe medicinali, il tabacco e la flora spontanea che nei secoli hanno abitato Sant’Orsola. Mireille Blanc ha reinterpretato scene conviviali e domestiche poi tradotte in scagliola dalla bottega Bianco Bianchi, creando un banchetto kitsch e luminoso dove il gesto pittorico incontra la maestria artigiana.

Infine, Beate Höing con le sue ceramiche frammentate dà forma a memorie affettive e familiari, mentre Flora Moscovici, con i suoi lavaggi di colore applicati direttamente sulle pareti in cemento, trasforma l’antica loggia in un paesaggio cromatico che attraversa i secoli come un’alba perpetua.

GIORNI E ORARI DI APERTURA:
Tutti i giorni, tranne il martedì, ore 10.00 – 19.00
Ultimo ingresso: un’ora prima della chiusura